Il buonuomo Lenin |
Curzio Malaparte
IL LIBRO – «Spero di mostrare un Lenin del tutto diverso da come appare agli occhi dell'opinione pubblica europea» confida Malaparte all'amico Halévy nel settembre del 1931. Il suo intento era, in realtà, ancora più audace: mostrare Lenin come appare agli occhi dei «Russi intelligenti». O, se vogliamo, analizzare un fenomeno entro la sua stessa logica, come già aveva fatto nell'Intelligenza di Lenin per spiegare il bolscevismo. E il nuovo libro, uscito a Parigi nel 1932, avrà l'effetto di una scossa elettrica. Perché in questo romanzo-ritratto Lenin non è affatto il Gengis Khan proletario sbucato dal fondo dell'Asia per conquistare l'Europa, raffigurazione ideale per chi voglia ricacciarlo al di là dei confini dello «spirito borghese»: semmai, un piccolo borghese egli stesso. Di più: freddo e riflessivo, sedentario e burocratico, animato da un'immaginazione meticolosa e da una «crudeltà platonica», ostile a ogni romanticismo terrorista e incapace di agire all'infuori della teoria, a suo agio più nelle discussioni politiche e nelle faide personali che non nel confronto con la realtà, Lenin non è che un europeo medio, un buonuomo violento e timido, un «funzionario puntuale e zelante del disordine», un fanatico e un opportunista, per il quale la rivoluzione è una questione interna di partito, il risultato di ossessivi calcoli. Non a caso quando, giunto al potere, non potrà più attendere gli eventi e osservarli da lontano, e – proprio lui, dotato di un vivo «senso dell'irrealtà» – dovrà fare i conti con la realtà, si risolverà a inventarla, a crearla, imponendola «a se stesso, ai suoi collaboratori, al popolo di Russia, alla rivoluzione proletaria, all'avvenire dell'Europa». DAL TESTO – "Non è che più tardi, durante la polemica Trotzky-Staline, cioè due anni dopo la morte di Wladimir Ilitch, che la discussione sul ruolo di Trotzky nella conquista del potere ha gettato una luce cruda sul vero ruolo di Lenin nella preparazione del colpo di stato. Se il Gengis-Khan del marxismo esce quelque peu diminuito dalla polemica Trotzky-Staline, bisogna tuttavia riconoscere che il bonhomme Lénine, l'eroe piccolo borghese, il vero Wladimir Ilitch, non può trarre che un beneficio da quella messa a punto. Quel rivoluzionario in parrucca, che «dal fondo del suo gabinetto di lavoro» nella casa sicura e confortevole di Helsingfors, esprimeva in un linguaggio così violento una fiducia così ingenua nell'issue pacifica e indolore della rivoluzione, ci appare oggi ben più pericoloso, ben più terribile di tutti coloro che credevano ciecamente, come Trotzky, nella necessità della chirurgia rivoluzionaria. È sorridendo, con la sua aria gauche et timide, che Lenin ha sconvolto la Russia." L'AUTORE – Di Curzio Malaparte (Prato, 1898-Roma, 1957) sono apparsi presso Adelphi "Kaputt" (2009), "Coppi e Bartali" (2009), "La pelle" (2010), "Tecnica del colpo di Stato" (2011), "Il ballo al Kremlino" (2012), "Maledetti toscani" (2017). Benché a lungo auspicata da Malaparte, l'edizione italiana di "Le bonhomme Lénine" ha visto la luce solo dopo la sua morte, nel 1962, col fuorviante titolo "Lenin buonanima". Quella che qui presentiamo, finalmente rigorosa e attendibile sotto il profilo fìlologico, è ricavata dall'autografo malapartiano. INDICE DELL'OPERA – Prologo - Il fratello dell'impiccato – Du côté de chez Swan - Maximilien Lénine - Jacob au pied de l'échelle - La parrucca di Lenin - Encore une victime du bon sens - Nota al testo, di Mariarosa Bricchi |