L'aurora del diritto internazionale Stampa E-mail

Filippo Ruschi

L'aurora del diritto internazionale
Guerra, umanesimo giuridico e ius gentium


Satura Editrice, pagg.XXII-394, € 40,00

 

ruschi aurora  "L'aurora del diritto internazionale" di Filippo Ruschi presenta una riflessione profonda e articolata sulle origini e lo sviluppo del diritto internazionale, indagando le sue radici storiche e teoriche. Con una struttura complessa e ricca di riferimenti eruditi, il volume esplora come il diritto delle genti si sia plasmato tra i conflitti, le teorie politiche e le trasformazioni epistemologiche dell'epoca moderna. La tesi centrale del libro è che il diritto internazionale, come lo conosciamo oggi, trova la sua aurora in un periodo storico contraddistinto da guerre, conquiste e tensioni morali e politiche, che pongono interrogativi fondamentali sul rapporto tra violenza, potere e giustizia.

  L'introduzione del libro stabilisce fin da subito un dialogo critico con il pensiero di Carl Schmitt, una figura centrale nella teoria politica e giuridica del XX secolo. Il pensiero di Schmitt viene utilizzato da Ruschi come punto di partenza per indagare le radici di un diritto internazionale che non può prescindere dalla sua dimensione conflittuale. Ruschi esplora la critica schmittiana alla visione pacificata del diritto delle genti, un elemento che per Schmitt è intrinsecamente legato alla forza e alla politica internazionale. Questo approccio è fondamentale per comprendere il contrasto tra una visione umanistica del diritto e una concezione realista e bellica che permea le teorie del diritto internazionale nei secoli passati.

  Il primo capitolo del libro affronta la nascita e le prime fasi del diritto internazionale a partire dalla Conquista delle Americhe, un evento che segna simbolicamente la "rivoluzione spaziale" nella storia dell'umanità. Ruschi analizza come la scoperta e l'occupazione delle Americhe abbiano posto nuove sfide giuridiche e morali, sollevando la questione del trattamento degli indigeni e il loro riconoscimento giuridico. La riflessione si concentra sull'ambigua posizione degli "indios", e sulla tensione tra il diritto di conquista e il principio di umanità. Il caso di Francisco de Vitoria, che affronta la questione della legittimità della guerra contro gli indigeni e il loro status giuridico, è centrale in questo capitolo, diventando uno degli snodi più importanti dell'intera trattazione.

  In particolare, il volume esplora come Vitoria, pur legittimando la guerra in nome della fede cristiana, propone una visione giuridica che include anche un riconoscimento di diritti per gli indigeni. Il contrasto tra le posizioni di Juan Ginés de Sepúlveda e Bartolomé de Las Casas, esemplificato dalla Giunta di Valladolid, viene presentato come una delle prime grandi dispute sulla giustizia internazionale, anticipando il dibattito moderno sul diritto umanitario e i diritti umani.

  Nel secondo capitolo, Ruschi approfondisce la figura di due giuristi emblematici del tardo Rinascimento e dell'età moderna: Pierino Belli e Balthasar de Ayala. Il "secolo di ferro" rappresenta un periodo turbolento, segnato da guerre incessanti e dalla costruzione statuale in Europa. Pierino Belli, con la sua teoria del ius belli come prassi, e Balthasar de Ayala, con il suo impegno a definire le regole della guerra in un contesto che vede l'affermazione delle potenze statali, sono al centro dell'analisi di Ruschi. Entrambi i giuristi riflettono sulle dinamiche di potere e violenza che costituiscono la guerra come fenomeno legale e politico, cercando di instaurare un ordine giuridico internazionale che limiti i conflitti.

  Particolare attenzione è dedicata al concetto di bellum publicum (guerra pubblica), al quale Belli e Ayala danno forma, cercando di porre dei limiti legali alla violenza. Questo capitolo evidenzia come il diritto internazionale, lontano dall'essere un prodotto di un'aspirazione pacifica, è stato forgiato nella tempesta dei conflitti armati e nel tentativo di normare la violenza, un tema che viene ripreso in tutta la trattazione.

  Il terzo capitolo è dedicato a Francisco Suárez, una delle figure più significative della scolastica e del diritto internazionale moderno. Suárez, attraverso il suo "Tractatus de legibus", offre una sintesi fra diritto naturale, ius gentium e diritto positivo, con una visione che pone l'accento sulla razionalità del diritto e sul suo legame con la morale. Ruschi esplora la concezione di società internazionale che Suárez propone, caratterizzata da un equilibrio precario tra potere temporale e principi morali universali. Questo capitolo è particolarmente interessante poiché evidenzia la tensione tra il concetto di giustizia universale e le dinamiche di potere che modellano le relazioni internazionali, un tema che rimarrà centrale anche nei secoli successivi.

  Il quarto e ultimo capitolo si concentra su Alberico Gentili, una delle figure più rilevanti nella costruzione del diritto internazionale come disciplina autonoma. Gentili, in contrapposizione alla visione teologica di autori come Suárez, propone una concezione più pragmatica e politica del diritto delle genti, che si fonda sull'esperienza storica della guerra e sulla sovranità degli Stati. Il suo approccio alla guerra, tanto difensiva quanto offensiva, è profondamente radicato nella realtà della politica di potenza, con una particolare attenzione alla colonizzazione delle Americhe e alla repressione della pirateria.

  Ruschi analizza in dettaglio la proposta di Gentili riguardo alla guerra giusta, il trattamento dei prigionieri di guerra, le regole del conflitto e la legittimità delle alleanze. Gentili, più di altri, pone il diritto internazionale in stretta connessione con la politica statale e con l'esigenza di mantenere l'ordine internazionale, pur in un contesto segnato dalla violenza.

  Nel complesso, la ricerca di si presenta come un'opera di grande valore scientifico per approfondire le origini e lo sviluppo del diritto internazionale in una prospettiva storica e teorica. L'autore non si limita a una mera ricostruzione storica, ma propone una lettura critica delle figure e degli eventi che hanno contribuito alla nascita del diritto internazionale, mostrando come la guerra, la violenza e le dinamiche di potere siano state e continuino a essere elementi fondanti di questo campo giuridico.

  Il libro di Ruschi è, dunque, un contributo fondamentale allo studio del diritto internazionale, della storia delle idee politiche e della filosofia del diritto, poiché offre una visione d'insieme che non solo ripercorre le tappe fondamentali della storia del diritto internazionale, ma riflette anche sulle sue implicazioni morali e politiche. La sua analisi, densa e stimolante, invita a una riflessione continua sulla funzione del diritto in un mondo in cui la guerra e la politica internazionale continuano a intrecciarsi in modi complessi e spesso controversi.