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Curzio Malaparte

Kaputt

Adelphi, pagg.476, Euro 22,00

 

malaparte_kaputt.jpg  IL LIBRO - A Stoccolma, in una chiara giornata di settembre, Malaparte incontra il principe Eugenio, fratello del re di Svezia. E nella villa di Waldemarsudden, in quella «dolcezza del viver sereno, che un tempo era stata la grazia dell'Europa», non può trattenersi dal raccontare ciò che ha visto nella foresta di Oranienbaum: prigionieri russi conficcati nella neve fino al ventre, uccisi con un colpo alla tempia e lasciati congelare, il braccio destro disteso, affinché, «polizia silenziosa», indicassero la strada. È solo la prima di una fosca suite di storie che, come un novellatore itinerante, Malaparte racconterà ad altri spettri di un'Europa morente: ad Hans Frank, Generalgouverneur di Polonia, a diplomatici come Westmann e de Foxá, a Louise, nipote del kaiser Guglielmo II. Storie che sin dagli anni Quaranta hanno inorridito e ammaliato i lettori di tutto il mondo. Storie in cui s'incarna la scomparsa di ciò che «di nobile, di gentile, di puro» l'Europa possedeva. Storie – o forse visioni, insidiose ed ossedenti – che si annidano nella memoria per non lasciarla mai più: il Ladoga, simile a «un'immensa lastra di marmo bianco», dove sono posate centinaia e centinaia di teste di cavallo, recise da una mannaia (i cavalli dell'artiglieria sovietica sorpresi dal vento che scende dal mare di Murmansk e imprigionati nel ghiaccio); il console d'Italia a Jassy, sepolto dal freddo peso dei centosettantanove cadaveri di ebrei che sembrano precipitarsi fuori, «come statue di cemento», dal treno che li deportava a Podul Iloaiei, in Romania; le mute rabbiose e affamate di cani muniti di cariche esplosive che, in Ucraina, i russi addestrano ad andare a cercare il cibo sotto il ventre dei panzer tedeschi. Storie, anche, malinconiche e gentili: quella dei bambini napoletani convinti dai genitori che gli aviatori inglesi sorvolano la città per gettar loro bambole, cavallucci di legno e dolci; o, ancora, quella delle ragazze ebree destinate al bordello militare di Soroca – e che fa dire a Louise «J'ai pitié d'être femme». Storie che ci trascinano in un viaggio lungo e crudele, al termine del quale vedremo l'Europa ridotta a un mucchio di rottami: «E sia ben chiaro» proclama Malaparte «che io preferisco questa Europa kaputt all'Europa d'ieri, e a quella di venti, di trent'anni or sono. Preferisco che tutto sia da rifare, al dover accettare tutto come un'eredità immutabile».

 

  DAL TESTO - "(...) Erano le mani di una giovane recluta del Piatilekta, di un udarnik del terzo Piano quinquiennale, di un giovane tartaro divenuto meccanico, pilota di un carro armato: ingentilite dall'antico, millenario contatto col serico mantello equino, con le criniere, i tendini, i garretti, i muscoli dei cavalli, con le redini, col morbido cuoio della sella e dei finimenti, e in pochi anni passate dal cavallo alla macchina, dal cuoio all'acciaio, dai tendini di carne ai tendini di metallo, dalle redini alle leve di comando. Eran bastati pochi anni a trasformare i giovani tartari del Don, del Volga, delle steppe dei Kirghisi, delle rive del Caspio e dell'Aral, da pastori di cavalli in operai qualificati dell'industria metallurgica dell'URSS, da cavalieri in stakanowzi delle squadre d'assalto del lavoro, da nomadi della steppa in udarniki e in spez del Piatilekta. (...) "Aveva le mani simili alle vostre" dissi. Il Principe Eugenio si guardò le mani, pareva leggermente impacciato. Eran le belle mani bianche dei Bernadotte, dalle dita pallide e sottili. E io gli dissi: "Le mani di un meccanico, di un pilota di carro armato, di un udarnik del terzo Piatilekta, non sono meno belle delle vostre. Son le stesse mani di Mozart, di Stradivarius, di Picasso, di Sauerbruch." Il Principe Eugenio sorrise, e arrossendo leggermente disse: "Je suis d'autant plus fier de mes mains"."

 

  L'AUTORE - Personaggio complesso come solo l’intelligenza può essere e precursore della figura dell’“intellettuale d’intervento”, Curzio Malaparte nacque a Prato nel 1898, da padre tedesco e madre italiana. Uomo di gran gusto e di grandi passioni, soldato e scrittore di fama, scontò a lungo la reputazione di sfrenato avventuriero, coinvolto in un turbine di amori, duelli e scandali. Fascista, fu confinato da Balbo e liberato da Ciano. Comunista, fu protetto da Togliatti, nonostante lo sferzante giudizio di Gramsci. Inviato del «Corriere della Sera», collaboratore del «900» di Bontempelli e del «Selvaggio» di Maccari, condirettore della «Fiera letteraria», direttore de «La Stampa», autore di studi storico-politici ("La rivolta dei santi maledetti", 1921, "Tecnica del colpo di Stato", 1931), ha dato il meglio in libri di forte impianto narrativo, come "Kaputt" (1944), "La pelle" (1949), "Maledetti toscani" (1956). Negli anni ’50, a tutela dei vinti, si oppose alla classe politica dominante e a chi si era arricchito durante e dopo il conflitto. Morì a Roma nel 1957.

 

  INDICE DELL'OPERA - Storia di un manoscritto - Parte prima. I cavalli - I. La côté de Guermantes - II. Patriacavallo - III. I cavalli di ghiaccio - Parte seconda. I topi - IV. "God shave the King!" - V. Le città proibite - VI. I topi di Jassy - VII. Cricket in Polonia - Parte terza. I cani - VIII. La notte d'inverno - IX. I cani rossi - X. La notte d'estate - XI. Il fucile impazzito - Parte quarta. Gli uccelli - XII. L'occhio di vetro - XIII. Un paniere di ostriche - XIV. Of their sweet deaths - XV. Le ragazze di Soroca - Parte quinta. Le renne - XVI. Uomini nudi - XVII. Sigfrido e il salmone - Parte sesta. Le mosche - XVIII. Golf handicaps - XIX. Il sangue - Nota al testo