Il ballo al Kremlino |
Curzio Malaparte Il ballo al Kremlino Adelphi Edizioni, pagg.417, € 22,00
IL LIBRO – La fama di Malaparte è legata soprattutto a Kaputt (1944) e a La pelle (1949): ma pochi conoscevano finora questo libro segreto, che potrebbe costituire il terzo pannello del grande affresco sulla decadenza dell'Europa. Germinato nel 1946 dal cantiere della Pelle, divenuto romanzo autonomo, ceduto nel 1948 a Gallimard e poi abbandonato (verosimilmente nel 1950), Il ballo al Kremlino è un insolente ritratto della «nobiltà marxista» alla fine degli anni Venti, allorché comincia ad aleggiare l'odore di ferro e di carbone della prima Pjatiletka e l'arresto di Kamenev proietta la cupa ombra delle epurazioni: Stalin, che ogni sera dal suo palco all'Opera scruta l'indicibile grazia della Semënova e sembra contenderla all'enigmatico Karachan, «il più bell'uomo d'Europa»; e le beauties dell'alta società sovietica – come la frivola Madame Lunačarskij –, con i loro amori, i loro intrighi, i loro scandali, i loro volti «avidi e inquieti»; e il biondo e roseo Florinskij, Capo del Protocollo del Commissariato del Popolo per gli Affari Esteri, che, imbellettato e incipriato, i piccoli occhi gialli cerchiati di nero e le ciglia indurite dal rimmel, percorre Mosca a bordo del suo tarlato landau; e Madame Kamenev, la sorella di Trockij, che con la sua paura e la sua rassegnazione già diffonde intorno a sé un odore di carne morta. Tutti i protagonisti di questa «cronaca di corte», tutti i membri di questa corrotta oligarchia ci appaiono accomunati da una terribile fatalità, dal presagio di un tragico tramonto, non meno inesorabile di uno scioglimento romanzesco. E non come individui, bensì come corpo sociale, gens du monde, e con distacco li ritrae Malaparte in questa «pittura dal vero» mai tentata prima – giacché in Russia «un Proust ... è inammissibile, inimmaginabile. La nobiltà marxista non tollera che si parli di lei, e delle sue cose, dei suoi fati. Essa esige il silenzio intorno a sé». DAL TESTO – «La Semionowa, prima ballerina al Gran Teatro dell'Opera di Mosca, era una donna piuttosto piccola di statura, dai chiari occhi e freddi, dai capelli biondi e lucenti, pettinati all'indietro in modo stretto. Aveva ossa brevi e sottili, fragilissime, rivestite di una carne tenera e bianca. Le spalle nude e carnose, nella luce bianca delle lampade, apparivano di neve. Vestiva un abito... che rivelava l'ampia curva della schiena, e fasciava strettamente le anche, piuttosto carnose. Era un vestito, mi parve, di Lelong, di raso bianco cui ravvivava l'orlo inferiore un bordo turchino, sì che sembrava la toga bizantina. Aveva al collo un collier di perle rosee, e sui capelli un diadema alla maniera del kokocnik delle antiche boiarine, che dava al suo viso grassoccio, pallido, dai grandi occhi chiari e gelidi l'espressione che hanno certe teste di donna nelle antiche icone del Cimitero Ragojski, o dei Vecchi Credenti. Camminava appoggiata al braccio di Sir Edmond Ovey, reggendo con la mano sinistra il lembo della gonna, che copriva appena i due piccoli piedi famosi, per cui tutta Mosca delirava, stretti in due scarpette di raso bianco, opera egregia di *** a Parigi, del calzolaio della Pawlowa.» L’AUTORE – Personaggio complesso come solo l’intelligenza può essere e precursore della figura dell’“intellettuale d’intervento”, Curzio Malaparte nacque a Prato nel 1898, da padre tedesco e madre italiana. Uomo di gran gusto e di grandi passioni, soldato e scrittore di fama, scontò a lungo la reputazione di sfrenato avventuriero, coinvolto in un turbine di amori, duelli e scandali. Fascista, fu confinato da Balbo e liberato da Ciano. Comunista, fu protetto da Togliatti, nonostante lo sferzante giudizio di Gramsci. Inviato del «Corriere della Sera», collaboratore del «900» di Bontempelli e del «Selvaggio» di Maccari, condirettore della «Fiera letteraria», direttore de «La Stampa», autore di studi storico-politici (La rivolta dei santi maledetti, 1921, Tecnica del colpo di Stato, 1931), ha dato il meglio in libri di forte impianto narrativo, come Kaputt (1944), La pelle (1949), Maledetti toscani (1956). Negli anni ’50, a tutela dei vinti, si oppose alla classe politica dominante e a chi si era arricchito durante e dopo il conflitto. Morì a Roma nel 1957. INDICE DELL’OPERA – La società di Mosca, uno specchio scimmiottante della società europea, ma dominata dalla paura - I. Il principe nero - II.
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