Luciano Canfora
La Germania di Tacito da Engels al nazismo
Officina Libraria, pagg.88, € 10,00
Il "De origine et situ Germanorum" di Tacito, scritto alla fine del I secolo d.C., rappresenta una delle opere più significative della letteratura antica sulla Germania, ovvero sulla regione che sarebbe divenuta, secoli dopo, uno dei fulcri della cultura e della politica europea. Questo breve trattato, che descrive i popoli germanici e le loro abitudini, le loro virtù e le loro debolezze, è stato interpretato in modi diversi nel corso della storia, a seconda degli orientamenti ideologici, politici e culturali delle epoche che l'hanno letto. Ciò che affiora dalla lettura delle sue pagine non è solo una descrizione etnografica, ma una riflessione sui valori civili e politici, sulla libertà e sull'oppressione, sulla corruzione della civiltà romana e sulla purezza dei popoli barbarici.
In Germania, come in molte altre regioni d'Europa, il testo di Tacito ha assunto, nel corso dei secoli, una forza simbolica e una rilevanza ideologica tali da influenzare profondamente la formazione del concetto di "nazione" e di "identità" tedesca. A partire dalla fine del XIX secolo e fino al culmine della Seconda guerra mondiale, la "Germania" di Tacito è stata rielaborata e utilizzata da pensatori, politici e ideologi in modi che ne hanno enfatizzato la dimensione di una purezza ariana e di una reazione contro Roma, simbolo della decadenza. Si è trattato di una vera e propria appropriazione ideologica, che ha attraversato momenti di grande contraddizione e ambiguità, dalla visione di Engels, che esprime una lettura socialista, alla mitizzazione nazionalsocialista della purezza germanica.
È proprio su queste dinamiche complesse che Luciano Canfora costruisce il suo libro intitolato "La Germania di Tacito da Engels al nazismo". L'Autore non si limita a una semplice analisi del testo di Tacito, ma esplora con grande acume le modalità attraverso cui il pensiero tedesco ha recepito e reinterpretato il trattato tacitiano, soffermandosi sui periodi storici cruciali che ne hanno determinato la fortuna. In particolare, Canfora analizza come il concetto di "Germania" tacitiana abbia avuto un impatto significativo sulla formazione della coscienza nazionale tedesca tra il 1871 e la fine degli anni Trenta del Novecento.
Il libro di Canfora offre una lettura ricca e articolata di come la "Germania" di Tacito sia stato recepito in Germania dal XIX secolo fino all'ascesa del Nazionalsocialismo. In questo lavoro, l'Autore si sofferma in particolare su come diverse correnti di pensiero abbiano fatto uso del testo tacitiano per costruire immagini contrastanti della Germania e della sua identità, riflettendo su come queste interpretazioni siano state funzionali a diverse ideologie politiche e sociali.
Un aspetto interessante del lavoro di Canfora è l'analisi della ricezione della "Germania" di Tacito da parte di pensatori come Friedrich Engels. Canfora spiega come Engels, pur utilizzando il testo per delineare una visione di una Germania opposta alla decadenza della Roma imperiale, interpretasse il testo di Tacito come un simbolo di liberazione dalle oppressioni imperialistiche. Per Engels, infatti, la figura dei Germani si presentava come un esempio di "popolo senza Stato" capace di opporsi alla tirannia, un archetipo positivo di una società primitiva e comunista in contrasto con la corruzione di Roma. In questa visione, il testo tacitiano diventa un simbolo della lotta di classe, un richiamo alla "libertà naturale" che può e deve essere recuperata contro la potenza imperialista. Tuttavia, come Canfora fa notare, la stessa opera è stata in seguito interpretata da movimenti antisemiti e nazionalisti in modo completamente diverso, trasformando la Germania di Tacito in un simbolo di purezza razziale, di un popolo virile e guerriero pronto a respingere l'influenza "decadente" di Roma e di altre potenze imperialiste.
Canfora passa in rassegna le interpretazioni nazionalsocialiste del testo, rivelando come, nel periodo tra le due guerre mondiali, l'immagine della Germania tacitiana venisse adattata e mitizzata per rinforzare l'ideologia nazionalista e razzista. La lettura che ne fece l'élite nazionalsocialista, tra cui personaggi come Heinrich Himmler, che cercò ossessivamente il manoscritto perduto di Tacito, si distaccava nettamente da quella di Engels, enfatizzando l'aspetto della "purezza" razziale e la necessità di un ritorno alla "Germania primitiva". Canfora esplora l'ambiguità di tale appropriamento, sottolineando come la lettura della "Germania" tacitiana da parte dei nazionalsocialisti fosse intrinsecamente legata alla costruzione di un mito etnico e razziale, che vedeva nei Germani una razza superiore, non contaminata dalla decadenza della Roma antica. Questo contrasto tra l'interpretazione di Engels e quella dei nazionalsocialisti, pur se politicamente antitetiche, si fondava sulla medesima operazione di appropriazione di Tacito, e si proponeva di rispondere a una questione comune: la resistenza alla "decadenza" di Roma, che veniva declinata ora come critica all'impero coloniale, ora come opposizione alla "decadenza" della modernità.
Nelle pagine del volume, si esamina infine il ruolo del testo di Tacito nella cultura tedesca del periodo di Weimar e durante l'ascesa del Nazionalsocialismo. Canfora mette in luce come il mito dei Germani, reinterpretato e riproposto attraverso l'opera di Tacito, abbia avuto un ruolo fondamentale nella costruzione di una coscienza nazionale che andava oltre la semplice rivendicazione di uno Stato-nazione, ma che si fondava su un'idea di "essenza" culturale e razziale. Le mitologie della purezza tedesca, infatti, avevano trovato un potente alleato nell'interpretazione di Tacito, che veniva così impiegato come strumento per legittimare e giustificare le politiche razziali e imperialiste del Terzo Reich.
Il libro di Canfora, dunque, rappresenta un contributo utile alla comprensione della ricezione storica e ideologica di uno dei testi più enigmatici della letteratura latina, la "Germania" di Tacito. Canfora non solo ricostruisce la fortuna dell'opera nel contesto storico della Germania tra la fine dell'Ottocento e l'avvento del Nazionalsocialismo, ma ci offre anche uno spunto di riflessione sul ruolo che un testo può avere nel plasmare l'immaginario collettivo di una nazione. L'Autore esamina, con rigore e lucidità, come un'opera letteraria possa venire rielaborata e usata in chiave ideologica, contribuendo alla creazione di identità collettive, a volte in forme che possono risultare pericolosamente distorte. |