Giulio Sapelli
Ucraina anno zero Una guerra tra mondi
Guerini e Associati, pagg.142, € 15,50
Il lettore di questo libro, che Giulio Sapelli ha dedicato alla crisi ucraina, non potrà che concordare con Lucio Caracciolo, il quale nella Prefazione scrive: "Ogni sua pagina è proposta di un altro libro perché si fonda sull'incrocio profondo di letture profonde e vaste. Di questo personalissimo stile dobbiamo essergli specialmente grati".
L'Autore spiega che "Putin vuole la neutralizzazione dell'Ucraina e la non contendibilità del Mar Nero. Ha quindi bisogno di controllare il Donbass, Odessa e la Crimea. Ne ha bisogno perché la Russia si pensa come potenza eurasiatica, dal Pacifico fino a quel lago dell'Atlantico che è il Mediterraneo". Pertanto, la decisione di invadere l'Ucraina non costituisce "una mossa avventata", ma risulta "coerente con una strategia che tuttavia viene ora applicata in modo «avventuristico»".
Il disegno che ha mosso la Russia all'aggressione va ravvisato – si legge ancora nel testo - nella "necessità profonda di costruire un ordine internazionale alternativo a quello delineatosi non dopo la Seconda guerra mondiale, ma addirittura – questa è la mia opinione – dopo la Prima guerra mondiale": un ordinamento internazionale fondato sul dominio anziché sull'egemonia.
La Russia "è divenuta una nazione sottosviluppata che vive dell'esportazione di materie prime", attraversa "una crisi epocale e si avvia verso un inesorabile declino, di cui la crisi demografica profondissima è il punto archetipale più visibile", "che contribuisce ad aggravarne il senso di accerchiamento e di isolamento, acuito dalla missione di governare e sorvegliare un immenso territorio senza una popolazione sufficiente".
Sapelli giudica le sanzioni economiche contro Mosca "una mossa sbagliata, per il semplice fatto che, come la storia insegna, producono l'effetto opposto di quello che si prefiggono, ossia rafforzano i regimi invece di indebolirli". Anche l'invio di armi è una "follia".
La Nato e l'Ue "hanno sbagliato, includendo troppo rapidamente tra i loro membri le nazioni che confinano con la Russia. Si è trattato di un errore epocale, che ha drammaticamente accentuato il senso di accerchiamento di Mosca". Aggredendo l'Ucraina, la Russia, a sua volta, ha risposto in maniera sbagliata "a un sistema di relazioni di potenza statunitensi ed europee multilaterali solo a parole, ma di fatto proteso verso un nuovo unilateralismo nordamericano che l'Ue segue, senza idee e senza unità, in uno stato di crisi catastrofico".
Di fronte alla "nuova era di confronto militare" (segnata "dal venir meno del realismo nella teoria e nella pratica delle relazioni internazionali") che si va prospettando, "il debito non potrà più essere il punto archetipale della politica economica europea e la necessità di dar vita finalmente a una vera banca centrale e non a una caricatura di essa, come è la Bce, sarà inderogabile. A meno che non si voglia la decadenza, e la lotta senza quartiere di una guerra economica tra gli Stati dell'Ue", osserva Sapelli.
Anziché "il confronto e la lotta egemonica contro la Russia", Washington dovrebbe privilegiare la cooperazione con Mosca, "che sarebbe preziosa proprio oggi che il conflitto con la Cina è alle porte in tutte le sue dimensioni, anche militari e speriamo solo convenzionali".
Per la storia europea – aggiunge l'Autore – il ruolo della Russia si è sempre rivelato decisivo: "Ed è nei confronti della Russia che l'Europa deve esprimere la volontà di relazionarsi in forme autonome rispetto agli Usa. Il modo in cui può farlo è stabilire rapporti con Mosca in modalità differenti da quelle statunitensi, cioè non conflittuali, e che consentano di aiutarla a superare quell'ostinata ostilità verso un Paese senza il quale l'Europa – non l'Ue – non può esistere come potenza mondiale".
Le relazioni internazionali – spiega Sapelli – sono «a frattali», "ossia sempre frananti e che consentono via via l'emergere solo falsamente improvviso di nazioni «di mezzo»".
Mentre gli Usa farebbero bene a recuperare i "principi del realismo geopolitico, à la Kissinger", l'Europa dovrebbe "far sentire la sua voce tacitando, per quel che si può, gli Stati già sottoposti alla dominazione imperialistica sovietica. Questi non apportano vantaggi competitivi di sorta al disegno europeo, ma solo gravami e problemi terribili". |