Lodovico Festa – Giulio Sapelli
Draghi o il caos La grande disgregazione: l'Italia ha una via d'uscita?
Guerini e Associati, pagg.186, € 16,50
Lodovico Festa e Giulio Sapelli ricostruiscono in questo agile saggio lo stato di disgregazione dell'Italia "nella sua consistenza, nei suoi condizionamenti internazionali e nelle sue radici storiche".
Gli Autori ravvisano la "prima e più devastante manifestazione" della grande disgregazione in corso nella "condizione in cui si trova il Parlamento". La "profonda rottura tra governo dello Stato e ruolo delle assemblee elettive" ha avuto inizio "in particolare dopo il 2011", ma è stata accentuata dall'emergenza pandemica.
La disgregazione, tuttavia, non coinvolge soltanto la politica e le istituzioni. A esserne colpiti sono pure i "corpi intermedi": sindacati, Confindustria, magistratura (ampi settori della quale hanno spesso esercitato la "funzione di «surroga» delle istituzioni elettive"), così come le classe lavoratrici e quelle medie.
Nel tentativo di individuare le radici della disgregazione odierna, gli Autori segnalano "il decisivo peso delle influenze straniere nella formazione dell'Italia unita". La stessa Costituzione del 1947 – "sia quella scritta, sia quella materiale" – è stata condizionata "in modo determinante" dalla "tradizionale apertura" a tali influenze straniere, "unita al ruolo di terra di frontiera tra i due schieramenti contrapposti su scala planetaria".
All'inizio degli anni Novanta, la Germania "sostenne la formazione della Lega Nord per diminuire il peso politico di Roma", mentre oggi "è la nazione che più teme il soggetto politico risvegliato dalla loro stessa iniziativa". Nello stesso periodo, "si attuava il programma di alcune forze economiche che in parte hanno ispirato questa disgregazione avendo come meta privatizzazioni-svendita senza razionali liberalizzazioni, più o meno analoghe a quelle che avvenivano negli stessi anni nella Russia di Boris Eltsin e nell'Argentina di Carlos Menem".
La Francia, dal canto suo, compie "le mosse più organiche verso l'Italia selezionando personalità politiche da Enrico Letta a Marco Minniti non prive di una robusta formazione culturale, anche se non forse di adeguate capacità di leadership".
L'anglosfera (Stati Uniti e Gran Bretagna) ha rivolto attenzione al movimento pentastellato "con lo scopo di disturbare il dominio che l'asse franco-tedesco esercitava su Roma", finendo poi per rendersi conto che i principali esponenti di tale formazione politica sono influenzati dalla Cina.
Quest'ultima – priva della "potenza economica" e dell'"intelligenza strategica" necessarie per occupare il vuoto lasciato da Washington nell'Heartland – è "insidiata dal Giappone, dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dalle medie potenze asiatiche come il Vietnam e soprattutto dal gigante che sta risvegliandosi dopo un lungo sonno: l'India, che aspira a un ruolo mondiale che sino a oggi non ha mai avuto e che non sarà il Pakistan – tanto importante per le vicende afghane e cinesi – a poter arrestare".
In questa originale disamina, c'è spazio per una rapida notazione sul conto del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, definito "certo esponente di un regime assai poco liberale ma non privo di un approccio realistico".
Festa e Sapelli, dopo aver ricordato il ruolo svolto da Mario Draghi nei "grandi errori strategici per l'Italia con le disastrose privatizzazioni senza liberalizzazioni, ma solo spartitorie" ("Errori figli di una scelta teorica e non solo tecnica"), ritengono che l'ex Governatore della Bce possa oggi "costituire un'inedita possibilità di affrontare la nostra anomalia italiana". |