Il bandito Cavallero Stampa E-mail

Giorgio Bocca

Il bandito Cavallero
Storia di un criminale che voleva fare la rivoluzione


Giangiacomo Feltrinelli Editore, pagg.121, € 12,00

 

bocca cavallero  IL LIBRO – Piero Cavallero è stato il protagonista di una vicenda che fu celeberrima negli anni sessanta. Figlio di uno dei quartieri più proletari della Torino operaia, giovane carismatico e politicizzato, comunista e ancor più a sinistra dei comunisti, Cavallero divenne il rapinatore di banche più famoso d'Italia. Fu catturato nel corso della sua ultima rapina, in una caccia all'uomo spietata e tragica, durante la quale per le vie di Milano ci furono diversi conflitti a fuoco, il ferimento di decine di persone e la morte di tre passanti. Ma dietro questo scenario, che a posteriori sembra quello di un western o di un poliziesco americano, c'è un pezzo di storia d'Italia. Dietro a Cavallero c'è una generazione che aveva visto esaurirsi la carica della lotta partigiana nel perbenismo dell'Italia democristiana. E dietro alla violenza metropolitana della banda di rapinatori si scorge il profilo della lotta armata che verrà. Nel 1968, il giornalista Giorgio Bocca, anche lui arrivato dal Piemonte a Milano per lavorare al "Giorno", comincia la sua inchiesta su Cavallero "come non t'aspetti. Con Anita, la moglie del bandito. È riuscito a farsi aprire la porta. A differenza degli altri giornalisti, che non hanno bussato, e non ci hanno parlato", come puntualizza Piero Colaprico nella prefazione che accompagna questa nuova edizione.

  DAL TESTO – "Al primo assalto ci vanno il Piero e l'Adriano. Il Crepaldi ha fornito le armi, il Sante si è tirato indietro, sono rimasti in due, non è un gran che per il "commando" di Piero Cavallero. All'auto ci pensa l'Adriano, sceglie una 1100 in una strada vicino alla Fiat: "La 1100 la sento meglio, capisci?". La banca è l'agenzia 19 dell'Istituto San Paolo, via Onorato Vigliani 192. Mancano 15 minuti alle 16, ora di chiusura, quando la 1100 passa davanti alla Mirafiori: i parcheggi sterminati, i pioppi ancora spogli, le scritte rosse gigantesche della fabbrica, a coppia, come i carabinieri.
  "L'agenzia 19 è un invito alla rapina, per ragioni "estetiche" il banco è alto poco più di un metro, "figurarsi l'Adriano, lui saltava a piedi giunti sul cofano delle 1300, quelle degli altri, si capisce, quando la compagnia tornava a casa la sera della domenica". E i vetri dell'ingresso sono smerigliati, chi ci sta dietro non è visibile dalla strada. L'esordio è suicida, dilettantesco. I due piantano l'automobile in mezzo alla strada con il motore acceso e l'acceleratore a mano tirato che fa un rombo da aereo in pista. Portiere aperte, fili di accensione annodati, come a dire: "Guardate, questa è una macchina rubata.
  "Difatti, si fermano in cinque o sei a curiosare, e qualcuno si avvicina ai vetri della filiale e vede della gente ammucchiata da una parte, ma nessuno che corra ad avvertire la polizia. Dentro, Adriano ha saltato il bancone, corre verso la cassa mentre il Cavallero con il mitra, sciarpa sul naso, sta all'ingresso. ''Vite, vite," incita il Cavallero, "cassefort, cassefort". Il cassiere Marcellino, steso bocconi sul pavimento, si sente sfiorare dalle scarpe dell'Adriano. Tu ci credi al destino, Cavallero? Un Marcellino qui, cassiere, al principio di tutto, un Marcellino, suo fratello, capitano dei carabinieri nella caserma di Alessandria, alla fine di tutto. "Vite, vite, cassefort." Nello stallo della cassa Rovoletto si muove come un cinghiale in gabbia: butta giù schedari, sedie. "Ansimava," ricorda il cassiere, "bestemmiava, poi trovò la cassetta sotto il banco e dentro c'era un milione." Mentre il Rovoletto riempie la sacca, quattro milioni fra denaro e titoli, entra una ragazzina di quindici anni che gli imbambolati vicino alla porta non sono stati capaci a fermare: un colpo con la canna del mitra, cinquantamila lire in banconote da cinquemila che cadono sul pavimento; il Cavallero si china, ne raccatta un po', gliele sbatte in faccia. È il raptus che gli dà il potere, il terrore letto negli occhi degli altri o una sua brutale magnanimità, una sua improvvisata discriminazione: tu, piccola, tieni i tuoi soldi, non li vogliamo. "Vite, vite." Il Rovoletto scavalca il bancone, sono in strada, la gente fa largo, partono di scatto. "Dio santo, ma perché ci hai messo tutto quel tempo," fa il Cavallero. "Faccio quel che posso, lo sai che ho le mani piccole.""

  L'AUTORE – Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Tra le sue opere ricordiamo: "Storia dell'Italia partigiana" (1966); "Storia d'Italia nella guerra fascista" (1969); "Palmiro Togliatti" (1973); "La Repubblica di Mussolini" (1977); "L'inferno. Profondo Sud, male oscuro" (1993). Feltrinelli ha pubblicato "Piccolo Cesare" (2002), "Basso Impero" (2003), "Partigiani della montagna" (2004), "L'Italia l'è malada" (2005), "Napoli siamo noi" (2006), "Le mie montagne" (2006), "Il provinciale" (2007), "È la stampa, bellezza!" (2008), "Annus horribilis" (2010), "Fratelli coltelli" (2011), "Grazie no. Sette idee che non dobbiamo più accettare" (2012), "Storia dell'Italia partigiana" (2012), "Togliatti" (2014), "Il bandito Cavallero" (2016). Ha raccontato la sua appassionante vicenda biografica nel film-intervista di Maria Pace Ottieri e Luca Musella "La neve e il fuoco. Giorgio Bocca si racconta" (2011), edito nella collana "Real Cinema/Feltrinelli".

  INDICE DELL'OPERA – Giornalisti e banditi, di Piero Colaprico - Il bandito Cavallero – Introduzione. Un bandito speciale - Parte prima. La banda Cavallero - 1. Il Piero della barriera - 2. In due al primo assalto - 3. Non fermatemi. Sparo - 4. Un milione a impiegato - 5. La strage di Milano - 6. La grande caccia - 7. Sull'orlo del linciaggio - Parte seconda. I gangster di Milano - 1. Le notti calde - 2. La lotta per le bische - 3. I gangster "europei" - Parte terza. La frontiera violenta di Milano - 1. Gli uomini coltello - 2. Gli sceriffi della "fascia" - 3. Licenza di sfruttare - 4. Bovary per fame e paura