La filosofia di Marx. Studi critici Stampa E-mail

Giovanni Gentile

La filosofia di Marx. Studi critici

Le Lettere , pagg.169, Euro 16,00

 

gentile_g6.jpg  Augusto Del Noce considerava La filosofia di Marx, insieme con il Rosmini e Gioberti, l'ultimo grande libro di filosofia apparso nell'Ottocento; un'opera in cui tutto il pensiero successivo di Giovanni Gentile "si trova già virtualmente precontenuto" (cfr. Il suicidio della rivoluzione, Torino, 2004, pag.106).

  Ricordava, peraltro, lo stesso Gentile, nell'Avvertenza pubblicata nell'edizione del 1937, che il saggio aveva destato l'attenzione di Lenin, il quale "lo aveva additato tra gli studi più notevoli che intorno a Marx avessero compiuti filosofi non marxisti".

  Editato per la prima volta nel 1898, La filosofia di Marx si divide in due parti: Una critica del materialismo storico e La filosofia della prassi.

  Gentile distingueva due aspetti nella filosofia storica di Marx: il primo, mutuato da Hegel, "che è il procedimento dialettico"; il secondo, "il contenuto o soggetto di questo procedimento, che si contrappone a quello di Hegel". In altri termini, l'aspetto della forma e l'aspetto del contenuto.

  "[...] la concezione materialistica della storia - aggiungeva l'Autore - non può non dirsi per la forma, in cui ci si presenta, una vera e propria filosofia della storia".

  "L'Idea, lungi di essere opposta alla realtà, è, per Hegel, l'essenza del reale. [...] E la materia del materialismo storico, lungi dall'essere esterna ed opposta alla Idea di Hegel, vi è dentro compresa, anzi è una cosa medesima con essa, poiché (tal conseguenza trasse l'hegelismo dalla sintesi a priori kantiana!) lo stesso relativo (chè esso è la materia di cui si parla) non solo non è fuori dell'assoluto, ma è identico ad esso, per quell'unità dei molti e dell'uno, che Giordano Bruno da lontano aveva saputo ben additare, ma che doveva prima diventare, per essere ritrovata, un problema della conoscenza".

  Dal punto di vista filosofico, il materialismo storico rappresenta "uno de' più sciagurati deviamenti del pensiero hegeliano, in quanto riconduce ad una metafisica (scienza necessaria ed assoluta) del reale, inteso come oggetto alla maniera prekantiana; e, quel che è più, trascina alla concezione di una dialettica, determinabile a priori, del relativo".

  Per Marx la realtà "è una produzione soggettiva dell'uomo; produzione però dell'attività sensitiva (sinnliche Thätigkeit); non del pensiero, come credevano Hegel e gli altri idealisti". Hegel "comprese una verità indiscutibile: esser la conoscenza una produzione continua, un fare incessante, una prassi originaria. [...] L'idealismo non negava già il senso; ma non lo riconosceva come tale, sibbene come un momento del pensiero, che non è attivo, produttivo come senso, bensì soltanto come pensiero".

  Gli interessi pratici, i bisogni materiali - spiega Gentile - "hanno per oggetto la realtà sensibile, che tendono a procacciare, a fare. Ora l'oggetto loro non è realmente distinto e separato dall'oggetto del pensiero, come crede e vuole Feuerbach [...]; perché, se così fosse, il materialismo non riuscirebbe a spiegare tutta l'opera dell'uomo. La quale può parere di doppia natura, pratica a teoretica, a chi non abbia inteso il concetto del conoscere come fare. Ma quando il fare s'è unificato col conoscere, gli oggetti propri del conoscere sono anche oggetti del fare, e viceversa; di modo che c'è infine una classe unica di oggetti, relativi alla prassi (che è fare e conoscere insieme) e da essa per l'appunto prodotti. E se il materialismo basta alla spiegazione degli oggetti fatti, deve pur bastare alla spiegazione degli oggetti conosciuti; che in fondo sono d'identica natura ai primi".

  Anche Feuerbach, secondo il Filosofo di Castelvetrano, ricade nell'idealismo ("che aveva voluto risolutamente negare"), allorché spiega le costruzioni dottrinali "con l'attività astratta dello spirito, la vera attività umana, secondo lui".

  "La prassi - spiega ancora Gentile - è attività creatrice, per cui verum et factum convertuntur. È sviluppo necessario, perché procede dalla natura dell'attività, e s'appunta nell'oggetto, correlato e prodotto dell'attività. Ma questo oggetto che si vien facendo per virtù del soggetto, non è se non una duplicazione di questo, una sua proiezione di se stesso, una sua Selbstentfremdung".

  Marx, "idealista nato, e che aveva avuto tanta familiarità, nel periodo formativo della sua mente, con le filosofie di Fichte prima e poi di Hegel, non s'appressò al materialismo di Feuerbach dimenticando tutto ciò che aveva appreso, e che erasi connaturato col suo pensiero. Non seppe dimenticare che non v'ha oggetto, senza un soggetto che lo costruisca; né seppe dimenticare che tutto è in perpetuo fieri, tutto è storia. Apprese sì che quel soggetto non è spirito, attività ideale; ma senso, attività materiale; e questo tutto (che diviene sempre) non è lo spirito, l'idea, ma la materia".

  In conclusione, Gentile scrive che la filosofia di Marx è caratterizzata da "un eclettismo di elementi contraddittori": "Molte idee feconde vi sono a fondamento, che separatamente prese son degne di meditazione: ma isolate non appartengono, come s'è provato, a Marx, nè possono quindi giustificare quella parola «marxismo», che si vuole sinonimo di filosofia schiettamente realistica".