Quale diritto? |
Danilo Castellano
IL LIBRO – Il libro considera essenzialmente una questione nodale, forse la questione nodale del diritto, attraverso la quale passano necessariamente tutte le altre. Lo fa in maniera articolata e, sotto taluni aspetti, inusuale sulla scia di un approccio classico al tema giuridico di cui, oggi, si avverte sempre più la necessità. Anche per uscire risolutivamente dalle secche del vecchio giuspositivismo senza cadere in sue nuove, sempre nascoste e ancor più assurde riproposizioni. Il lavoro «prova» che l'ordinamento giuridico non può essere la condizione del diritto, essendone al contrario il prodotto. Ciò emerge considerando il rapporto giustizia/legalità, diritto/diritti umani, le questioni del «realismo» del Codice civile come il problema delle fonti sostanziali e formali del diritto penale. Ancor più considerando che l'esperienza giuridica è epifania non del diritto come «imposizione sovrana» ma del diritto come determinazione di ciò che è giusto. DAL TESTO – "L'interrogativo posto dal titolo del presente volume non è [...] retorico (intendendo la retorica come la intendono i contemporanei, cioè come forma vuota del parlare). Esso, al contrario, indica che c'è lungo la storia, particolarmente nel nostro tempo, uno spartiacque netto, individuabile con certezza, tra due modi di «pensare» e «applicare» il diritto. Due modi che interpellano l'uomo, lo studioso, l'operatore «giuridico» e, prima ancora, il legislatore. L'interrogativo, pertanto, pone simultaneamente una questione scientifica ed esistenziale, non potendo alcuno evitarla. Perché? Perché il diritto fa parte necessariamente dell'esperienza umana, la quale, anche per quel che attiene alla giustizia non consente di mettere la testa nella sabbia nel tentativo di sfuggire alla realtà ed evitare così il problema. Sin dall'antichità si è preso atto che hominum causa omne ius constitutum est (Ermogeniano), ove «constitutum» non indica una creazione artificiale del diritto da parte dell'uomo. Il diritto, infatti, come determinazione della giustizia, non è nella disponibilità di alcuno, non deriva da mere esigenze operative, non nasce dall'arbitrio umano né da quello del potente di turno (Sovrano), né dalle scelte condivise delle collettività definite «politiche». Esso, al contrario, è un'esigenza intrinseca della natura umana: per la giustizia, infatti, talvolta l'uomo sacrifica persino la vita (Rosmini). Anche quando il diritto viene posto, anche quando cioè esso non è «naturale» ma «legale» (Aristotele), non è abbandonato all'irrazionalità e all'arbitrio. In questo caso, quando cioè esso deve essere «posto», è possibile, talvolta necessaria, la scelta. Questa, però, non è priva di criteri intrinseci e di vincoli razionali. Per esempio, stabilire che i mezzi di soccorso in servizio hanno la precedenza nella circolazione stradale (è uno degli esempi più positivistici che si possa portare), non è decisione arbitraria del legislatore, essendo questo vincolato da considerazioni valoriali che, a loro volta, richiedono un fondamento sul piano dell'essere. L'AUTORE – Danilo Castellano, già Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Udine, è docente di Filosofia della politica, di Filosofia del diritto e di Biogiuridica nell'Ateneo friulano. INDICE DELL'OPERA – Introduzione - Capitolo I. Il diritto tra verità e nichilismo - Capitolo II. Il diritto tra fonte e fondamento - Capitolo III. Il diritto tra scienza e giurisprudenza - Capitolo IV. Valori giuridici non negoziabili - Capitolo V. Dall'esperienza giuridica al diritto - Capitolo VI. Sul realismo del Codice civile italiano - Capitolo VII. Fonti del diritto penale e questione dell'umanità del diritto - Capitolo VIII. Il diritto nei «Diritti umani» - Indice dei nomi |