Piazza Loggia Stampa E-mail

Pino Casamassima

Piazza Loggia

Sperling & Kupfer, pagg.360, € 18,50

casamassima piazzaloggia  IL LIBRO – Il 28 maggio 1974 una bomba esplode in piazza della Loggia, a Brescia, uccidendo otto persone e ferendone oltre un centinaio. Cinque anni dopo piazza Fontana e alla vigilia della stagione più feroce del brigatismo, l'Italia intera si ritrova di nuovo in guerra, contro un nemico invisibile, che colpisce con le bombe e – in modo ancora più efficace – con l'arma temibile della paura. Quarant'anni dopo, la ferita di quella strage è ancora aperta, la ricerca di giustizia e verità ancora in corso, molte domande ancora senza risposta. Questo è un libro lungo quattro decenni: tanti quanti sono passati da quel giorno piovoso di maggio, in cui solo per caso Pino Casamassima, allora giovane segretario della Fgci di Salò, non era in piazza. Con l'aiuto di ricordi personali, testimonianze inedite e supportato dall'indispensabile e prezioso lavoro d'archivio della Casa della Memoria creata da Manlio Milani, l'autore ha ricostruito con efficacia narrativa e rigore documentario la storia della bomba di Brescia, partendo dalla morte di Silvio Ferrari avvenuta pochi giorni prima e considerata fino a oggi slegata dalla strage, fino a ripercorrere l'intero iter giudiziario e trovando, nel corso di questo lavoro, un'inedita e clamorosa testimonianza che riapre nuovi scenari.

  DAL TESTO – "La strage di Brescia provocò 102 feriti. E questo dato è l'unico che - da Wikipedia alla Treccani, passando per tutti i libri, i documentari, le inchieste televisive, gli articoli, le citazioni – racchiude in un unicum quasi offensivo le tante persone che di strage moriranno comunque. La morte più facilmente riconducibile alla strage è quella del dottor Giacomo Corvini, sessantatré anni, avvenuta pochi mesi dopo quel 28 maggio. La bomba gli scagliò in corpo tante schegge da costringerlo a molteplici interventi chirurgici, finché se ne andrà anche per quelle monete che aveva in tasca e che l'onda d'urto della bomba gli aveva conficcato in pancia. Nell'esplosione aveva perso anche un tallone, il dottor Corvini. Chissà dov'era finito, in quel momento. Poi quel «pezzo» di carne umana era stato raccolto con altri «pezzi» di uomini: tutti sepolti in terra consacrata, come prevede la civiltà cristiana. «Pezzi» strappati a persone poi private per tutta la vita di una mano, un timpano, una gamba.
  "Quanti sono i morti per strage? Di loro non sappiamo nulla perché sono morti in silenzio, senza un rigo sul giornale, nemmeno sul foglio della parrocchia del loro paese, ché non fa notizia una morte per un tumore sviluppato a un polmone, uno stomaco, un intestino, un rene. Cancri generati dalle menti metastatiche di chi ha voluto «fare politica» piazzando una bomba in piazza. Forme maligne di cellule impazzite a causa di una bomba che ha fatto in modo che il male si compisse nel tempo, silenziosamente. Come senza rumore hanno poi condotto il loro residuo di vita gli uomini e le donne che ne erano stati colpiti. Le vittime silenziose della strage di Brescia (accomunate ai silenzi degli innocenti di altre stragi). Le vittime che nessuno ricorderà mai perché, per quanti sforzi si possano fare, è impresa titanica risalire dalle cartelle cliniche di persone morte dopo tre mesi, tre anni, tre decenni fino al 28 maggio 1974. Quale assicurazione risarcirebbe mai i famigliari di una persona «morta per strage», senza la dimostrazione «tangibile» di quella conseguenza?
  "Rumorosi sono invece i parenti di quei «feriti». Quei figli, padri, fratelli, sorelle, mariti, mogli che per decenni amplificheranno la loro voce in un unico coro di richiesta di verità. Tuttavia, finora, hanno trovato la legge, non la giustizia, per dirla con Francesco De Gregori. Parenti, amici, affetti privati di sguardi intimi per colpa di qualcuno che aveva pensato di sconvolgere gli equilibri politici di un Paese mettendo una bomba. E poi un'altra, e un'altra ancora. «Provocando morti e feriti.» Quasi una locuzione diventata tormentone d'una stagione che gli inglesi avevano battezzato «strategia della tensione». «Mettiamo una bomba.» Chissà se l'umano che ha avuto quell'idea ha pensato ai feriti. Ma no. «Facciamo un po' di morti», avrà detto. Mica «facciamo un po' di feriti». Del resto, illustri predecessori avevano detto di aver bisogno di qualche migliaio di morti - non di feriti - per sedersi al tavolo della pace. Quanti feriti fa una guerra? Quanti talloni e braccia e gambe e occhi lastricano i suoi terreni? Bombe scriteriate e intelligenti che in egual misura incendiano e devastano i corpi: spesso i più fortunati sono gli «effetti collaterali» che ne muoiono subito.
  "Cos'è una bomba, se non una guerra in tempo di pace? Nessuna delle migliaia di persone recatesi in piazza quel 28 maggio pensò mai di doversi premunire contro un nemico che avrebbe potuto portar loro via un braccio o l'intera vita. Ché in tempo di pace si pensa a svagarsi, a incontrarsi per stare bene insieme, non a come attrezzarsi per ripararsi da una bomba. Non si identificano i rifugi in cui correre per un attacco improvviso di quel maledetto Pippo (che non era quel simpaticone creato da Walt Disney, ma l'interpretazione italica di quell'aereo incursore inglese chiamato Piper).
  "Poi ci sono le conseguenze morali di una strage. Quei segni indelebili che restano negli occhi di chi l'ha vissuta. Quei capillari scoppiati d'orrore attorno a pupille che avevano registrato una storia da cui non si sarebbe usciti mai più."

  L'AUTORE – Pino Casamassima è giornalista e scrittore. Collabora con Rai Educational, History Channel, l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e l'Archivio storico della Resistenza Bresciana e dell'età contemporanea. Alcuni suoi libri sono tradotti all'estero e hanno vinto premi letterari. Fra gli ultimi, "Il libro nero delle Brigate rosse", "I sovversivi" e "Gli irriducibili, storie di brigatisti mai pentiti".

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione, di Paolo Corsini - In forma d'introduzione. Gli Eichmann di piazza della Loggia - Il sistema dei bisogni (È di questo che parleremo – Storie) - La morte in piazza - Fuori registro 1 - 1. L'incubazione (Referendum! - All'armi siam bresciani! - I padrùn dale bele braghe bianche - La Riscossa – L'ingegnere - Mister Basilico - Le tessere di Fumagalli) – Fuori registro 2 - 2. Silvio e gli altri (Salò - «Pandora» - Puttino - Il superstite – Amici - Un lungo sabato bresciano - È stato lui - Tutti dentro - Un testimone tira l'altro - La scena del crimine - «Silvio conosceva Buzzi») - Fuori registro 3 - 3. Tesi, antitesi, sintesi (Da piazza del Mercato a piazza della Loggia - Lavate quella piazza - Echi di stampa - Pian del Rascino - Il «riconoscimento» - Il conte di Blanchéry - «Minus habens» - Le tesi di Vino e Trovato - Nel nome del figlio) - Fuori registro 4 - 4. Bomba su bomba («Italicus» - La bomba (malavitosa) di piazzale Arnaldo - Il memoriale di Ombretta - 178 udienze e un (primo) niente di fatto - «È tutto da rifare» - Carmine - La pedina - «Un cadavere da assolvere»?) - Fuori registro 5 - 5. Segreti e bugie (Milano. Eia! Eia! Eia! Alalà! – Rewind - «Uno stucchevole ipergarantismo» - Bombe all'Arena di Verona – I Veneti (ancora) – L'ultimo scandalo) – Post (Istruttorie e processi - La versione di Kim - Pippo lo sa - Le opinioni di un giudice - Quel che rimane - E adesso ripartiamo da qui) – Ringraziamenti – Postfazione, di Manlio Milani – Appendice (Feriti e ferite - La vicenda giudiziaria - Per una bibliografia ragionata sull'eversione neofascista e sullo stragismo) - Indice dei nomi