Il sangue del Sud |
Giordano Bruno Guerri Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio Mondadori, pagg.297, Euro 20,00
IL LIBRO – «Nel 1861 si compiva il sogno secolare di poeti, politici e intellettuali. Ma l'Unità d'Italia, realizzata soprattutto grazie all'abilità diplomatica di Cavour e al temperamento incendiario di Garibaldi, integrava davvero identità, culture, tradizioni, lingue diverse? Oppure si era raggiunta soltanto l'unità politica? Una parte del nuovo Stato era già "italiana", l'altra non lo era affatto. Occorreva dunque costringerla a essere diversa da sé, a costo di snaturarla. Ai primi segni di insofferenza del Sud, nacque una contrapposizione rancorosa: "noi" contro "loro". "Noi", i civilizzatori; "loro", i brutali indigeni. "Noi", i portatori di giustizia e legalità; "loro", i briganti. A dividere gli uni e gli altri, c’era una diversità radicale e radicata, non un’inconciliabilità momentanea». In un contesto simile non fu difficile etichettare la ribellione - di contadini, borbonici e clericali - come «brigantaggio» e scatenare, sotto il nome di lotta al banditismo, un durissimo conflitto militare, in cui il neonato Regno d'Italia giunse a impiegare quasi la metà dell'esercito, a radere al suolo interi paesi e a instaurare la dittatura militare, in una vera guerra civile con più vittime di quella del 1943-45. In questo libro, dalla scrittura brillante e ricco di un'avvincente documentazione, Giordano Bruno Guerri rilegge la vicenda del Risorgimento e del brigantaggio come una «antistoria d'Italia»: per liberare i fatti dai troppi luoghi comuni della storiografia postrisorgimentale (come la pretesa arretratezza e miseria del Regno delle Due Sicilie al momento della caduta) e per evidenziare invece le conseguenze, purtroppo ancora attualissime, della scelta di affrontare la «questione meridionale» quasi esclusivamente in termini di annessione, tassazione, leva obbligatoria e repressione militare. Il Sud è stato trattato come una colonia da educare e sfruttare, senza mai cercare davvero di capire chi fosse l'«altro» italiano e senza dargli ciò che gli occorreva: lavoro, terre, infrastrutture, una borghesia imprenditoriale, un'economia moderna. Così, le incomprensioni fra le due Italie si sono perpetuate fino ai nostri giorni. Alcuni briganti spiccano per doti - umane e di comando - non comuni, come Carmine Crocco,che per tre anni tenne in scacco l’esercito italiano; e così le brigantesse, donne disposte a tutto per amore e ribellione; altri rientrano più facilmente nel cliché del bandito o dell'avventuriero, ma tutti contribuiscono a dare volti e nomi a una triste e sanguinaria pagina della nostra storia, che si voleva cancellare. Pagina che, pur lontana nel tempo, rende ancora oggi complicato il percorso di rinnovamento politico e civile della nazione. «Non si tratta di denigrare il Risorgimento, bensì di metterlo in una luce obiettiva, per recuperarlo - vero e intero - nella coscienza degli italiani di oggi e di domani». DAL TESTO – “Come ogni guerra civile, anche quella tra piemontesi e briganti è stata raccontata dal vincitore. Che però, a differenza del solito, non ha potuto vantarsene: si preferì nascondere o addirittura distruggere i documenti, perché non fossero accessibili neppure agli storici. Anche chi aveva vinto uscì da quella tragica prova fratricida con un terribile bagaglio di dolori e sofferenze, ma non poté raccontare il proprio sacrificio e celebrarlo. Né, tantomeno, ha potuto riconoscere quello degli sconfitti. Perciò il brigantaggio postunitario è stato, lungo il secolo e mezzo di storia nazionale, poco più di una parentesi della quale si sono perse le tracce, quasi un incubo da rimuovere e censurare, una pagina vuota, una tragedia senza narrazione. I briganti scontano, oltre alla sconfitta, anche il destino della damnatio memoriae. A loro, non spetta l'onore delle armi.” L’AUTORE – Giordano Bruno Guerri ha diretto "Storia illustrata", "Chorus" e "L'indipendente", è stato direttore editoriale dell'Arnoldo Mondadori Editore, presidente dell'istituto di alta cultura Fondazione Ugo Bordoni, docente di storia contemporanea in numerose università straniere. Autore e conduttore di trasmissioni radiofoniche e televisive, è opinionista del "Giornale" e presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani. Con Mondadori ha pubblicato: Povera santa, povero assassino. La vera storia di Maria Goretti (1985), L'Arcitaliano. Vita di Curzio Malaparte (1991), Gli italiani sotto la Chiesa. Da San Pietro a Mussolini (1992), Fascisti (1995), Giuseppe Bottai, fascista (1996), Antistoria degli italiani. Da Romolo a Giovanni Paolo II (1997), Il Malaparte illustrato (1998), Italo Balbo (1998), Galeazzo Ciano (2001), Eretico e profeta. Ernesto Buonaiuti, un prete contro la Chiesa (2001), Rapporto al duce (2002), Un amore fascista. Benito, Edda e Galeazzo (2005) e Filippo Tommaso Marinetti. Il genio che inventò il futurismo (2009). I suoi libri, tutti ancora ristampati, sono tradotti in molte lingue. INDICE DELL’OPERA – Introduzione – I. La vera disunità d'Italia: il popolo e i patrioti, i guelfi e i ghibellini - II Arriva Cavour – III. Un bel boccone – IV. Franceschiello e Maria Sofia – V. La conquista – VI. Come nasce una guerra civile – VII. Si viveva così – VIII. La Chiesa, i Borbone e i briganti – IX. Chiavone, il brigante che voleva essere Garibaldi e marciare su Torino – X. Pontelandolfo e Casalduni: «Un tremendo castigo che sia d'esempio alle altre popolazioni del Sud» - XI. Le altre vittime: i soldati «piemontesi» - XII. Le brigantesse – XIII. Ciccilla e Pietro: il labile confine fra briganti e banditi – XIV. Carmine Crocco, il re dei briganti – XV. Leggi speciali contro «i selvaggi» - XVI. Fare gli italiani – XVII. Disperdere gli italiani – Conclusioni – Bibliografia – Sitografia – Ringraziamenti - Fonti iconografiche - Indice dei nomi e dei luoghi
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