Aa. Vv.
Rivista di Politica n.3/2013 Gaston Bouthoul. La polemologia e le illusioni del pacifismo
Rubbettino, pagg.180, € 10,00
CONGETTURE E CONFUTAZIONI - Democrazie dinastiche. Quando la politica è un “affare di famiglia”, di Alessandro Campi - La rettificazione del linguaggio politico: federalismo e presidenzialismo, di Agostino Carrino - Troppo serio o troppo faceto: la deriva nichilista nei media e in politica, di Danilo Breschi - Hollande all’Eliseo ovvero le troppe sfumature di grigio, di Michele Marchi - Una legge sulle lobby: capitale per la democrazia, di Gianluca Sgueo? - Un polpo impigliato nella storia d’Italia. Il «berlusconismo» secondo, di Giovanni Orsina Damiano Palano - La questione dei simboli religiosi alla luce della Costituzione, di Daniele Trabucco - Il caso Schettino e la fine del comando, di Ivo Germano
L’INEDITO «Se vuoi la pace, conosci la guerra». Gaston Bouthoul e l’invenzione della polemologia - Gaston Bouthoul e il fenomeno guerra, di Jerónimo Molina Cano L'ambizione di Gaston Bouthoul è stata quella di costruire, su basi rigorosamente empirico-descrittive, una "sociologia scientifica delle guerre". La polemologia - la nuova disciplina da lui inventata nell'immediato secondo dopoguerra – ha rappresentato il tentativo di spingersi oltre gli studi strategici coltivati tradizionalmente nelle scuole militari e le denunce ideologiche della guerra tipiche della cultura pacifista. A quest'obiettivo scientifico - l'unico peraltro in grado, a suo giudizio, di fondare la pace su basi politicamente solide - ha finalizzato un cinquantennio di ricerche e analisi ancora oggi di grande interesse dal punto di vista intellettuale e conoscitivo. Con l'atteggiamento tipicamente disincantato del realista politico, Bouthoul si è fatto guidare nei suoi studi da un semplice motto: «Se vuoi la pace, conosci la guerra». - Evoluzione e problematiche recenti della polemologia, di Gaston Bouthoul La polemologia, nell'accezione proposta da Bouthoul che ne è stato il fondatore, è una disciplina dinamica, inevitabilmente influenzata dalle trasformazioni (in primis di natura tecnica) che nel corso del tempo investono il suo specifico oggetto di studio: appunto la guerra. Occorre dunque chiedersi in che modo la minaccia atomica ha modificato i conflitti armati rispetto al passato: il loro svolgimento, ma anche le loro cause dal punto di vista politico e della psicologia collettiva e le loro giustificazioni dal punto di vista ideologico. Quello abbozzato da Bouthoul in queste pagine, in modo sintetico ma articolato, è il programma di ricerca della polemologia alla luce dei profondi cambiamenti che hanno investito il mondo contemporaneo e dunque lo stesso fenomeno guerra. - Le illusioni del pacifismo, di Gaston Bouthoul Il pacifismo persegue un ideale nobile e altamente condivisibile, appunto la pace, ma appare impotente o debole riguardo al conseguimento del suo obiettivo: limitare le guerre, frenarne gli esiti disastrosi, magari arrivare ad abolirle come strumento di soluzione delle controversie tra Stati. Il problema del pacifismo – argomenta Bouthoul - è di essere una forma di pensiero che inclina al magico, alla retorica e all'esorcismo. Le guerre non si frenano ricorrendo a parole magniloquenti o invocando la concordia universale, ma studiando le cause - sociali, demografiche, psicologiche, prima ancora che politiche - che le fanno esplodere. La guerra è una forma di scatenamento dell'aggressività collettiva, che peraltro non ha nulla a che vedere con la rabbia individuale. Analizzarla alla stregua di un fatto sociale che scaturisce dalla volontà degli uomini è l'unico modo per evitare di considerarla una fatalità storica.
STORIA E POLITICA Pensare l’Italia. La storiografia politico-civile di Ernesto Galli della Loggia - In divergente accordo, di Roberto Esposito La storiografia di Galli della Loggia rientra - nel giudizio di Esposito - nella grande tradizione del realismo conservatore europeo, che da Machiavelli e Hobbes arriva, nel Novecento, sino a Weber e Pareto. Alla base di questa storiografia c'è la convinzione, già resa manifesta da Nietzsche, «che la vita politica, come del resto quella biologica, è attraversata e decisa da forze contrapposte e che solo dal loro scontro nascono i fragili equilibri in cui gli uomini momentaneamente si assestano, prima di riprendere a combattere». Si tratta, argomenta l'Autore, di una prospettiva ideale e intellettuale che rende la produzione scientifica e pubblicistica dello storico romano pressoché un unicum nel contesto culturale italiano contemporaneo. - La morte della patria. Il dibattito sui fondamenti ideali della Repubblica, di Giovanni Belardelli Alla "storiografia convenzionale", politicamente orientata a sinistra, che nella Resistenza ha individuato il fondamento di legittimità politica della Repubblica, Galli della Loggia ha opposto un'interpretazione secondo la quale la nascita di quest'ultima è stata fortemente segnata dal crollo della statualità e del sentimento nazionale determinatosi in Italia con l'8 settembre: data simbolica che nell'immaginario collettivo di molti italiani ha coinciso con la "morte della patria", non con la rinascita su basi democratiche dello Stato italiano. Una tesi che è stata al centro per anni di polemiche e di un vasto dibattito, che hanno riguardato non solo l'eredità ideologica e politica dell'antifascismo ma più in generale il tema dell'identità nazionale, l'evoluzione e la crisi del sistema politico-istituzionale della Prima Repubblica e il destino storico del modello dello Stato-nazione. - La questione cattolica in Italia negli scritti di Ernesto Galli della Loggia, di Roberto Pertici Nella sua produzione scientifico-pubblicistica, Galli della Loggia ha riservato - pur da laico e da non credente - una crescente attenzione alla questione cattolica nella storia d'Italia, alle dinamiche della secolarizzazione e più in generale al ruolo della Chiesa nel contesto politico-valoriale del mondo contemporaneo. Quest'interesse lo ha spinto a favorire un intenso dialogo tra cultura liberale e cultura cattolica. E ad affrontare questioni spesso rimosse dal dibattito pubblico nazionale: quale spazio sociale e culturale la modernità può e deve riservare alla tradizione religiosa? Quale ruolo quest'ultima può esercitare all'interno di un mondo che le è sempre più ostile senza risolversi in un generico umanitarismo? Quale peso continuano a rivestire il cattolicesimo e la Chiesa nell'identità italiana?
OSSERVATORIO ITALIANO - I paradossi delle primarie, di Domenico Fruncillo Sulla scena politica italiana le primarie hanno acquisito un rilievo sempre maggiore. Ma in che modo hanno sinora influito sulle dinamiche della democrazia italiana, ad esempio favorendo una crescente partecipazione dei cittadini alla vita pubblica? E quale ruolo effettivo esse hanno rivestito nei processi di cambiamento dei gruppi dirigenti dei partiti che le hanno sin qui adottate? Sullo strumento delle primarie il dibattito politico-scientifico si è fatto sempre più intenso nel corso degli ultimi anni. Soprattutto con riferimento alle regole e procedure che dovrebbero caratterizzarle e alla possibilità che esse divengano un meccanismo di selezione dei candidati adottato da tutte le forze politiche.
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE - La “nuova frontiera” di Davutoğlu. Come (e perché) è cambiata la politica estera della Turchia, di Federico Donelli La politica estera della Turchia ha assunto negli ultimi anni, segnati dall'ascesa al potere del partito islamista guidato da Erdoğan, un nuovo corso strategico. Ne è stato fautore - dal punto di vista politico e dottrinario - Ahmet Davutoğlu. Rompendo con la visione geopolitica che per decenni aveva contraddistinto la Turchia kemalista, e che aveva portato quest'ultima a schierarsi su posizioni filo-occidentali, Davutoğlu (nei suoi testi di politica internazionale e poi, più concretamente, nel suo ruolo di ministro degli esteri), ha perseguito il disegno di una Turchia potenza egemone entro quelli che erano i vecchi confini dell'impero turco-ottomano. Una potenza interessata, più che a dialogare con l'Europa, a stringere rapporti crescenti di collaborazione (in primis economica) con i Paesi musulmani: dal Medio Oriente all'Africa, che sembra essere divenuta negli ultimi tempi la nuova frontiera di espansione della Turchia. - Europeizzazione dei Balcani o balcanizzazione dell’Europa?, di Damir Grubiša Sull'Europa segnata dalla più grave crisi economica della sua storia recente incombe lo spettro della balcanizzazione: un concetto che dal punto di vista storico evoca un destino politico fatto di divisioni intestine e conflitti etnici. Esattamente quel che è accaduto nella ex-Jugoslavia negli anni Novanta, allorché l'Europa unita - dinnanzi ai lutti provocati dalle guerre civili scoppiate alle sue porte – dimostrò di non possedere una visione unitaria della sua missione storica e politica. L'alternativa alla balcanizzazione è l'europeizzazione: dei Balcani, tornati lentamente alla normalità dopo le rovine che ne hanno accompagnato l'uscita dalla sfera d'influenza del mondo comunista, ma al dunque della stessa Europa. Il che equivale alla valorizzazione di un sistema culturale e di valori, nonché di una forma di organizzazione politico-istituzionale, che si sono dimostrati in grado, pur con tutte le loro insufficienze, di salvaguardare la pacifica convivenza tra le nazioni e di perseguire il traguardo dello sviluppo economico e della equità sociale.
TEORIA POLITICA - Libertà, Stato, democrazia: una riflessione, di Pietro Grilli di Cortona L'essenza del liberalismo è la libertà – dei singoli e dei gruppi sociali. Il principio ispiratore della democrazia è l'eguaglianza. La sintesi di libertà ed eguaglianza è stata alla base della maggior parte delle democrazie contemporanee. Ma quest'equilibrio virtuoso sembra essere entrato in crisi negli ultimi tempi: l'ampliamento dei poteri pubblici tende sempre più a sacrificare le libertà individuali (ad esempio nel nome della sicurezza collettiva e del susseguirsi nel mondo contemporaneo di "stati di eccezione"), l'insostenibilità economica dei sistemi di protezione sociale sin qui garantiti dal Welfare State rende sempre più problematico garantire ai cittadini un'eguaglianza effettiva. In questo quadro, che vede sempre più divaricarsi libertà ed eguaglianza, quale futuro attende la "democrazia liberale"?
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