Indro Montanelli
Il buonuomo Mussolini
Rogas Edizioni, pagg.126, € 14,70
Nel panorama editoriale italiano del Novecento, pochi scrittori e giornalisti hanno avuto un impatto così duraturo come Indro Montanelli. La sua capacità di coniugare l'analisi politica con una pungente satira, unitamente a una scrittura acuta e incisiva, emerge con forza in "Il buonuomo Mussolini", una riflessione che si configura come un raffinato testo di storia e critica politica. Pubblicato per la prima volta nel 1946, il libro torna oggi a occupare una posizione di rilievo nella riflessione sulla figura di Benito Mussolini, presentandosi come un'opera di straordinaria attualità, nonostante la distanza temporale.
La premessa del libro è tanto originale quanto provocatoria. Montanelli costruisce il racconto attorno a una lettera di presentazione immaginaria, in cui il narratore si rivolge al lettore con un tono di cinica disillusione. È come se il giornalista fosse venuto in possesso di un "testamento" lasciato da Mussolini, un documento che promette di svelare la sua visione del mondo, delle sue alleanze politiche, dei suoi piani e delle sue convinzioni riguardo agli italiani. La scelta stilistica di Montanelli è quella di non dare alcuna possibilità di replica al Duce, rendendo così l'intera narrazione una testimonianza unilaterale, ma assolutamente carica di significato.
Questo espediente narrativo, oltre a suggerire la volontà di Montanelli di svelare una verità nascosta dietro la retorica fascista, instaura anche una distanza ironica rispetto a quella che fu la figura di Mussolini. Il tono della narrazione è, infatti, pervaso da un'ironia a tratti feroce, con l'autore che dipinge il fascismo come una realtà assurda, a volte grottesca, altre volte inquietante. La prospettiva di Montanelli è quella di un osservatore acuto che, pur non nascondendo la propria avversione per la figura del Duce, non cede alla tentazione di banalizzare o semplificare i meccanismi di potere che hanno permesso a Mussolini di raggiungere il vertice del governo italiano.
Il libro esplora con profondità il contrasto tra l'immagine del "buonuomo" Mussolini – quella costruita dal Regime e dalle masse durante il Ventennio – e la realtà di un uomo che, pur avendo goduto di un potere assoluto, si presenta nel testo come ambiguo e fragile. L'ironia di Montanelli emerge nell'analisi del Duce, il quale, pur dichiarandosi un "uomo del popolo", è dipinto come un personaggio che ha spesso agito più per vanità e per il desiderio di affermare il proprio ego che per una vera e propria ideologia.
La satira politica che attraversa l'opera di Montanelli non risparmia neppure il rapporto tra Mussolini e il Re, nonché quello con Hitler. Con lucidità, l'autore svela la natura ambigua di questi legami, tracciando una critica sottile e mai banale del contesto storico in cui il Fascismo è nato e si è sviluppato. La relazione tra Mussolini e il monarca viene descritta come un intreccio di lealtà di facciata, di compromessi e di tradimenti reciproci, mentre il rapporto con Hitler assume contorni di completa sudditanza, sottolineando l'incapacità del Duce di affermarsi come figura autonoma sulla scena internazionale.
Ciò che rende "Il buonuomo Mussolini" un'opera ancora di grande attualità è la sua capacità di andare oltre la figura di Mussolini, per cogliere dinamiche universali legate al potere, alla manipolazione della storia e alla costruzione del consenso. Montanelli, infatti, non si limita a tracciare una biografia del Duce, ma mette in luce l'ambiguità delle ideologie e dei comportamenti che si celano dietro le maschere politiche, un tema che, purtroppo, non ha perso nulla della sua rilevanza. La narrazione è intrisa di un disincanto che, sebbene nato dalla Seconda Guerra Mondiale e dalle rovine del Fascismo, resta utile per comprendere gli sviluppi politici di ogni epoca.
Il punto di forza dell'opera risiede nella capacità di Montanelli di affrontare un tema complesso con grande lucidità, senza scivolare mai nel moralismo, ma piuttosto nella critica costruttiva. La sua scrittura, elegante ma mai esente da pungente sarcasmo, mette in discussione la percezione comune di Mussolini come il "buonuomo" dei fascisti, demistificando il mito e restituendo al lettore un'immagine più sfaccettata e critica.
Seppur scritto nel 1946, "Il buonuomo Mussolini" è un'opera che continua a parlarci, quasi come se fosse stata scritta per il nostro tempo. La sua attualità, la forza della satira e la lucidità dell'analisi storica lo rendono un libro utile per capire le dinamiche politiche che sembrano continuamente ripetersi.
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