Antonio Musarra
1492 Diario del primo viaggio
Laterza, pagg.240, € 20,00
Questo libro di Antonio Musarra (professore associato di Storia medievale presso la Sapienza Università di Roma e Fellow di Harvard) narra la storia del viaggio compiuto dalle caravelle guidate da Cristoforo Colombo alla "scoperta" dell'America, ponendosi nella prospettiva dell'Ammiraglio, "di chi, cioè, quel viaggio compì per la prima volta", "viaggio importante, oltre che famoso, paragonabile, forse – per capacità d'aprire gli orizzonti –, soltanto a quello compiuto sulla luna qualche secolo più tardi".
Di tale viaggio nel libro viene esaminato in particolare l'aspetto prettamente nautico, "tralasciandone altri, senz'altro importanti – è il caso, ad esempio, dell'incontro con l'"altro" o dell'avvio della colonizzazione europea – ma molto trattati dagli studiosi".
Si è soliti dire che le caravelle erano tre, la Niña ("il cui nome originario era Santa Clara, patrona di Moguer"), la Pinta ("la "dipinta", da cui Rodrigo de Triana avrebbe avvistato terra") e la Santa María (che il Giornale di bordo definisce nao, «navis»). "Si tratta – spiega l'Autore - d'un mito durevole, entrato prepotentemente nell'immaginario. Tre come i Magi, come i Moschettieri, come le «tre anella» della parabola. Volendo essere precisi, due caravelle e una nao: una grossa nave commerciale. Ma poco importa: il mito si costruisce a suon di semplificazioni. Da un paio di secoli, la caravella è assurta a simbolo del viaggio di scoperta".
Si pensa "che una caravella fosse mediamente lunga 18 metri, raggiungendo in coperta i 25 metri. Esistevano, tuttavia, modelli diversi: un contratto redatto a Barcellona nel 1450 fa riferimento a una lunghezza da ruota a ruota di circa 19 metri. Le dimensioni erano condizionate dalla capienza della stiva, misurata in botti, del peso di circa una tonnellata. Il tipo utilizzato da Bartolomeu Dias tra il 1487 e il 1488 nel volgere verso il Capo di Buona Speranza si aggirava sulle 50 tonnellate. Quanto alla propulsione, disponeva di due o tre alberi armati a vela latina, per la cui manovrabilità era necessario lo sforzo di 25-30 marinai. Nel tempo avrebbe visto la luce la caravella «redonda», montante una o due vele quadre, come le navi "tonde". Si può dire che al tempo di Colombo fossero in uso due diverse configurazioni: alcuni modelli utilizzavano due vele quadre per gli alberi principali, maestro e trinchetto, e una vela latina per quello di mezzana; altri, invece, tre vele latine".
La caravella era, quindi, "un bastimento leggero e maneggevole, manovrabile da un equipaggio di ridotte dimensioni; certamente, assai più agile delle grandi navi del tempo. Fra le sue caratteristiche principali v'era quella d'avere un pescaggio modesto, che permetteva di muoversi agilmente sottocosta o negli estuari dei fiumi".
Sul piano "costruttivo, la caravella rappresentava la perfetta sintesi fra la tradizione mediterranea e quella nordica. L'Europa settentrionale avrebbe seguitato a lungo a far uso del procedimento a "scafo portante", caratteristico delle navi antiche, sviluppato autonomamente da quelle navi norrene, che, tuttavia, differivano nel modo d'unire le di fasciame per formare il guscio. La tecnica in uso era quella a sormonto, che prevedeva di giuntare i singoli corsi, sagomati a gradino, sovrapponendoli parzialmente gli uni sugli altri e unendoli mediante rivetti, chiodi di ferro ribattuti contro il cosiddetto clinker, una rondella di forma quadra. Il fasciame della «navis» mediterranea, invece, era montato mediante la tecnica a paro, che prevedeva di giuntare i corsi uno a fianco all'altro direttamente all'ossatura, la quale, dunque, assumeva un ruolo preponderante".
La partenza delle due caravelle e della nave, scrive Musarra, ebbe luogo "venerdì 3 agosto – benché qualcuno abbia opinato trattarsi del 12, visto che nel 1492 vigeva il calendario giuliano, indietro di dieci giorni (dal 1500, di undici) rispetto a quello gregoriano. Poco importa. Non era questo il problema all'ordine del giorno. Piuttosto, sappiamo che tra i marinai s'era soliti contare i giorni partendo dal mezzogiorno, quando il sole è alto nel cielo. Colombo fa riferimento a tale uso; talvolta, però, parte dalla mezzanotte, avendo come discrimine il sorgere del sole, ingenerando una certa confusione".
"Verso le due di notte del 12 ottobre 1492 – si legge ancora nel testo -, dopo una serie di falsi avvistamenti, Rodrigo de Triana scorge una terra all'orizzonte. La traversata ha avuto termine. Era durata 36 giorni e poche ore, per un totale di 6088 chilometri, alla velocità media di 3,78 nodi. L'attesa spasmodica di mettere piede sulla terraferma, a ogni modo, si sarebbe prolungata di qualche ora. Colombo ordina di ammainare le vele e di rimanere alla fonda, attendendo il mattino".
L'Ammiraglio ha "compiuto un viaggio memorabile, capace di allargare gli orizzonti d'un'Europa desiderosa d'espansione", grazie al quale il mondo "s'era improvvisamente allargato". |