La Turchia e i suoi vicini. Intervista con Ermanno Visintainer |
La Turchia e i suoi vicini. Intervista con Ermanno Visintainer a cura di Francesco Algisi
Ermanno Visintainer, nato a Trento nel 1961, ha conseguito la laurea (Summa cum laude) in Lingue e Letterature Orientali, presso l'Università Ca' Foscari di Venezia nel 1998. Relatore in convegni internazionali in Turchia e in Kazakhstan, presso l'Università Eurasiatica "Lev Gumilëv" di Astana, ha pubblicato numerosi articoli inerenti alla turcologia e alla geopolitica su Linea Quotidiano, Officina, Il Borghese e su altre riviste. Membro dell'ASTREA (Associazione di Studi e Ricerche Euro-Asiatiche), è cofondatore e Presidente del Centro Studi "Vox Populi" per il quale ha partecipato alla stesura dei seguenti volumi: Imperi delle steppe - da Attila a Ungern Khan, con la pubblicazione Continuità epica nelle letterature della Mongolia: dalle Epigrafi dell'Orkhon alla Storia Segreta dei Mongoli (2008); Porte d'Eurasia con uno scritto dal titolo Il modello islamico turco, l'Europa e il grande gioco delle fonti energetiche (2009); La profondità strategica turca nel pensiero di Ahmet Davutoğlu con il saggio Le premesse filosofiche della “Profondità Strategica” di Ahmet Davutoğlu (2011). Nel 2010 ha realizzato la monografia Ahmed Yassawi: sciamano, sufi e letterato kazako.
Dottor Visintainer, nel 2003, la Turchia si oppose alla guerra anglo-americana contro l’Iraq. Oggi, invece, partecipa alla destabilizzazione della Siria ed è favorevole a un intervento militare della Nato contro Damasco (1). Come interpreta tale variazione della politica estera di Ankara? In effetti, la svolta della politica estera della Turchia ha coinciso con due fattori, al tempo ancora embrionali ma determinanti: la vittoria elettorale di Erdoğan e la pubblicazione del libro Stratejik Derinlik (La Profondità Strategica) (2) da parte del futuro Ministro degli Esteri, Ahmet Davutoğlu, definito dal giornalista de Il Sole 24 Ore, Christian Rocca, il Kissinger turco. Riguardo all’Iraq, particolarmente sintomatico del clima che si respirava in Turchia in quel periodo è il film turco antihollywoodiano di Serdar Akar, Kurtlar vadisi Irak, “Iraq, la Valle dei Lupi”, censurato in Italia. La politica estera di Ankara nei confronti della Siria registra effettivamente una variazione inattesa rispetto alle frequenti visite del Ministro dell’Economia Zafer Çağlayan, precedenti alla crisi. Visite volte al riavvicinamento sulla falsariga del motto: “Zero problemi con i vicini” coniato da Davutoğlu, il quale preconizzava una normalizzazione dei rapporti con i Paesi della regione. Un atteggiamento, peraltro, non in contraddizione con la prospettiva europea della Turchia, costituendo i rapporti di buon vicinato uno dei parametri adottati dalla Ue per valutare i candidati all’ingresso. Disatteso, tuttavia, più volte, non per volontà turca, a partire dal voltafaccia del Presidente armeno Sargysian a Washington, un paio di anni or sono. L’atteggiamento nei confronti di Damasco risente degli sviluppi della situazione internazionale. Le primavere arabe hanno travolto troppi governi – incluso il nostro attualmente retto da una grigiocrazia (3) – esercitando un forte impatto sull’opinione pubblica mondiale. Già durante i fatti di Piazza Tahrir, Erdoğan aveva esortato Mubarak a lasciare le redini del potere. Il modello di Ankara, che vuole essere rappresentativo di un islam democratico e di un soft power proprio ad un Paese emergente, non può in un momento come questo compromettersi sostenendo governi coivolti in fatti di sangue, a prescindere da chi ne sia il burattinaio. Sul fronte siriano, la Turchia sta operando per conto proprio o su mandato della Nato e dell’Occidente? La Turchia fino alla caduta del muro di Berlino è stata l’avamposto strategico della Nato sul fronte mediorientale. Tuttavia il rapporto con la Nato, specialmente a partire dalle guerre del Golfo, è andato lentamente inficiandosi. Basti pensare alla crisi georgiana del 2008 allorché la Turchia, che controlla lo stretto del Bosforo, rifiutò il passaggio di navi da guerra americane di grande tonnellaggio nel Mar Nero, come ha il diritto di fare in base alla Convenzione di Montreux, un trattato internazionale del 1936. Nonostante non si possa dire che i rapporti con la Nato siano compromessi, sul fronte siriano Ankara sta operando per conto proprio. La sua è una realpolitik. «Quando qualcuno vuole disturbare la Turchia, usa il Pkk», ebbe a dichiarare Ahmet Davutoğlu, alcuni mesi or sono (4). Non crede che Ankara stia agendo contro Assad allo stesso modo di quegli Stati che sobillano la minoranza curda in Turchia per colpire il governo di Erdoğan? Il Pkk, soprattutto da noi, in certi ambienti è sempre stato definito portavoce delle istanze curde – pensiamo solo alla vicenda di Öcalan – e ancora è il pretesto per esercitare una forma di destabilizzazione nei confronti della Turchia. Già negli anni Novanta il governo siriano accordava ad Öcalan e al Pkk una protezione che sfociò in una forte tensione tra Ankara e Damasco. Allo stato attuale delle cose, la crisi siriana per la Turchia costituisce un’emergenza da gestire con migliaia di profughi che premono lungo il confine meridionale. Ankara si è trovata costretta a prendere le distanze dal Presidente siriano e ad aprire le frontiere. Il totale dei rifugiati ha superato quota 25.000, considerando oltretutto la presenza di una minoranza turcofona che vive all’interno del Paese mediorientale. Che la replica da parte turca poi risenta di un certo pragmatismo… chi la fa se l’aspetti! Attualmente la Turchia – come ricordava Alberto Negri su Il Sole 24 Ore del 30 maggio 2012 – “è in rotta con Baghdad, ha rapporti complessi con l'Iran e si è alienata Israele” (5). Considerando che il motto di Ahmet Davutoğlu è “zero problemi con i vicini”, non è ancor più sorprendente lo scenario delineato poc’anzi? Come già detto precedentemente, la svolta politica della Turchia, risente degli sviluppi della situazione internazionale. Che il motto di Davutoğlu abbia affievolito la sua forza d’urto è un dato di fatto. Del resto riguardo all’Iraq, la sua progressiva frammentazione accresce il rischio per Ankara della creazione di un Kurdistan indipendente da Baghdad con conseguente destabilizzazione del sud-est del Paese. Mentre il deterioramento dei rapporti con la Siria condiziona, di riflesso, quelli con l’Iran da sempre legato ad Assad. Per quanto riguarda Israele, la conflittualità scaturisce esclusivamente dall’appoggio di Ankara alla causa palestinese, come hanno dimostrato i fatti relativi alla “flottiglia turca” e precedentemente il discorso di Erdoğan a Davos. L’ambizione turca di entrare a far parte dell’Unione europea resta immutata rispetto al passato? È evidente che, vista la situazione in cui versa l’Europa, l’atteggiamento di Ankara non può essere che quello di rimanere in stand by. Raddoppiando di Pil a colpi di dieci punti l’anno, fosse entrata nell'Unione la racconterebbe diversamente la stagione neo-ottomana e in Maghreb. Del resto, come afferma l’Ambasciatore Carlo Marsilli, “La situazione di stallo gioca contro l’UE e le sue ragionevoli ambizioni di contare sulla scena internazionale. Senza la Turchia l’UE non riesce ad essere una potenza globale. Senza la Turchia i Paesi balcanici, a parte la Croazia, non entreranno mai e il Mediterraneo sarà sempre più considerato dall’asse franco-tedesco, che guarda solo a est, come un confine lontano, e di conseguenza l’Italia alla periferia dell’Europa” (6). Qual è lo stato attuale delle relazioni turco-russe? Con la Russia i rapporti negli ultimi anni sono migliorati. Si pensi solo al vertice trilaterale svoltosi il 6 agosto 2009, ad Ankara, fra Tayyip Erdoğan, Vladimir Putin e Silvio Berlusconi, durante il quale è stato sottoscritto un protocollo di cooperazione Eni e Gazprom al 50%, per la realizzazione del gasdotto South Stream attraverso il Mar Nero (7). Progetto che, secondo una precedente dichiarazione di Medvedev, non escluderebbe il Nabucco (8), ma che mirerebbe piuttosto a convogliare il gas russo in Europa aggirando le zone di transito più problematiche, Ucraina in primis (9). Ankara ha ottenuto altresì il sostegno russo alla realizzazione dell’oleodotto Samsun-Ceyhan (10). In definitiva, un partenariato economico con la Russia sebbene adombrato da un’atavica rivalità. Non scordiamo l’appartenenza linguistico-culturale al mondo turco di un’ingente parte della Federazione Russa. Sul piano interno, come giudica i recenti provvedimenti adottati dal governo turco (dalla riforma scolastica che introduce corsi facoltativi sul Corano e sulla vita del profeta Maometto alle campagne contro l’alcol e il fumo, fino alla recente svolta anti-abortista)? Mi sembra che da noi le cose non siano poi così tanto diverse. Pensiamo solo alle nostre recenti battaglie per i crocefissi et similia. Sono questioni identitarie importanti, legate alla consapevolezza che una nazione deve avere della propria storia. Malgrado ciò, così come tutti gli italiani non sono dei baciapile altrettanto i turchi non hanno tutti il callo in fronte a forza di genuflessioni. Settant’anni di kemalismo laicista non si possono certo cancellare con un colpo di spugna. Credo che quanto a secolarizzazione non siamo troppo distanti gli uni dagli altri. Peraltro, la Turchia è innanzitutto la terra dei lupi e della Mezzaluna. Tuttavia, “essa dovrà adattarsi a modificare il proprio monoculturalismo islamico così come l’Europa dovrà fare del proprio monoculturalismo cristiano” come scrive sempre Carlo Marsilli (11).
NOTE: (1) Monica Ricci Sargentini, Erdogan: «Sono pronto a richiedere l’intervento militare Nato in Siria», Corriere della sera, 7 maggio 2012, pag.23. (2) Aa. Vv. La profondità strategica turca nel pensiero di Ahmet Davutoğlu. Centro Studi “Vox Populi”, Pergine Valsugana, 2011. (3) Daniele Lazzeri, Augusto Grandi, Andrea Marcigliano, Il Grigiocrate, Mario Monti, nell'era dei mediocri, Ed. Fuorionda, 2012. (4) Gian Micalessin, Torna il terrore curdo in Turchia. Una raffica di attacchi fa strage, il Giornale, 20 ottobre 2011, pag.15. (5) Alberto Negri, Il mondo isola il regime di Assad, Il Sole 24 Ore, 30 maggio 2012, pag.20. (6) Carlo Marsilli, in Rivista: Nodo di Gordio, anno I, numero 1, pag. 81. (7) Türkiye-Rusiya arasında çok hassas imza, 6 agosto 2009, (8) Reuters, Russia wins Hungary for South Stream gas Project, 25 febbraio 2008, (9) Putin e Erdogan firmano l’accordo, il gas russo passerà per il Mar Nero, 6 agosto 2009, (10) Türkiye-Rusiya arasında çok hassas imza, art.cit. (11) Carlo Marsilli, op.cit. pg. 78
8 giugno 2012 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA |