Beppe Niccolai, il missino e l’eretico. Intervista con Alessandro Amorese Stampa E-mail

Beppe Niccolai, il missino e l’eretico. Intervista con Alessandro Amorese

a cura di Francesco Algisi

 

amorese_niccolai   Alessandro Amorese, 36 anni, è laureato in Scienze Politiche. Impegnato nella militanza politica fin da giovanissimo, è consigliere comunale del Pdl di Massa (il più votato del centro-destra). Attualmente è uno degli animatori dell'Associazione culturale Avamposto della Tradizione, che ha creato uno spazio ‘non conforme’ nel centro di Massa. Giornalista e fotografo, nel marzo del 2008 ha fondato con due amici il giornale telematico www.quotidianoapuano.net. Collaboratore di diverse testate, tra cui Area, Laboratorio 99, Identitario.org, L'Opinione, ha da poco dato alle stampe il volume Beppe Niccolai. Il missino e l’eretico (Eclettica edizioni, pagg.270, euro 16,00), in cui ha ricostruito il percorso umano e politico dell’esponente pisano del Msi.

  Dottor Amorese, nelle pagine introduttive del volume, lei scrive che alcuni "strattonano Niccolai nel duemila, essendo sicuri delle scelte che avrebbe fatto". A chi si riferisce in particolare?

  Negli ultimi anni alcuni ambienti del variegato mondo della destra politica hanno iniziato a citare sempre più spesso Niccolai e alcune delle sue idee e/o vicende. In particolar modo sul Secolo d’Italia abbiamo letto spesso articoli o riferimenti diretti a Niccolai, soprattutto nell’ambito delle polemiche interne al Pdl, all’accusa di poca libertà interna, ecc. Senza entrare nel merito dell’attualità, poiché non è il tema del mio saggio, trovo molto difficile essere certi delle scelte che avrebbe fatto: un personaggio così complesso non può essere facilmente interpretato nell’attualità vent’anni dopo la sua morte. Non è facile nemmeno sapere che cosa avrebbe fatto e pensato dopo la caduta del muro di Berlino, durante Tangentopoli, prima e dopo Fiuggi, ecc. Figuriamoci oggi. Inoltre trovo un po’ pretestuose certe citazioni dell’ambiente neo-finiano: per citare due soli episodi, fu Fini, allora Segretario Msi, a sospendere Niccolai dopo l’Odg ‘beffa’ alla Direzione Nazionale missina e a non consentire la pubblicazione sul Secolo d’Italia di un intervento di Niccolai sul caso Sofri.

  Come interpreta la posizione filo-israeliana di Niccolai di cui parla a pag. 35?

  Per il Niccolai missino doc, in quel periodo (anni ’60-’70) Israele ed il suo popolo rappresentavano l’orgoglio nazionale difeso e declinato quotidianamente in trincea.

  Tale posizione venne abbandonata nella fase "eretica"?

  Nel Niccolai eretico non c’è una abiura di questa idea ma c’è una palesata simpatia anche per il popolo palestinese e per la sua lotta per l’autodeterminazione. In questo è stato sicuramente decisivo il rapporto fortissimo con il Fronte della Gioventù, molto vicino a quella lotta. Ci sono poi le idee sulla svolta geopolitica dell’Italia: un’Italia protagonista del Mediterraneo, con una strategia che entrasse concretamente in un mondo in prospettiva non più ‘bipolare’ ma ‘multipolare’. Per Niccolai era l’Europa e specialmente l’Italia che si dovevano occupare del Medio Oriente, rivedendo anche le vecchie logiche dell’alleanza con gli Usa in chiave più concorrenziale.

  Lei scrive – pag. 62 - che Niccolai, nel corso della sua attività parlamentare, fu primo firmatario di 20 proposte di legge e cofirmatario di altre 77. Potrebbe ricordarne alcune?

  Le più significative sono sicuramente la proposta della ‘Istituzione di un’anagrafe tributaria dei membri del Parlamento’ e quella dell’‘Istituzione del Consiglio rappresentativo delle forze armate’. Come cofirmatario cito su tutte la proposta dell’‘Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta per la moralizzazione della vita politica italiana. Accertamento delle responsabilità di società e di enti economici o finanziari pubblici e privati e dei servizi speciali italiani e stranieri in danno allo Stato’.

  Perché, alle elezioni politiche del giugno 1976, Niccolai, pur risultando il più votato nella circoscrizione Massa-Lucca-Pisa-Livorno, non venne rieletto (pag. 68)?

  Semplicemente perché dalle elezioni del 1972 a quelle del 1976 l’Msi nel collegio Massa-Carrara, Lucca, Pisa, Livorno perde quasi 15000 voti e due punti percentuale: con questo risultato il macrocollegio perde il seggio missino per il meccanismo del sistema proporzionale dei cosiddetti resti. Anche Niccolai diminuisce il numero delle preferenze personali passando dalle 14.791 del maggio ’72 alle 9.036 del giugno ’76.

   Come va interpretata l'ammirazione manifestata da Niccolai nei confronti di Giovanni Paolo II (pagg.108-109)?

  Come una stima sia intima sia politica verso un Papa che in quegli anni (Niccolai cita Wojtyla soprattutto nel congresso di Roma dell’84, nella ‘stazione del sacro’) per il politico pisano rappresenta l’identità europea, lo spirito contro la materia del denaro. Lo vede soprattutto in chiave anti-mercantilistica, contrapponendolo infatti a Ronald Reagan, ‘uomo di destra’ dice, che incarnava per Niccolai la visione più consumistica dell’occidente.

   In un documento citato nel testo (pag. 114), Niccolai spiegava che, dopo trent'anni di governo DC, l'Italia era divenuta "il paese meno cristiano d'Europa". Questa è una semplice constatazione o deve essere letta come un’accusa?

  Entrambe: per Niccolai la DC era il male principale dell’Italia e doveva essere ritenuto il primo nemico da combattere da parte del Msi ancora prima del PCI. La DC ha scristianizzato l’Italia ‘regalandole’ aborto, droga, decadimento morale, decenni di voti dati per paura a causa della strategia della tensione o per abitudine, ‘con il vomito alla bocca’. Insomma per Niccolai il potere democristiano ha tolto la fede al popolo italiano, l’ha ridotto ad un ‘territorio occupato da missili’, dove la DC è il ‘partito proconsole’ di una nazione a indipendenza limitata perché telecomandata dagli Usa.

  Qual era il rapporto di Niccolai con la religione cattolica?

  Niccolai era profondamente cattolico, personalmente e per tradizione famigliare. Nella prima parte della sua vita politica l’essere cattolico lo porta a schierarsi ferocemente contro la droga, il divorzio e l’aborto. Anche per questo è molto moralista: caratteristica che si trova facilmente in interventi, documenti e soprattutto articoli del primo periodo (quello che ho delineato come ‘missino doc’). In seguito tratteggia la religione cattolica come una delle caratteristiche identitarie dell’Europa dei popoli, come una tradizione della nazione italiana ed europea (‘l’Italia delle Cattedrali’). E come ho detto nella risposta precedente, la spiritualità in contrapposizione con il consumismo ed il mercantilismo. Per Niccolai la dottrina sociale della Chiesa doveva essere pienamente inserita tra i valori progettuali del MSI. È chiaro inoltre che il grande rigore morale che ha accompagnato tutta la sua vita deriva anche dalla religione e dall’educazione ricevuta.

  Lei scrive - pag. 145 - che il rigore morale di Niccolai "in alcuni casi sfociava in bigottismo"…

  Ho inserito questa constatazione in seguito a numerose testimonianze di persone a lui vicine. A pagina 145 cito un aneddoto simpatico, ma ce ne sarebbero altri: per esempio da deputato litigava o toglieva il saluto ai colleghi che confessavano di avere l’amante a Roma!

  Niccolai fu assertore dell'indipendenza energetica, oltre che politica e culturale, dell’Italia (pag. 153). Quale posizione assunse in occasione del referendum del 1987 sul nucleare?

  Ammetto di non poter dare una risposta scientifica: non ho trovato in nessun archivio la posizione ufficiale di Niccolai su quel referendum. Ci sono scritti dove, parlando dei referendum come quello sul nucleare, ne elogia la grande partecipazione e interesse popolare contrapponendola al disincanto verso i partiti ormai lontani dalla gente comune. Anche le persone che ho potuto contattare per rispondere a questa domanda non hanno risolto il problema perché da una parte si è sicuri della posizione pro nucleare di Niccolai soprattutto per la vena modernizzatrice oltre che per l’idea di un’Italia indipendente e autosufficiente. Dall’altra parte si ipotizza invece un invito a votare contro il nucleare per la grande sensibilità dimostrata ai problemi ambientali e alla stretta collaborazione con la dirigenza del Fronte della Gioventù di quel periodo, schierata fortemente contro il nucleare.

   Niccolai fu un convinto sostenitore del dialogo con i socialisti. Chi furono i suoi interlocutori all’interno del PSI di Craxi?

  Furono soprattutto Rino Formica e l’ambiente della rivista Mondo Operaio. Con il primo il dialogo era molto costante: all’ex ministro socialista Niccolai invia nel settembre dell’83, per sottolineare come nel Msi era in corso un dibattito alla luce del sole, l’intera sua relazione al terzo Campo Scuola del Fronte della Gioventù (svoltosi a Montesilvano, in Abruzzo), dal tema ‘Craxi-Almirante: la civiltà del dialogo’. Questa relazione fu tenuta due mesi dopo la nascita del primo Governo Craxi, con le prime aperture al Movimento Sociale e segna l’inizio di un grande dibattito interno, con Almirante che in un primo momento era sensibile alle idee aperturiste di Niccolai. Comunque Niccolai e Mennitti sono coloro che avranno il confronto più duraturo con i socialisti che ritenevano strategicamente positivo un rafforzamento elettorale missino in chiave di concorrenza alla DC. Da sottolineare anche che Niccolai aveva un ottimo rapporto anche con Massimo Cacciari con il quale stava preparando un grande convegno di politica e cultura, prima dell’aggravarsi delle sue condizioni fisiche.

  A pag. 164 si legge che Niccolai auspicava "un approccio laico nei confronti della politica"…

  È questa una delle tante differenziazioni tra le due ‘epoche’ di Niccolai: nella parte ‘eretica’ infatti Niccolai capisce che era finito il momento delle contrapposizioni che avevano diviso da decenni il popolo italiano. Andava chiusa un’epoca, passando oltre le vecchie dicotomie destra-sinistra, (neo)fascismo-antifascismo, superando la politica urlata, di opposizione sterile che non avrebbe mai proiettato il Msi oltre il 6 per cento. Un approccio laico significa quindi anche aprirsi al dialogo con ‘gli altri’, scatenare il dibattito interno su tutto, mettendo in discussione le vecchie parole d’ordine del missinismo classico. Chiudere quindi il ghetto e spalancare le porte missine, pur rimanendo salde le radici ideali, alla legittimazione e alla futura destra di governo. In questo possiamo dire che fu il primo modernizzatore e profetico, compreso solo da una piccola parte del Movimento Sociale.

  Niccolai ebbe “un approccio laico” sul divorzio, l’aborto, ecc.?

  Era improbabile che negli anni ’60 e ’70 un parlamentare o un dirigente missino potesse avere un approccio a quelle questioni, che non risentisse della vicinanza alla religione cattolica, se non altro per una questione di elettorato e di diga anti comunista. Si veda per esempio il Machiavelli (mensile diretto da Niccolai) del marzo ’74 dove si trova il ‘vademecum per il 12 maggio’, data del referendum sul divorzio: Niccolai e il Msi fanno ufficialmente campagna per il Sì all’abolizione della Legge Fortuna Baslini. Sulle colonne del Machiavelli Niccolai spiega questa posizione basandola su alcuni punti fermi: ‘Per battere il comunismo occorre votare ‘si’ , ‘Il rispetto della parola data’, ‘È civile disperdere la famiglia in un paese che ha messo al bando tutti i valori tradizionali?’.

  Da chi è stata raccolta l'eredità politica di Beppe Niccolai?

  Come ho scritto nell’Introduzione, parlare del ‘dopo Niccolai’ non era tema del mio saggio. Non mi sottraggo però alla domanda che è sicuramente stimolante. Conosco bene l’ambiente della destra politica italiana e posso dire con certezza che c’è una parte ben precisa, una corrente, un filone identitario che ha sempre, fin dalla sua morte, portato avanti non solo il ricordo ma anche molte delle idee e dei progetti di Niccolai. Parlo della cosiddetta ‘Destra Sociale’, che ha in Gianni Alemanno il leader politico e ha avuto in Giano Accame, storico amico di Niccolai, l’intellettuale di riferimento. Il primo progetto politico della corrente, e cioè ‘Cantiere Italia’ viene presentato proprio a Pisa, non a caso, ma in segno di continuità con l’esperienza lasciata da Niccolai. Va ricordato poi che l’erede politico, che quantomeno riceve il testimone elettorale nel collegio dove veniva eletto Niccolai, è Altero Matteoli, nonostante fosse livornese e non pisano. C’è poi tutto un mondo che ha sempre seguito le orme di Niccolai, che uscì dal Movimento Sociale durante o subito dopo la fine della Segreteria Rauti, che però si è diviso in mille rivoli, da quelli della destra radicale al disimpegno politico. Fa poi sicuramente discutere l’attuale compagine che ruota intorno a Gianfranco Fini: in Futuro e Libertà ci sono seguaci e amici di Niccolai, come Enzo Raisi, Fabio Granata e Adolfo Urso, ma anche personaggi che lo hanno avversato proprio nel periodo della critica interna, come Mirco Tremaglia e lo stesso Fini che lo sospese dopo la ‘beffa’ alla Direzione Nazionale.

26 ottobre 2010

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