Giuseppe Solaro, il fascista che sfidò la Fiat e Wall Street. Intervista con Fabrizio Vincenti Stampa E-mail

Giuseppe Solaro. Il fascista che sfidò la Fiat e Wall Street

Intervista con Fabrizio Vincenti

a cura di Francesco Algisi

 

vincenti solaro  Fabrizio Vincenti è nato e vive a Lucca. Laureato in Economia e Commercio con una tesi sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, è giornalista pubblicista. Collabora con "La Nazione" ed è direttore del quotidiano telematico "Gazzetta Lucchese". Ha recentemente dato alle stampe il volume "Giuseppe Solaro. Il fascista che sfidò la Fiat e Wall Street" (Eclettica Edizioni, pagg.303, € 16,00), una biografia molto documentata e obiettiva del più giovane federale della Repubblica Sociale Italiana, assassinato dai partigiani alla fine di aprile del 1945.

  Dottor Vincenti, quanto fu determinante il ruolo di Giuseppe Solaro nel "successo" ottenuto dal Pfr nella città di Torino, che divenne, "dopo Milano, la seconda federazione come numero di iscritti di tutta la Repubblica sociale italiana" (pag.23)?

  La Federazione era già molto consistente anche durante il Ventennio, frutto prima di tutto delle dimensioni della città. E comunque il Fascismo torinese, sia pure in un ambiente fortemente ostile, ha avuto una sua importante storia e tradizione. Furono comunque molti i giovani a prendere la tessera.

  Perché Solaro collaborò con "La Stampa", "quotidiano in orbita Fiat", anziché con la "La Gazzetta del Popolo", "considerato più vicino alle posizioni della rivoluzione fascista" (pag.39)?

  È un piccolo mistero che non sono riuscito a sciogliere nel corso delle mie ricerche. Va anche detto che "La Riscossa", settimanale del Fascismo torinese durante la Rsi, venne stampato - anche se solo inizialmente - nelle tipografie de "La Stampa".

  Lei scrive che Solaro si sposò "nella chiesa ottocentesca di San Gioacchino" (pag.57) e morì con i conforti religiosi. Alla luce di questi fatti (e di altri come, per esempio, la partecipazione alla Messa di Natale nel 1944 e la prima comunione della figlia primogenita, Franca), come definirebbe il rapporto del federale di Torino con la religione cattolica?

  Solaro era sicuramente cattolico, potremmo semmai definirlo un ghibellino, usando un'espressione che ci riporta al Medioevo: più volte egli ha ribadì che la religione doveva occuparsi di salvare le anime e non fare politica. Certamente l'appoggio dato a volte apertamente ai partigiani da settori importanti del clero piemontese, arcivescovo in testa, lo mandò su tutte le furie. Ma la fede, per quanto ho potuto verificare, non è venuta mai meno. Anzi.

  A pag.58 si legge che Solaro fu "inevitabilmente quanto strumentalmente indagato" per "profitti di regime"...

  Il ripulisti a fine guerra fu generalizzato, una giustizia sommaria, un tritacarne che tentò di far passare come malfattori e profittatori tutti coloro che avevano ricoperto incarichi. Nemmeno Solaro, per l'importanza dell'incarico ricoperto, poté sfuggire a queste accuse. Ma la realtà è che non lasciò nulla alla sua famiglia: era povero e lo rimase. Con grande dignità.

  Come spiegherebbe la "via fascista al socialismo e alla giustizia sociale" che rappresentava la "strada maestra" (pag.74) di Solaro?

  L'idea che ha accompagnato Solaro per tutta l'esistenza è stata che il Fascismo fosse la via italiana al Socialismo, ovvero l'unica strada per superare le ingiustizie nella produzione e distribuzione della ricchezza e che garantisse un futuro da protagonista all'Italia. Un'idea che lo ha animato dall'inizio alla fine con grande convinzione.

  Qual era l'origine dell'antigiudaismo di Solaro (cfr. pag.82)?

  Era l'origine comune a tutti o quasi coloro che hanno aderito al Fascismo a maggior ragione repubblicano. Ovvero che gli ebrei cospirassero contro l'Italia, ne fossero un corpo estraneo e dunque fossero da ritenere nemici. Era in buona compagnia, basta pensare agli scritti del giovane Giorgio Bocca e di tanti altri che poi si sono ripuliti a fine guerra, magari grazie al salto del fossato politico.

  Il federale torinese del Pfr era inviso ai nazionalsocialisti (cfr. pag.107)?

  I rapporti con Solaro sono stati attraversati da varie tensioni: egli aveva il partito e l'Italia avanti tutto. Quando i tedeschi, come spesso accadeva, tentavano di forzare a loro vantaggio la situazione, il conflitto era inevitabile.

  In che cosa differiva la posizione di Solaro da quella di Alessandro Pavolini durante la Rsi (cfr. pag.136)?

  Solaro aveva una visione sicuramente più di sinistra di Pavolini: era e rimase uno dei fascisti più di sinistra della Rsi. I rapporti tra i due, comunque, erano molto buoni e Pavolini aiutò più volte politicamente il federale di Torino.

  La visione di Solaro, che auspicava la "fusione" tra lo Stato e il Partito (cfr. pag.137), può essere definita totalitaria?

  In parte: Solaro chiarisce che questa visione non implicava un totalitarismo in tutti i campi; in economia, per esempio, escludeva che dovessero essere per forza iscritti al Partito per gestire le questioni economiche.

  Come intendeva risolvere Solaro il problema degli internati in Germania (cfr. pag.143)?

  Per Solaro, ma non solo per lui, il problema era uno dei tanti campi dove la propaganda partigiana rischiava di attecchire, del resto era pieno di famiglie che avevano un internato in Germania. Sollecitò più volte il rientro, ma chiaramente non poteva fare altro che sollevare il problema. Anche con il Duce.

  Chi erano gli squadristi torinesi di cui il federale del Pfr cercava il consenso (cfr. pag.168)?

  Erano quelli che avevano creato il Fascio torinese, dunque primariamente quelli della generazione precedente alla sua che avevano vissuto la Marcia su Roma.

  Solaro auspicava la "socializzazione del commercio primario" (pag.173)...

  Fu un fervente sostenitore delle mense aziendali per combattere la borsa nera come pure degli spacci aziendali dove poter acquistare a prezzi contenuti. Anche in questo la sua matrice di fascista di sinistra è pienamente confermata.

  Lei scrive che l'idea di Fascismo in cui Solaro credette "sino in fondo" fu priva di "eterodossie" (pag.210)...

  Solaro non ha mai abbandonato, a differenza di tanti, le sue convinzioni: i suoi scritti, nel corso degli anni, segnalano degli inevitabili passaggi, ma la sostanza non cambia. Fu fedele ai suoi princìpi e alla convinzione che Mussolini fosse la guida giusta per l'Italia.

  Perché, dopo la pubblicazione del celebre articolo di Concetto Pettinato "Se ci sei batti un colpo", i rapporti di Solaro con "La Stampa" si interruppero (cfr. pag.222)?

  Perché in quel momento Solaro fu al centro di un attacco interno che mirava a disarcionarlo dalla guida della federazione torinese. In quel contesto gli attacchi di Pettinato, che furono presi a pretesto dagli oppositori interni torinesi, furono visti come funzionali anche alla sua sostituzione. Inevitabile che i rapporti si raffreddassero. Riprese a scrivere sulla "Stampa" solo dopo parecchi mesi.

  La federazione di via Carlo Alberto, dove viveva e lavorava Solaro – si legge a pag.245 -, nell'ultima fase della Rsi era "un edificio ormai circondato da filo spinato e sentinelle". Quindi, hanno ragione i sostenitori dell'estraneità dei fascisti repubblicani rispetto al contesto politico e sociale torinese?

  Ogni giorno a Torino cadevano militi e iscritti al Pfr: la guerra era per strada: lei starebbe vicino a chi è un possibile bersaglio? Il clima era terribilmente drammatico. Ma questo vale anche per i partigiani: venivano visti con ostilità in molti paesi per paura delle rappresaglie fasciste e naziste. La guerra civile è stata combattuta da minoranze, è bene non dimenticarlo.

  Che cosa pensa della testimonianza (riportata a pag.250) di Piera Gatteschi, comandante del Servizio Ausiliario Femminile della Rsi, secondo la quale Solaro si "sentiva comunista, ma era fascista"?

  Che Solaro non era comunista, ma un socialfascista. Come Benito Mussolini. Come tanti che sono caduti in quel periodo.

  Perché alla fine di aprile 1945 Solaro decise di restare a Torino (cfr. pag.285), andando così incontro alla morte per mano partigiana?

  Un rebus irrisolvibile. È uno dei misteri destinati a restare tale. Le sue mosse sono almeno apparentemente contraddittorie, probabilmente contava di trattare una resa onorevole e di potersi difendere: non aveva fatto i conti con la voglia di sangue che colorò l'Italia in quei giorni. Una mattanza pazzesca, da girone infernale dantesco.

  Come giudica quanto riferisce Claudio Pavone nella famosa opera "Una guerra civile" (Bollati Boringhieri, 2006, pag.510), secondo cui Solaro in punto di morte avrebbe detto: "Non fatemi del male. Io sono sempre stato socialista"?

  Un tentativo penoso di screditare chi è morto e non si può difendere. Per Solaro parlano le foto con cui ha saputo affrontare la morte e la testimonianza del sacerdote che lo ha accompagnato al supplizio. La propaganda comunista spesso mira a uccidere moralmente il nemico, non solo fisicamente.

  Lei scrive che Solaro apparteneva "alla schiera dei giovani fascisti come Berto Ricci, Guido Pallotta e Niccolò Giani" (pag.198). Egli, tuttavia, a differenza di questi ultimi, non poté vantare "grandi esperienze" (pag.189) come volontario nella "guerra del sangue contro l'oro"...

  Per un problema generazionale: Solaro partì per la Spagna a 22 anni, ma era nato nel 1914, Berto Ricci, tanto per dire, nel 1905. Solaro apparteneva alla generazione dei fratelli minori di quei giovani fascisti.

  Nel 1936, Solaro vestì "l'uniforme dei volontari inviati nella guerra civile spagnola a fianco del generale Franco" (pag.55). Non è singolare questa partecipazione di un fascista rivoluzionario come Solaro a un conflitto in cui – come scrisse Tullio Cianetti nelle "Memorie dal carcere di Verona" (Rizzoli, 1983, pag.269) – "per un complesso ordine di motivi nati dagli orientamenti della politica estera italiana, ci trovammo improvvisamente a dover considerare nemici gli unici spagnoli che avevano mostrato un serio interesse per la politica sociale del fascismo", cioè la Federazione Anarchica Iberica di Barcellona? Solaro non sentì, a differenza di Cianetti, "il disagio di dover conciliare nel proprio spirito le esigenze della politica estera nazionale con le proprie ideologie e tendenze"?

  La guerra di Spagna fu combattuta non solo dagli anarchici, peraltro in parte massacrati dai comunisti, ma anche da questi ultimi. Fu una guerra ideologica e per quanto il modello statale franchista fosse molto distante da quello auspicato da Solaro ma anche dal Fascismo italiano, era chiaro che la camicie nere non potevano che cercare di impedire la deriva comunista nella penisola iberica.

 

12 marzo 2015

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