Gazprom: il nuovo impero. Intervista con Stefano Grazioli |
Gazprom: il nuovo impero
Stefano Grazioli (Sondrio, 1969) ha lavorato in Germania e Austria per diversi media. A Vienna ha diretto tra l’altro la redazione telematica del quotidiano Kurier. Dal 2003 vive tra l’Italia, Bonn, Mosca e Kiev lavorando come freelance per testate italiane e straniere. Si occupa da tempo di Russia e dei Paesi dell’area postsovietica. In Italia ha pubblicato La galassia neonazista in Germania e Austria (2002), Vladimir Putin, la Russia e il nuovo ordine mondiale (2003), Nel nome della gente, populisti estremisti e leader carismatici nell’Europa d’oggi (2004). Dottor Grazioli, nel suo recente volume Gazprom. Il nuovo impero (Lantana Editore, 2011), lei prevede (cfr. pag. 25) che gli altri oligarchi non faranno mai la stessa fine di Khodorkovsky… Più che una previsione è un dato di fatto. Mikhail Khodorkovsky è l’unico grande oligarca che è finito dietro le sbarre perché i suoi piani politici ed economici andavano a scontrarsi con gli interessi nazionali strategici russi. Non ha accettato il patto offerto da Putin di non impicciarsi delle cose politiche in cambio di continuare a fare il proprio business. È stato vittima di un sistema che lui stesso ha creato. Il sistema eltsiniano è finito con l’arrivo di Putin al Cremlino, nuove regole sono state stabilite ed è probabile prevedere che la maggior parte dei giocatori politici ed economici in campo continuerà ad attenersi. Chi sono i “nazionalisti di Stal” (cfr. pag 43), che dall’inizio di quest’anno affiancano il movimento giovanile “Nashi” come sostenitori di Putin? Ogni tanto nei dintorni del Cremlino nascono organizzazioni che hanno il compito di affiancare nei vari strati della società e al di fuori del parlamento i partiti del potere. Stal è una di queste, uno strumento ad hoc, non un movimento spontaneo, che in realtà è difficile trovare ormai ovunque. I comunisti di Zyuganov – si legge a pag. 45 – “non credono quasi neppure più a sé stessi”. Che cosa significa? Il comunismo in Russia, e non solo, non esiste più. Rimangono i nomi dei partiti, organizzazioni che sono mosse però da interessi sempre meno ideologici. Quali vantaggi trae, sul piano politico, “chi in Europa segue la via del gas russo” (cfr. pag.67)? Senza buoni rapporti politici non si possono raggiungere buoni rapporti economici. Europa e Russia si completano a vicenda poiché l’una ha bisogno di quello che l’altra ha. Know-how e risorse. I tedeschi, i peggiori nemici continentali dei russi dai tempi di Stalin e Hitler, dalla fine della Guerra Fredda sono diventati i migliori partner di Mosca, grazie ad eccellenti rapporti politici e personali dei vari leader che da una parte e dall’altra si sono dati il cambio. Lei scrive che, in seguito alla “caduta di Milosevic” in Serbia, “l’influenza russa ha iniziato pian piano a crescere” (pag. 92)… Si tratta di una contemporaneità con il fatto che il periodo eltsiniano ha coinciso con la debolezza della Russia sul piano internazionale. Caduto Milosevic, la questione del Kosovo, Putin al Cremlino e Mosca più decisa sulla scacchiera mondiale hanno favorito una maggiore attenzione russa sui Balcani. A pag. 109, si legge che “l’asse Mosca Berlino” – definito “il più solido che passa dal Cremlino a una capitale europea occidentale” – preoccupa taluni Paesi. Questi timori sono fondati? Ogni Paese valuta dalla propria prospettiva. Polonia e Ucraina, ad esempio, che nel futuro prossimo saranno tagliate fuori dal gas russo e centroasiatico che passerà da nord (Nordstream) o da sud (Southstream e Nabucco) avranno degli svantaggi economici senza il transito. E dovranno recuperare da altre parti. Agitare i fantasmi del passato (Molotov-Ribbentrop) c’entra poco con il mercato. Perché la “variabile cinese” per il gas e il petrolio della Russia è “impraticabile e lo sarà per un po’ di tempo” (pag. 125)? I tubi non si spostano né si costruiscono in quattro e quattr’otto. Il mercato più importante per la Russia è quello europeo e lo rimarrà. I cinesi non sembrano inoltre aver molta voglia di legarsi a Mosca e cercano altre vie. Chi, in particolare, non gradisce i buoni rapporti sussistenti tra l’Italia e la Russia (cfr. pag.139)? I file di Wikileaks hanno confermato una certa insofferenza di parte dell’establishment americano ai buoni rapporti italo-russi soprattutto in campo energetico. Si tratta di una storia vecchia, che ha alla sua origine l’Eni di Mattei e il suo voler cercare altre strade in maniera indipendente. Riuscirà l’Italia a “emanciparsi dalle correnti atlantiche”? E soprattutto sarà in grado di non “cadere in quelle siberiane” (pag.145)? L’esempio della Germania racconta che è possibile trovare un equilibrio. Quanto è diffuso il neo-eurasiatismo nella Russia attuale? La sua diffusione è tutto sommato limitata a circoli èlitari. Dugin non è proprio pane per le masse, anche se le sue teorie sono condivise. Come interpreta le recenti prese di posizione – non proprio coincidenti - di Putin e Medvedev sull’intervento della Nato contro la Libia? Penso che in questo caso, come in altri, si sia assistito a un gioco delle parti. Non programmato in anticipo, s’intende. Ma sia Putin e che Medvedev hanno un ruolo che deriva dal fatto che sono due persone diverse, per formazione e carattere, espressione però di un unico, sfaccettato, gruppo di potere. Alle elezioni presidenziali del 2012 si assisterà a un duello tra Putin e Medvedev? Difficile dire, ora. In autunno i giochi saranno probabilmente più chiari. Ma sarà in ogni caso Putin a decidere chi le vincerà.
10 aprile 2011 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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