John J. Mearsheimer
Ritorno al futuro La crisi dell'Europa dopo la Guerra fredda
La Vela, pagg.171, € 15,00
Pur essendo stato scritto nel 1990, questo saggio di John J. Mearsheimer – che torna in libreria per i tipi dell'editrice La Vela nella traduzione e a cura di Roberto Vivaldelli (e con la Prefazione di Sergio Romano) – rimane attuale e merita attenzione da parte di chi si interessa di politica internazionale e di questioni geopolitiche.
Tesi centrale sostenuta dall'Autore è che l'Europa dopo la Guerra Fredda sarebbe diventata "un luogo molto più pericoloso" rispetto ai decenni precedenti. Un giudizio pessimistico, insomma, nettamente in contrasto con lo spirito dell'epoca emblematicamente rappresentato dalla "fine della storia" di Francis Fukuyama.
Secondo Mearsheimer, sono stati tre i fattori che hanno reso possibile la "tranquillità dell'era postbellica" in Europa: "la bipolarità della distribuzione del potere sul Continente, l'approssimativa uguaglianza in termini di forza militare tra i due stati "polari", infine la comparsa di armi nucleari, la quale ha espanso notevolmente la violenza della guerra, rendendo la deterrenza molto più efficace".
Ritroviamo in questo testo dei concetti fondamentali che l'Autore ha ben spiegato nel suo capolavoro "La tragedia delle grandi potenze". Per esempio, quello relativo alla natura anarchica del sistema internazionale, che "crea potenti incentivi per l'aggressione".
Tra le due "principali modalità di potere possibili tra gli stati" – bipolarismo e multipolarismo – Mearsheimer ritiene "più pacifico" il primo. Per tre ragioni: "innanzitutto, il numero di coppie in conflitto è minore, il che limita la possibilità di una guerra; in secondo luogo, la deterrenza è più facile, perché i disequilibri di potere sono meno numerosi e più facilmente evitabili; in terzo luogo, le prospettive di deterrenza sono maggiori perché gli errori di valutazione circa il potere relativo e la risolutezza degli avversari sono meno numerosi e meno probabili". Al contrario, un mondo multipolare, "dove dominano tre o più grandi potenze", rende la deterrenza più difficile, "perché i disequilibri di potere rappresentano un fatto ordinario". Da qui si evince – come spiega Davide Ragnolini nella Postfazione – la "matrice neorealista della teoria di Mearsheimer".
La pace è più probabile, inoltre, "quando l'eguaglianza è maggiore tra i diversi poli"; le diseguaglianze di potere, invece, aumentando il potenziale per un'aggressione, "sollecitano la guerra".
Il grado di eguaglianza nel sistema è influenzato dalle armi nucleari, che mantengono la deterrenza "poiché i costi e i rischi di andare in guerra sono palesemente alti. Più è orribile la prospettiva di una guerra, meno è probabile che si verifichi". "La migliore speranza per evitare una guerra nell'Europa post Guerra Fredda è la deterrenza nucleare". Perciò, "gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare la proliferazione limitata e attentamente gestita di armi nucleari in Europa".
Mearsheimer mette poi in guardia dai pericoli dell'"ipernazionalismo", cioè la "convinzione che altre nazioni o stati nazionali siano al tempo stesso inferiori e minacciosi e che debbano quindi essere trattati duramente". |