I demoni di Salvini Stampa E-mail

Claudio Gatti

I demoni di Salvini
I postnazisti e la Lega
La più clamorosa infiltrazione politica della storia italiana


Chiarelettere, pagg.288, € 16,90

 

gatti salvini  Claudio Gatti, inviato speciale del "Sole 24 Ore", cerca di ricostruire in questo libro "un'operazione che ha portato un movimento nato liberista e autonomista, quale era la Lega degli anni Ottanta, ad abbracciare cultura e scelte politiche di chiara impronta nazionalsocialista". Lo fa in maniera tutt'altro che convincente, fornendo tuttavia alcune interessanti informazioni e particolari curiosi sulla storia del movimento leghista.
  Nel 1979, Bossi conobbe, "nell'atrio dell'Università di Pavia", Bruno Salvadori, "l'autonomista valdostano che gli parla del diritto all'autodeterminazione dei popoli contro gli Stati centralisti". Da quel momento decise "di gettarsi a corpo morto nella battaglia autonomista, investendo ogni sua risorsa". Tramite Salvadori, Bossi scoprì "le idee del francese Guy Héraud, che aveva elaborato la dottrina istituzionale del «federalismo integrale», in risposta a quello che lui considerava un «processo di oppressione» delle minoranze etniche e linguistiche da parte dello Stato centralista. Più volgarmente nota come dottrina delle «Piccole patrie» o dell'«Europa dei popoli», è un'idea che si presta a un'interpretazione tanto libertario-sinistreggiante, come quella data da catalani e scozzesi, quanto di estrema destra, come in voga tra i fiamminghi del Vlaams Blok".
  Intorno alla metà degli anni Ottanta, ebbe luogo la prima riunione della Lega a Milano, in piazza Massari, nell'appartamento del dottor Sergio Pegreffi, "che all'epoca presiedeva la Commissione medica arbitrale nazionale e fu tra i primi fan di Bossi" e divenne "il primo segretario della sezione" milanese. I partecipanti erano nove, compreso Bossi. Tra gli altri c'era anche Francesco Speroni, che all'epoca frequentava una libreria milanese di area neofascista.
  Sempre in quel periodo, Bossi decise di candidare il libraio neofascista "amico" di Speroni come "capolista in un turno minore di elezioni amministrative fuori Milano, a San Donato". Salvo poi cambiare idea, quando venne a sapere dei legami del libraio con l'estrema destra.
  Gatti rivela poi che Mario Borghezio chiese "l'iscrizione a una loggia massonica torinese" e successivamente si iscrisse alla Democrazia cristiana.
  L'Autore ha modo di indagare anche sul passato di Matteo Salvini, in particolare sugli anni trascorsi "all'Alessandro Manzoni, in via Orazio, uno dei migliori licei di Milano. Dove sono stati educati Rossana Rossanda, Giorgio Falck, Enrico Mentana, Michele Serra, i tre fratelli Boeri e molti altri milanesi di nome e di successo". Come insegnante di matematica e fisica Salvini ebbe la professoressa Silvana Sacerdoti, figlia di Eugenia Levi, dalle cui memorie Gatti ha tratto le citazioni che concludono ogni capitolo del volume.
  "Quei cinque anni trascorsi nella sezione D del Manzoni – spiega l'Autore - sono essenziali per conoscere Salvini. Non avendo lui frequentato l'università, in quelle aule ha infatti costruito duraturi legami di amicizia. E si è formato umanamente, intellettualmente e politicamente". Sembra che i due migliori amici del "Capitano" durante gli anni del liceo fossero due simpatizzanti di estrema destra...
  L'insegnante di storia e filosofia, intervistata da Gatti, racconta un episodio inedito: "Quando c'erano le assemblee studentesche, se c'erano ragazzi che preferivano rimanere in classe alcuni di noi insegnanti dovevano stare con loro. In una di queste occasioni toccò a me. Si parlava della Seconda guerra mondiale, in particolare della Soluzione finale. A un certo punto uno di loro è venuto fuori con questa frase: "Avranno pur fatto qualcosa gli ebrei per essere trattati in quel modo"." Chi era lo studente che fece quella domanda? Di fronte all'insistenza di Gatti, la professoressa "cede: «È stato... Salvini»."