Il santo maledetto Stampa E-mail

Paolo Buchignani

Il santo maledetto

Meridiano Zero, pagg.208, € 13,00

buchignani santomaledetto  IL LIBRO – Un potente ritratto letterario, questo romanzo storico, originale trasfigurazione narrativa di quel "santo maledetto" che fu Marcello Gallian.
  Un vero artista d'avanguardia, ribelle irriducibile, innamorato del Duce e della Rivoluzione. Nelle pagine del libro compare con il nome di Matteo Galati, si ritira in incognito nella Certosa di Farneta e, prossimo alla morte, in quell'anno cruciale che fu il 1989, racconta la sua storia affascinante e tragica, segnata nel profondo dai miti, dagli errori e dagli orrori di un secolo che volge al termine.
  Matteo-Marcello ne attraversa, puro e disarmato, le vicende decisive: dalla Grande Guerra all'avventura fiumana di D'Annunzio, dal fascismo al secondo conflitto mondiale. Ma anche ambienti e mondi diversi: i ricevimenti a Corte imposti dalle sue origini nobiliari in contrasto con l'immersione catartica tra gli anarchici di Trastevere e nei bassifondi romani, fra miseria, postriboli e conati di rivolta.
  Il monastero di Firenze (dove entra adolescente per diventare santo e salvare il padre adultero dalle fiamme dell'inferno) contrapposto alla "Marcia su Roma" e alla visita a Palazzo Venezia per convincere Mussolini a edificare la "Città del Sole" di Campanella.
  Infine, nel secondo dopoguerra, la Stazione Termini, costretto dalla fame a trafficare con la borsa nera, fra ladruncoli e accattoni. In quel periodo, amareggiato e deluso ma incapace di voltare gabbana, il promettente scrittore degli anni Trenta, caduto in disgrazia e spinto dal bisogno, diventa anche un "ghostwriter", ridotto a vendere il suo ingegno a illustri personaggi abilmente transitati, nello spazio d'un mattino, dall'Italia mussoliniana a quella democratica e antifascista.

  DAL TESTO – "Dopo la "Marcia" sarebbe nato il mondo nuovo: questo pensavo, questo sognavo nella mia ingenuità di ragazzo. E invece nulla accadde. Roma rimase la stessa: i ponti ritti, i negozi aperti, gli ufficiali giudiziari al loro posto, le trippe dei borghesi a gironzolare indisturbate; mendicanti e vagabondi accovacciati in terra con la mano tesa, le puttane prigioniere nei bordelli di Stato.
  "Il Fascio era al governo, chiamato dal re, benedetto dal papa, alleato coi capitalisti e coi liberali di Giolitti: con tutti quelli che avrebbe dovuto spazzar via. Pazienza, pazienza, dicevano, bisogna aspettare, ci vuol tempo e nervi a posto: intanto riporre manganelli e pistole.
  "Li rispolverammo, manganelli e pistole e pugnali, al tempo della Quartarella e dell'Aventino, quando gli antifascisti tornarono in forze e la guerra civile si riaccese: scontri nelle città, morti e feriti da una parte e dall'altra. Fummo noi, gli squadristi, a non mollare. Fummo noi a salvare il Fascio, quando tutto sembrava perduto, e portarlo alla vittoria.
  "Per vent'anni abbiamo rivendicato questo "merito", per vent'anni ci siamo sentiti eroi. Poi sarebbe arrivato il tempo del pentimento e della vergogna, anche dell'espiazione, almeno per me.
  "Fummo noi, alla fine, a imporre al Duce il discorso del 3 gennaio.
  "Esultammo: tutto il potere al fascismo, il trionfo della rivoluzione. Così sembrava.
  "[...]
  "E quel pomeriggio d'agosto, il 5 agosto 1932, il mio primo incontro con Mussolini. Avanziamo verso di Lui, passi paurosi, estenuati, nella sala del Mappamondo immensa, lucida. Guida il drappello Nino d'Aroma col braccio alzato. Così sperduti ci sentiamo tutti, che quando Nino comincia a parlare sembra una prova di coraggio. Parla basso, pacato, parole gravi. Parla da uomo di squadra.
  "Racconta del giornale fatto con la fede da un pugno di ragazzi, delle immonde congiure che si tramano contro i giovani, della losca indifferenza, delle basse invidie dei letterati da caffè. Parole indignate, parole di passione e d'amore.
  "Il Duce ascolta dritto in piedi, le mani afferrate a una cartella. S'intenerisce, quasi si commuove. Sa di aver dinanzi gente libera e fiera, capace di ogni cosa. Alla fine s'abbandona: un sollievo naturale, tutto paterno. Sembrava sincero, forse lo era.
  "Per quell'Uomo ognuno di noi avrebbe buttato la vita senza pensarci un attimo."

  L'AUTORE – Paolo Buchignani, storico e scrittore, insegna Storia Contemporanea all'Università per Stranieri di Reggio Calabria. Collaboratore di "Nuova Storia Contemporanea" e di "Nuova Rivista Storica", ha pubblicato numerosi saggi sulle avanguardie, sul fascismo e sulle interpretazioni del Risorgimento nelle culture politiche novecentesche. Tra i suoi libri più significativi: "Marcello Gallian. La battaglia antiborghese di un fascista anarchico" (Bonacci, 1984); "Un fascismo impossibile. L'eresia di Berto Ricci nella cultura del Ventennio" (il Mulino, 1994, Premio Luigi Russo '94); e poi i bestseller "Fascisti rossi" (Mondadori, 1998, Oscar Mondadori, 2007) e "La rivoluzione in camicia nera" (Mondadori, 2006, Oscar Mondadori, 2007). Come narratore, ricordiamo il romanzo "Santa Maria dei Colli" (1996) e le raccolte di racconti "L'orma d'Orlando" (1992) e "Solleone di guerra" (2008), con la prefazione di Carlo Lizzani.

  INDICE DELL'OPERA – Prologo – Capitolo I - Capitolo II - Capitolo III - Capitolo IV - Capitolo V - Capitolo VI - Capitolo VII - Capitolo VIII - Capitolo IX - Capitolo X – Capitolo XI - Capitolo XII - Capitolo XIII - Capitolo XIV - Capitolo XV - Capitolo XVI - Capitolo XVII - Capitolo XVIII - Capitolo XIX - Capitolo XX - Capitolo XXI - Capitolo XXII - Capitolo XXIII - Capitolo XXIV - Capitolo XXV - Capitolo XXVI - Capitolo XXVII - Capitolo XXVIII - Capitolo XXIX - Capitolo XXX – Capitolo XXXI