Qualcuno era comunista Stampa E-mail

Luca Telese

Qualcuno era comunista. Dalla caduta del Muro alla fine del PCI: come i comunisti italiani sono diventati ex e post

Sperling & Kupfer, pagg.743, Euro 22,00

 

telese_qualcuno.jpg  IL LIBRO - 9 novembre 1989: crolla il Muro di Berlino, finisce un mondo. Pochi giorni dopo, il segretario del PCI Achille Occhetto pronuncia, davanti ai partigiani della Bolognina, parole destinate a cambiare per sempre la politica italiana. È l'atto iniziale della fine del più importante partito comunista d'Occidente. Nei quindici mesi successivi, fino al congresso conclusivo di Rimini del febbraio 1991, la dissoluzione del grande partito di massa si trasformerà in una vicenda intricata e piena di colpi di scena, che assumerà via via toni epici, tragici, a tratti farseschi.

  Qualcuno era comunista, come un romanzo corale, racconta questa storia e i suoi primattori: da Occhetto, il leader neoromantico, arruffato ed emotivo, al suo gelido alter ego Massimo D'Alema; da Pietro Ingrao, il visionario che voleva la luna, al granitico e "britannico" Giorgio Napolitano. Ma la ricostruzione della Svolta (come fu battezzato il trapasso del PCI) è anche una vicenda di popolo, l'ultima storia comunista d'Italia. Intreccia percorsi di vita quasi simbolici come quello del meccanico di Berlinguer, del compagno che rubò il ritratto di Stalin, del grafico che inventò la Quercia o dell'interprete che traduceva gli strappi berlingueriani per il Cremlino. Punteggiato dalle testimonianze dei protagonisti di allora e dal controcanto del più geniale prodotto della satira nostrana - il Cuore di Michele Serra - questo libro svela in cosa consisteva la "diversità" del comunismo italiano, raccontando proprio il momento in cui i suoi valori si avviavano verso un turbolento e, per certi versi, incredibile epilogo. Ma c'è un altro motivo per cui rievocare il terremoto del 1989, vent'anni dopo, ha un senso profondo. Quella storia, infatti, non è finita. Ha lasciato in eredità una sinistra senza identità, incapace di vincere, una classe dirigente bloccata dagli stessi ex quarantenni che pretendevano il ricambio generazionale due decenni prima, un partito che ha mutato nome quattro volte, senza mai cambiare facce. Forse perché, ancora oggi, su tutti i reduci di quella vicenda pesa, come una maledizione, il marchio della Bolognina, della Svolta incompiuta, che li ha resi "post" o "ex" comunisti senza mai riuscire a trasformarli in qualcosa di nuovo.

 

  DAL TESTO - "Quando cade il Muro di Berlino, dopo la Bolognina, i tre principali contendenti che si ritrovarono a duellare nel doppio congresso del Pci disegnarono tre diverse ipotesi politiche fra loro antitetiche, ma tutte diversamente sensate. La prima ipotesi era quella che era stata posta, con la veemenza che abbiamo visto, da Giorgio Napolitano. Un ragionamento che suonava più o meno così: è inutile fare troppi voli pindarici, uscire dal comunismo può voler dire soltanto entrare nella grande famiglia socialista, punto, se non lo sia fa si precipita nell’indeterminatezza (ed è una catastrofe). La seconda opzione era quella per cui si era ostinatamente battuto Pietro Ingrao: uscire dal comunismo reale significa tenere aperto l’orizzonte del comunismo esaltando con orgoglio la diversità della nostra storia. Se non si fa questo, si precipita a destra, punto (ed è una catastrofe). La terza ipotesi, di certo la meno popolare, era quella che abbiamo sentito raccontare da Paolo Flores d’Arcais, e che una parte degli occhettiani condivideva: serve un nuovo e moderno partito azionista di massa. Se non si fa questo si finisce nel neocomunismo o nella veterosocialdemocrazia, punto (ed è, indovina un po’, una catastrofe).

  "Ebbene, sia Occhetto sia D’Alema, nella loro apparente belligeranza e nel loro tratto antropologico evidentemente opposto – in quel 1989 - riuscirono a flirtare con tutte queste ipotesi, e a respingerle tutte e tre in nome di un rilancio apparentemente più radicale, ma in realtà indeterminato. Dal riformismo di Napolitano credevano di prendere lo strumento utile del pragmatismo di governo; dall’orizzonte ingraiano speravano di conservare lo slancio ambizioso dell’utopia; dalla radicalità eticista di d’Arcais mimavano l’ambizione nuovista. Ma alla fine non imboccarono con decisione nessuna di queste strade, precipitando nell’ambiguità e nell’indeterminatezza. Convinti di aggiungere essi stessi, con la loro passione di «giovani turchi» avventurosi, con le loro biografie arrembanti e solide, un valore aggiunto che si rivelò piuttosto un valore sottratto."

 

  L'AUTORE - Luca Telese, 35 anni, giornalista parlamentare. Dal 1999 è a il Giornale, dove scrive soprattutto di politica, ma anche di spettacoli, cultura, varia umanità. Dal 2003 collabora con Vanity Fair. Autore di numerose trasmissioni televisive (Chiambretti c'è, Batti & Ribatti, Cronache marziane), ha condotto il programma Planet 430, scritto insieme a Lorenzo Mieli e Vittorio Zincone. Ha pubblicato La lunga marcia di Sergio Cofferati e Lula! L'uomo che vuole cambiare il Brasile (e il mondo). Il suo sito è www.lucatelese.it.

 

  INDICE DELL'OPERA - Prologo. La svolta - 1. Il giorno del Muro. Occhetto davanti allo schermo e Hitler a Botteghe Oscure - 2. Un tranquillo week end di paura, l'effetto sorpresa, Occhetto nella Sala dei Titani - 3. Un battesimo in assenza dei media, la storia della foto scomparsa e gli altri misteri della Bolognina - 4. L'XI congresso, la Spagna, le mogli di D?Alema e di Veltroni, ovvero: il dissenso del grande vecchio - 5. Lacrime, bandiere, insulti e tessere strappate: assedio al Bottegone - 6. Cuore comunista: la fine del PCI, la nascita del partito della satira - 7. Lo scoop "impossibile" di Sorgi, la fuga di notizie, la premonizione di Napolitano: il mistero del nome e della "Cosa" - 8. Il terremoto dei sentimenti. E Occhetto gridò: "Mi fate passare per scassafamiglie!" - 9. "Sì, il dibattit sì": e improvvisamente le sezioni tornarono a riempirsi - 10. Sparate sul quartier generale: ingraiani e berlingueriani si uniscono, nasce il fronte del No - 11. Il comitato centrale più lungo della storia del PCI, la puzza di morto, la bonaccia e una visita molto particolare di "Gorby" - Intermezzo. Salvador y Pablo, Jorge ed Enrico: il giorno che cambiò la storia del Cile. E dell'Italia - 12. Dal patto del garage alla sfida della leadership: Massimo e Achille, i fratelli-coltelli della Bolognina - 13. Il ritratto di Stalin, Mario il meccanico di Berlinguer e altre storie: un anno di congressi, la guerra nelle sezioni - 14. Ulisse, il binocolo e il samurai: un congresso di lacrime neoromantiche - 15. Paolo, Toni, Norberto & Giovanna: la "magnifica avventura". Storia della Sinistra dei Club, l'antenato dei girotondi - 16. Bozzetti & segreti. Storia dell'uomo che inventò la Quercia (e non solo) - 17. Enrico ed Enrico. Ovvero: la storia di una celebre intervista sulla NATO e quella dell'uomo che traduceva il comunismo in italiano - 18. Achille, Bettino, la Quercia e gli "oligarchi": la presentazione del simbolo e la frattura nel fronte del Sì - 19. Verso l'ultimo congresso, fra il Kuwait, Ariccia e la laicità: guerre, referendum e strane avventure - 20. Rimini, Rimini! Trombature, scissioni & complotti, muore il PCI, nascono due partiti - 21. Lo scoop de "l'Unità", l'Aventino di Capalbio, l'epilogo sotto la neve - Conclusioni - Bibliografia ragionata - Ringraziamenti