Rovesciare il '68. Pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa |
Marcello Veneziani Rovesciare il '68. Pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa Mondadori, pagg.175, Euro 17,00
IL LIBRO - Il 68 è al potere e vigila su di noi. L'onda lunga e corrosiva del 68, l'ultima febbre che attraversò le giovani generazioni in Occidente, pervade ancora la nostra epoca. I rivoluzionari di allora e i loro continuatori sono divenuti la nuova classe dominante nel mondo della cultura e della politica, dei media e dell'istruzione, del sindacato e della magistratura, e primeggiano nel regno del divertimento e della pubblicità. Fallito come rivoluzione politica, il 68 si è mutato in ideologia radical, conformismo di massa e canone di vita. Ha distrutto i valori della tradizione, dell'educazione, della religione, mandando in frantumi scuola e famiglia e lasciandoci in eredità un'ideologia libertina e permissiva sul piano dei valori e dei doveri, dei costumi e dei linguaggi, ma intollerante e repressiva verso chi non si riconosce in quel movimento libertario, nei suoi codici e modelli. Dopo quarant'anni è ormai tempo di bilanci, revisioni critiche e necessarie inversioni di rotta. Marcello Veneziani ripercorre la multiforme eredità della parabola contestataria e critica le ideologie discendenti con un caleidoscopico e caustico bazar di appunti e frammenti, di foto di gruppo e di istantanee di pensiero. Un viaggio attraverso quattro stagioni: l'autunno del 68, "virus di un'epoca riassunto nella superstizione di una cifra"; l'inverno del nostro scontento, tra le ingombranti rovine lasciate dal ciclone sessantottino, soprattutto nell'ambito dell'educazione e della scuola; la primavera della famiglia distrutta dall'ideologia contestataria; infine l'estate della tradizione, intesa come vera trasgressione futura, capace di ricomporre i frammenti di una narrazione interrotta, di un tessuto civile lacerato, di simboli culturali mozzati. Un testo negazionista del 68, irriverente verso i nuovi divieti e i nuovi obblighi di leva, che non ha paura di essere troppo rivoluzionario né troppo conservatore.
DAL TESTO - “Il 68 non è un avvenimento. Non fu una guerra, non fu una rivoluzione, non ha rovesciato il potere. Non ci furono morti né prigionieri. Il 68 fu il virus di un’epoca riassunto nella superstizione di una cifra. Quel numero è il codice di accesso di una mentalità. Il 68 non designa un evento, di per sé vago e modesto, ma sintetizza un clima e un passaggio. Come esistono i non luoghi, ci sono pure i non eventi. “Dopo il 68 i padroni sono rimasti padroni, anche se hanno cambiato metodi e stili. I potenti sono rimasti potenti. I politici sono rimasti una casta, con i suoi privilegi e intrighi. Comandano sempre più le elite dei tecnocrati, che non devono nemmeno rispondere agli elettori. I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri non sono sempre più poveri ma il divario tra loro si allarga. Il comunismo è crollato, il sistema capitalistico si è fatto globale. La rivoluzione sognata dal 68 non ha rovesciato gli assetti di potere, i rapporti di classe, ma i valori e i costumi. “Hanno commutato il 68 in ergastolo. Sono quarant’anni che scontiamo questa pena ed è la quinta volta, almeno, che si celebra in grande il suo anniversario, dopo tre decennali e un venticinquennale. Perché allora alimentare la sua celebrazione? Perché il 68 è il numero di targa dell’ultima rivoluzione tentata in Occidente; perché è l’azionista mentale di riferimento dei nostri giorni; perché è il marchio di produzione della razza padrona che detiene le chiavi del nostro tempo. “Di 68 ce ne furono almeno tre: quello americano, fiorito nei campus sull’onda della guerra del Vietnam; quello francese, esploso in maggio e poi dilagato in Europa; infine quello anticomunista, che ringiovanì il dissenso sovietico e lo estese ai paesi satelliti dell’Urss. Altri fenomeni furono esotici o marginali. Il nostro 68 fu meno significativo ma più duraturo, cronico. Fiorì poco ma dette più frutti: di potere, di eversione e d’evasione. "Il 68 si divide in due categorie: c’è un 68 piccolo e un 68 grande. Il piccolo è un numero estratto da una minoranza che voleva rovesciare il corso del mondo. Fu il frammento di una generazione che si fece movimento. Il piccolo vive di ricordi appartenenti a una goliardia demiurgica, ed è finito in un acquario, fra i trofei di un’epoca remota. Talvolta ha acquisito con la canizie una rispettabile marginalità, che consente di commercializzarne la memoria senza comprometterne la coerenza. Quel piccolo 68 fu velleitario, idealista ed arrogante, ma non fu contagiato dal terrorismo né si lasciò prendere dal carrierismo. Restò imbalsamato nella sua pubertà. Come una promessa che non si fece mai realtà. Il 68 grande, invece, è la metafora di un mutamento epocale, che ancora perdura. Il 68 piccolo è un languore, il 68 grande invece ha vinto, o perlomeno ha dilagato… L’ombra della sua egemonia si allunga sui nostri giorni”.
L'AUTORE - Marcello Veneziani, laureato in filosofia, editorialista di "Libero" e di altri quotidiani, ha fondato e diretto settimanali, riviste, case editrici, e curato opere di filosofia, storia e cultura politica. E' autore di vari saggi, tra i quali: Processo all'Occidente (1990), Sul destino (1992), La rivoluzione conservatrice in Italia (1994), L'anti900 (1996), Il secolo sterminato (1998), Comunitari o liberal (1999), Vita natural durante (2001), Di padre in figlio (2001), La cultura della destra (2002), La sconfitta delle idee (2003), La sposa invisibile (2006) e, per Mondadori, Il segreto del viandante (2003), I vinti (2004) e Contro i barbari (2006).
INDICE DELL'OPERA - Premessa. Per farla finita con il 68 - I. L'autunno del 68. L'anno maledetto che dura da quaranta - II. L'inverno del nostro scontento. Il presente, la scuola e le rovine - III. La primavera dello sfamiglio. Gruppo di famiglia in un inferno - IV. L'estate che verrà. Pensieri contromano per liberarsi dal 68 - Postilla fuori stagione - Ringraziamenti - Indice dei nomi |