Un ateismo religioso. Intervista con Paola Cioni |
Un ateismo religioso. Intervista con Paola Cioni a cura di Francesco Algisi
Paola Cioni, dottore di ricerca, collabora con l’Istituto di Storia mondiale dell’Accademia delle Scienze di Mosca. Attualmente dirige l’Istituto italiano di cultura di Francoforte sul Meno. Autrice di diverse pubblicazioni, dedicate soprattutto alla biografia politica di M. Gor´kij, ha recentemente dato alle stampe il volume Un ateismo religioso. Il bolscevismo dalla Scuola di Capri allo stalinismo (Carocci, 2012). Dott.ssa Cioni, qual è l’influenza esercitata dal pensiero di Sorel sui bolscevichi di sinistra (cfr. pag.22)? Il pensiero di Sorel è ben conosciuto dai "bolscevichi di sinistra" e in particolare dai due maggiori teorici del gruppo Bogdanov e Lunačarskij. Entrambi considerano lo sciopero come un mezzo utile a "unire le masse" e come Sorel rifiutano il socialismo parlamentare, ma la loro strategia rivoluzionaria è profondamente diversa. Per i bolscevichi di sinistra mutare la società esistente per giungere a un mondo più giusto voleva dire mirare a una vera e propria rivoluzione antropologica da ottenere tramite la trasmissione della cultura del passato e l’elevazione del livello delle conoscenze tecnico-scientifiche degli operai, i quali, in questo modo, non sarebbero più stati esclusi dai processi di produzione, ma ne sarebbero divenuti parte integrante. Non pensano mai a un rivolgimento immediato o violento come Sorel. Come si spiega lo scarso interesse suscitato dalla figura di Bogdanov “nel dibattito generale sulla storia del marxismo” (pag.27) in Italia? La questione è molto complessa soprattutto se si pensa alla rivalutazione del pensiero di Bogdanov nei paesi anglossasoni e in Russia, dove gli scritti teorici dell´attivista politico russo sono stati ripubblicati. A mio avviso in Italia ha resistito e resiste (più o meno taciuto) il "mito" di Lenin e della rivoluzione di ottobre, insieme a una mentalità che considera come nemico tutto quello che si è opposto alla interpretazione ortodossa del marxismo che veniva dall´URSS. Bogdanov è stato il maggiore avversario di Lenin dal punto di vista teorico, quindi va cancellato. Egli è un materialista; la sua cultura è scientifica. Per questo critica sia le teorie di Lunačarskij, che vuole coniugare socialismo e religione, sia il "dogmatismo di matrice religiosa" di Lenin. La sua mentalità scientifica, intrinsecamente democratica, gli vieta di sferzare un attacco diretto alle teorie della "costruzione di Dio", ma non di criticarla e cercare di mostrare ai compagni di partito il profondo errore in cui erano caduti. Purtroppo in Italia si accetta ancora in modo acritico il giudizio espresso da Lenin in Materialismo ed Empiriocriticismo e si confondono ancora la posizioni di Lunačarskij con quelle di Bogdanov. Quali aspetti del leninismo risentono maggiormente di “influssi tipicamente russi” (pag.58)? In Lenin il marxismo si fuse con la tradizione rivoluzionaria russa di Černiševskij, di Tkačëv e soprattutto di Nečaev. Il fanatismo rivoluzionario, la spietatezza contro i nemici sono tratti che eredita dai nichilisti e in particolare da Nečaev. Come viene inteso il “sacro” nella visione di Gor’kij e Lunačarskij (cfr. pag.65)? Il sacro è una categoria interpretativa usata a posteriori per spiegare il fenomeno delle religioni politiche. Chi considera la presenza di una divinità sovrannaturale un elemento necessario per l´esistenza di una religione non accetta l´attribuzione di caratteristiche di sacralità a un´entità secolare; chi, invece, interpreta “la religione come un fenomeno sociale e culturale, cioè un sistema di credenze, di miti, di riti e simboli che esprimono i principi e i valori comuni di una collettività” è certamente più propenso a estendere il concetto di sacralità a sfere diverse da quelle tradizionali. Questo è il caso di Lunačarskij e Gor´kij, i quali credevano che il marxismo fosse una vera e propria religione laica al cui centro non era più un Dio sovrannaturale, come nelle religioni tradizionali, ma l´uomo. La bogostrojtel’stvo (costruzione di Dio), teorizzata da Lunačarskij, fu una delle forme di religione politica nate nel periodo della modernità, quando in seguito alla crisi delle religioni tradizionali, si verificano fenomeni di trasferimento del sacro in ambiti diversi da quelli propriamente considerati religiosi. In Italia il fenomeno è stato ampiamente studiato da Emilio Gentile. La sintesi operata da Stalin, negli anni Trenta, tra bogostroitel’stvo e leninismo (cfr. pag.73) può essere considerata come un rifiuto da parte del dittatore sovietico delle tesi sostenute in Materialismo ed empiriocriticismo? A mio avviso no, anche perché Stalin era un teorico molto modesto e le sue conoscenze filosofiche erano elementari. La sua autorità nel campo della teoria era nulla. Jan Sten, considerato uno dei maggiori esperti di filosofia del tempo, che diede a Stalin lezioni private dal 1925 al 1928 per due volte la settimana, racconta delle notevoli difficoltà del leader bolscevico ad apprendere i principi della dialettica hegeliana. In realtà nella bogostrojtel´stvo Stalin trova un equivalente ideologico capace di tradurre in forme popolari, a tutti comprensibili, la sostanza dell’ambizioso progetto di rivoluzione antropologica totale comunista che accomunava tutti gli appartenenti alla frazione bolscevica, Lenin compreso. La visione di Stalin è intrinsecamente religiosa. Come vanno interpretati gli attacchi contro il Commissario del popolo Lunačarskij da parte di “Novaja Žizn’”, il quotidiano diretto da Gor’kij (cfr. pag.95)? Gor´kij non accettava la Rivoluzione di Ottobre, per lui era inconcepibile pretendere di realizzare il socialismo in un paese in cui l´80 per cento della popolazione era analfabeta e riteneva che i bolscevichi stessero compiendo un esperimento sulla pelle del popolo. Restava, quindi, fedele al progetto caprese che considerava la rivoluzione culturale come condicio sine qua non per qualsiasi rivoluzione. Per questo motivo attaccava Lunačarskij che, a suo avviso, aveva tradito gli ideali capresi accettando di ricoprire l´incarico di commissario del popolo per l´istruzione. Lei scrive (pag.104) che la scelta di Gor’kij, maturata alla fine degli anni Venti, di appoggiare “ufficialmente Stalin nella realizzazione della sua politica culturale […] trova una sua logica giustificazione” nell’esperienza della Scuola di Capri… Negli anni Trenta, Gor´kij crede che Stalin avrebbe appoggiato il suo progetto di "rivoluzione culturale". Dare la cultura al popolo, alfabetizzare le masse contadine, far stampare milioni di libri era il sogno della sua vita e pensava di avere finalmente la possibilità di realizzarlo. Nella “restaurazione staliniana” (pag.123), quali tracce si ravvisano dell’esperienza della Scuola di Capri? Stalin riesce a coniugare religione e socialismo. In questo senso nella Russia staliniana possiamo trovare delle corrispondenze con la bogostrojtel´stvo, teorizzata da Lunačarskij, ma lo stalinismo fu una religione politica totalizzante e intollerante, che ha portato a conseguenze tragiche. Si trattava in sostanza di forme simili, e solo apparentemente incompatibili, di divinizzazione dell’umano che si moltiplicarono nell’epoca della modernità e rientravano nel più vasto ambito dell’esperienza definita da Emilio Gentile sacralizzazione della politica. Che rapporto sussiste tra la visione del realismo socialista concepita da Gor’kij e quella teorizzata da Ždanov (cfr. pag.123)? Nel discorso tenuto da Gor´kij al Primo Congresso degli scrittori socialisti, quando fu teorizzato il Realismo socialista, lo scrittore, fedele alle idee che aveva sposato nel periodo della Scuola di Capri, sottolineava la necessità di impegnarsi nel lavoro di acculturazione delle masse per far giungere il proletariato a una completa coscienza dei grandi destini cui era avviato e affermava che tale coscienza, per completarsi, non aveva tanto bisogno di critica - e men che mai di critica marxista -, quanto di pathos e di religione dell’uomo. Ecco allora rispuntare quella religione dell’umanità, redenta dalla mistica del lavoro, che lo aveva affascinato ai tempi del sodalizio con Lunačarskij. Quel coniugare religione e socialismo che tanto aveva scandalizzato Lenin, appariva quindi possibile anzi necessario, nell’ottica della restaurazione staliniana. Per questo egli può accostarsi al realismo socialista non come a un’astuta formula piovuta dall’alto, ma come a qualcosa di intimamente sentito e vissuto nel tempo. Sull’argomento ci sembrano molto interessanti le riflessioni di Vittorio Strada e di Cesare G. De Michelis: il primo indica nell’intervento di Gor’kij al Congresso del 1934 un’impostazione derivata dalla vecchia dottrina della «costruzione di Dio» e individua la fonte del suo discorso nelle lezioni di lettura russa tenute per gli operai capresi; il secondo, sottolineando la natura religiosa della bogostrojtel’stvo, fa risalire alla tradizione scrittoria slavo-ortodossa il referente culturale primario della visione gor’kiana. Del resto nel momento stesso in cui Gor’kij affermava che «Dio [era] la generalizzazione artistica dei processi del lavoro, e il pensare religioso della massa... una creazione puramente artistica», egli proponeva, un modello di letteratura all´interno di un sistema ideologico totalizzante di tipo religioso. Nella tradizione scrittoria della Slavia ortodossa, la finzione letteraria veniva percepita come qualcosa di estraneo alla giusta dottrina, e perciò contrario alle regole del gioco: gli scrittori pertanto non potevano né inventare, né fingere, ma scrivere animati da un’ispirazione superiore, dovevano cioè rappresentare la verità [pravda] come corrispondenza di una determinata parola [idea o fatto] all’interno di un sistema dato, con lo scopo di contribuire a creare l´egemonia di un dato sistema di valori. In russo esistono due termini con il significato di «verità»: il primo corrisponde a pravda, quale rappresentazione di una realtà spirituale superiore, e il secondo a istina. Il secondo termine indica “il riflesso fedele della realtà oggettiva nella coscienza dell´uomo, mentre la pravda mostra la corrispondenza della locuzione alla realtà”. Secondo Uspenskij, inoltre, «è naturale che Pravda venga interpretato come principio divino e Istina come principio umano». Nell’atto conclusivo del Congresso il riferimento alla pravda o meglio alla pravdimost’ [veridicità] è esplicito: "Il realismo socialista, che è il metodo fondamentale della letteratura creativa e della critica letteraria sovietica, richiede all’artista una rappresentazione veridica, storicamente concreta del reale, nel suo sviluppo rivoluzionario. Con ciò, la veridicità (pravdimost’) e la concretezza storica della rappresentazione artistica del reale devono unirsi all’obiettivo del mutamento ideologico e dell’educazione dei lavoratori nello spirito del socialismo". In questo senso possiamo affermare che Gor´kij e Ždanov operano all´interno dello stesso sistema ideologico. Perché l’offensiva lanciata da Stalin “contro tutti gli oppositori al regime” non sarebbe stata “probabilmente possibile” se Gor’kij “fosse stato ancora in vita” (pag.128)?M. Gor´kij non accettava la politica di Stalin nei confronti dei compagni di partito e intervenne più volte per aiutarli ed evitare loro l´emarginazione politica. Il prestigio internazionale di cui godeva Gor´kij era all´epoca enorme e Stalin sapeva bene che lo scrittore si sarebbe opposto all´eliminazione fisica di Zinov´ev, Kamenev e Bucharin provocando proteste a livello internazionale. Non è un caso, a mio avviso, che i Grandi processi contro i membri del partito iniziarono nei mesi successivi alla morte di Gor´kij.
2 ottobre 2012 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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