L’ultimo volo di Italo Balbo. Intervista con Folco Quilici |
L’ultimo volo di Italo Balbo. Intervista con Folco Quilici a cura di Francesco Algisi
Folco Quilici (1930), viaggiatore, scrittore, regista cinematografico, è il più noto narratore italiano di mari e continenti. Celebri i suoi viaggi africani e nel Pacifico, da cui ha tratto documentari popolari fin dagli anni Sessanta. Tra i suoi libri, editi da Mondadori, ricordiamo Cacciatori di navi (1986, tradotto anche negli Stati Uniti, dove è diventato un film), Cielo verde (1987), Naufraghi (1988), Alta Profondità (1999), L'abisso di Hatutu (2001), Mare rosso (2002), I serpenti di Melqart (2003), Tobruk 1940 (2004), La Fenice del BajKal (2005), Sì, viaggiare (con Corrado Ruggieri, 2006), I miei mari, Libeccio (2008). Le sue opere hanno ricevuto importanti riconoscimenti italiani e internazionali, dal premio Marzotto (1954) al premio Hemingway (2007), ai premi Chatwin e Salgari (2008) e Acquambiente (2009). Recentemente Quilici ha realizzato il documentario L’ultimo volo. Il segreto di Balbo, che è stato trasmesso da Rete4 il 28 giugno 2010. A settant’anni di distanza, la vicenda della morte di Italo Balbo presenta ancora dei lati oscuri. Da chi fu abbattuto l’apparecchio su cui viaggiava il governatore della Libia? L’aereo fu abbattuto dalla difesa antiaerea di Tobruk. Negli anni, molti tra gli artiglieri, i mitraglieri, i bersaglieri, etc. hanno rivendicato la paternità di quel colpo fatale. La realtà è molto diversa. Prima di tutto, nella piazzaforte di Tobruk i punti dell’antiaerea erano diverse centinaia: dunque, in quei pochi istanti – il sorvolo di Tobruk durò al massimo quindici secondi - partirono migliaia di colpi. Tutti erano al proprio posto di combattimento, perché pochi minuti prima c’era stato un bombardamento inglese. Uno di quegli sparatori colpì l’aereo. Da testimonianze inoppugnabili risulta che il colpo partì da un sommergibile ancorato proprio alla base della pista d’atterraggio degli aerei militari italiani: era praticamente quasi a contatto con il golfo. In seguito, ho trovato due o tre superstiti e il mitragliere che sparò. Quindi, si trattò di un incidente… Sì, anche se cominciò subito a circolare l’ipotesi del complotto: noi italiani, d’altra parte, amiamo la dietrologia. In realtà, l’abbattimento dell’aereo fu del tutto accidentale: durante la Seconda guerra mondiale si verificarono molti errori di questo genere, dovuti al cosiddetto “fuoco amico”. Che poi Mussolini se ne fosse rallegrato e quel tragico evento tutto sommato interpretasse un suo desiderio segreto, può essere: come disse giustamente De Felice, Mussolini senza dubbio non mise il lutto per la morte di Balbo. La versione ufficiale del Regime, tuttavia, diceva che l’apparecchio di Balbo era precipitato durante un’azione di bombardamento nemica… Ma lei che fa queste domande ha già letto il mio libro Tobruk 1940? No. Forse ho sbagliato, ma non l’ho ritenuto un libro fondamentale. Non potendo leggere tutto, ho dato la precedenza ad altri volumi su Balbo, tra cui quello di Giordano Bruno Guerri. Beh, il libro di Guerri risale agli anni Sessanta. Si sbaglia: la prima edizione venne pubblicata da Vallardi nel 1984. In seguito, alla fine degli anni Novanta, il volume è uscito per i tipi di Mondadori. Comunque, il mio libro costa due soldi e si trova in tutte le librerie. Quilici, non è per motivi economici che non ho letto il suo libro, ma per mancanza di tempo. Ma se lei avesse comprato e letto il mio libro, non mi farebbe queste domande. Con le mie domande intendo offrirle lo spunto per ribadire alcune verità, che lei ha il merito di aver portato alla luce, sulla morte di Italo Balbo. Se ciò non la interessa, possiamo chiudere qui l’intervista. No, vada avanti. Mi ricorda, però, su quale giornale verrà pubblicato il testo dell’intervista? Sulla rivista telematica archiviostorico.info. Cioè, una cosa televisiva… No, “telematica” significa che la rivista citata può essere letta e consultata tramite internet. Ah. Chiusa questa parentesi, possiamo tornare a Italo Balbo, sul cui apparecchio viaggiava anche suo padre, Nello Quilici, il direttore del Corriere padano… Mio padre aveva ricevuto l’incarico da Balbo, in virtù della loro antica amicizia e collaborazione, di redigere un diario storico di quella guerra che Balbo non aveva voluto. Qual era la destinazione del volo? Qui è riposto il mistero della morte di Balbo: la destinazione del volo era un piccolo posto intorno alla tomba di un santone sul confine tra Libia ed Egitto, sulla linea di combattimento tra italiani e inglesi. La località si chiamava Sidi Azeis. Ciò fa sorgere molti dubbi su quel volo. Perché quel giorno Balbo si recava a Sidi Azeis nel tardo pomeriggio, in un orario che rendeva molto pericoloso trovarsi in una località esposta in semideserto? Forse Balbo doveva incontrarsi con qualche comandante inglese per regolare una specie di pax africana, di armistizio su quel fronte. Egli, come aveva fatto proprio in quei giorni anche De Gaulle, si sarebbe staccato dal Regime fascista: tale ipotesi, però, mi sembra poco probabile, perché Balbo non era un tipo da cambiare rapidamente bandiera. Più verosimilmente, Balbo e i suoi collaboratori avevano un appuntamento con alcuni esponenti di un movimento politico-militare – i “giovani colonnelli” - che in Egitto preparavano una rivolta contro gli inglesi: ciò avrebbe molto aiutato gli italiani in quella fase della guerra. Tale rivolta, qualche anno dopo, ci fu e cacciò gli inglesi dall’Egitto. Quali indizi rendono verosimile la seconda ipotesi? Pochi mesi dopo, al posto di Balbo in Libia c’era il maresciallo Rommel: gli egiziani andarono a parlare con lui. Quindi, quei contatti effettivamente c’erano ed erano continui. Dal diario di suo padre sono scomparse le pagine relative agli ultimi giorni… Questo contribuisce a creare un mistero sul reale scopo del volo di Balbo, perché certamente in quelle pagine ci poteva essere scritto in maniera chiara o implicita chi desiderava incontrare Balbo al termine di quel volo. So con certezza che quelle pagine erano state sottratte dal segretario particolare di Balbo. Costui riuscì a tornare in Italia prima che la Libia fosse occupata; venne a Ferrara e disse sia a mia madre sia allo storico Paolo Fortunati di essere in possesso di documenti che avrebbero permesso di vedere la figura di Balbo in una luce diversa. Balbo non sottoscrisse le leggi razziali e l’alleanza con la Germania nazionalsocialista. Quindi, se ne può parlare in termini positivi… Quella di Balbo fu una figura controversa. Certamente egli fu uno dei fondatori del Fascismo e, in quanto tale, partecipò a quel periodo di violenze - una specie di sanguinosa guerra civile - tra il 1919 e il 1922. In seguito, approvò le leggi di Mussolini sulla soppressione della libertà, della libertà di stampa, ecc.. Però, negli anni ’30 soprattutto, viaggiando nel mondo e riscuotendo grandi simpatie (come, del resto, anche Mussolini, che aveva saputo riorganizzare un Paese allo sbando), Balbo si allontanò sempre di più dal Duce e dalla sua visione del potere dittatoriale e assolutistica. Egli, che all’inizio degli anni ’20 era repubblicano e anticlericale, si avvicinò col tempo alla monarchia e alla Chiesa. È vero: era entrato in un ruolo, per così dire, di maggiore costituzionalità. D’altra parte, la punizione che Mussolini gli inflisse esiliandolo in Libia fu per lui un’occasione di grandi soddisfazioni. Lì realizzò una colonizzazione intelligente, in sintonia con la popolazione libica: ciò gli procurò molta popolarità tra le masse arabe. Tale colonizzazione nulla aveva a che fare con il colonialismo cieco e ottuso dei francesi, degli inglesi e degli spagnoli nell’Africa di quegli anni. Nel periodo in cui Balbo amministrò la Libia, non ci furono crimini: questi vennero compiuti, invece, da Badoglio e soprattutto da Graziani. Ancora oggi, Balbo è ricordato positivamente in Libia. Vi è ancora chi attribuisce a Balbo l’omicidio di don Minzoni… Da quell’imputazione Balbo fu assolto in tre processi. Solo del primo si può dubitare, perché ebbe luogo durante il Ventennio. Gli altri due processi, invece, sono avvenuti dopo il 1945, nell’Italia liberata, ed entrambi hanno confermato che Balbo non ebbe alcun ruolo nella morte di quel sacerdote. Lei ebbe modo di conoscere Italo Balbo? Sì, lo vidi diverse volte. Conservo il ricordo di una persona molto simpatica, sempre di buon umore, molto scherzosa: con me, che ero un bambino, non poteva essere diversamente.
29 giugno 2010 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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