Giorgio Bianchi
Governare con il terrore Propaganda e potere nell'epoca dell'informazione globalizzata
Meltemi Editore, 2 volumi, pagg.311 + 511, € 32,00
Giorgio Bianchi, fotoreporter e documentarista, ha raccolto, in questa corposa opera divisa in due tomi ("frutto del lavoro di un'intelligenza collettiva collegata via social"), una serie di analisi, corrispondenze e riflessioni su svariati argomenti: la globalizzazione, la manipolazione delle notizie, la guerra "umanitaria", le rivoluzioni colorate, le Primavere arabe del 2011-2012, la pandemia e il Grande Reset. Tutti temi tra loro collegati e affrontati in maniera originale e suggestiva.
Bianchi dichiara di essersi "semplicemente limitato a fungere da collettore delle informazioni", cercando "in qualche modo di metterle in ordine o, come si suol dire, di unire i puntini".
Dalla regione del Donbass, dove l'Autore si trova "per l'ennesimo reportage dal fronte sulla guerra civile in Ucraina", ricava la sensazione che "la globalizzazione abbia i giorni contati e che si vada verso un mondo suddiviso in due blocchi completamente impermeabili tra loro. La nuova cortina non sarà fatta di mattoni e filo spinato, ma di norme burocratiche e sanzioni".
"La razionalità – scrive ancora il fotoreporter – è stata soppiantata dall'emotività, giusto e sbagliato da "morale" e immorale". A stabilire che cosa sia morale o immorale sono l'apparato mediatico e l'agone virtuale delle reti sociali, che "nascono per scopi militari" e hanno la funzione "di profilare le masse e manipolarne le coscienze al fine di condizionare gli individui. Le intelligenze artificiali, che imparano e si evolvono grazie alle informazioni "estratte" dagli utenti durante le interazioni, sono l'arma finale per consentire alle élite di controllare le popolazioni e per questo andrebbero sigillate sotto terra e rese inutilizzabili dai trattati internazionali, esattamente come si è fatto con gli ordigni nucleari".
Bianchi si dice convinto "che le guerre siano immorali a prescindere", ma è "altrettanto convinto che sia ancora più immorale creare le condizioni che le rendono inevitabili. Il vero pacifista è colui che si batte affinché le guerre non scoppino, non colui che non prende posizione e non si espone finché non deflagrano".
Nel teatro ucraino, per esempio, hanno agito forze con l'obiettivo di far degenerare la situazione e "spingere progressivamente in un angolo la Russia". Kiev ha svolto così "il ruolo di agnello sacrificale, legato a un albero della foresta per far uscire allo scoperto l'orso".
Secondo l'Autore, tuttavia, l'obiettivo non risiede soltanto nella "pelle dell'orso", ma va ravvisato in un disegno volto a "innescare una crisi epocale, la tempesta perfetta, che potrebbe finalmente condurre al grande reset dell'economia".
"E quando le popolazioni del cosiddetto Occidente allargato saranno pronte per tornare alla realtà, allora sarà guerra totale". Questa è l'amara previsione con cui Bianchi conclude la sua analisi. |