Georges Simenon
Europa 33
Adelphi Edizioni, pagg.377, € 18,00
Sono raccolte in questo libro le corrispondenze che Georges Simenon pubblicò sulla rivista "Voila" e che cominciò a "buttare giù" a Varsavia per descrivere l'Europa "del 1933 che sonnecchia sotto la neve e che, come chi dorme male, è scossa da bruschi e terrificanti sussulti".
In quell'anno, infatti, il grande scrittore belga compì un viaggio nei Paesi europei "alleati della Francia": il Belgio, la Polonia, la Romania, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. "Sono andato a far visita a tutti loro. Sono ancora in viaggio, e non busso alle porte dei ministeri e dei parlamenti, ma a quelle delle fattorie, delle case operaie e delle botteghe".
"Se a Bruxelles – spiega Simenon - l'uomo comune risulta spesso divertente per quel suo accento che ha il dono di fare tenerezza agli stranieri, nel Nord del paese vivono fiamminghi scontrosi e taciturni, che si incaponiscono a ricavare il massimo da una terra non grande ma tenace. E i valloni del Sud sono rudi proletari, uomini abituati a lavorare in miniera, nelle fonderie di zinco o nelle vetrerie, che si sforzano di migliorare la propria sorte con paziente e possente ostinazione".
L'Autore descrive Ankara come "una capitale improvvisata come un'esposizione e tirata su con la stessa velocità. Nondimeno, senza Mustafa Kemal e senza Ankara, probabilmente la Turchia non ci sarebbe più.
"Non è una città di commerci, né di transito, né turistica. Oltre al governo e alle ambasciate non c'è niente, niente di niente, solo qualche poveraccio che porta a spasso una pecora al guinzaglio come noi facciamo con i cani, con la differenza che la pecora, alla fine, se la mangiano".
E ancora: "Un villaggio in mezzo al nulla. Tre strade nuove. Una dozzina di edifici moderni isolati dal mondo e una bella linea ferroviaria con un treno al giorno e un solo vagone letto". Così appariva la Capitale turca allo scrittore.
A Vilnius Simenon rimase "quasi una settimana. Un tempo la città aveva una popolazione di duecentomila abitanti, ma adesso si sono ridotti a centocinquantamila. Sono per il quaranta per cento ebrei, poi c'è il quartiere dei russi bianchi, il quartiere dei tartari, il quartiere..."
Nel mese di giugno 1933, Simenon incontrò Trockij sull'isola di Prinkipo. All'interno della casa in cui risiedeva il rivoluzionario russo "le pareti sono spoglie, bianche, e l'unica macchia di colore sono gli scaffali con i libri. Ci sono libri in tutte le lingue, fra i quali noto una copia di Viaggio al termine della notte con la copertina malconcia", libro che Trockij aveva "appena finito" di leggere rimanendone "profondamente turbato".
"Trockij si alza per darmi la mano – ricorda Simenon -, poi torna a sedersi alla scrivania, continuando a osservarmi quietamente".
L'Europa che emerge da queste pagine è diversa da quella "ufficiale, [...] a uso dei francesi, immutabile da molto tempo, da talmente tanto tempo che non corrisponde più alla realtà. Ed è di questa Europa, definitiva come una cattedrale, che parla ogni mattina la maggior parte dei cronisti diplomatici. È questa, in sostanza, l'Europa che l'opinione pubblica conosce a menadito, per cui si stupisce, si indigna perfino, quando i pochi grandi viaggiatori, ripassando da casa fra un treno e l'altro o fra un aereo e l'altro, raccontano di paesi che le appaiono irriconoscibili". |