L’alternativa nomade |
Bruce Chatwin L’alternativa nomade Adelphi Edizioni, pagg.495, € 26,00
IL LIBRO – «Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?». Siamo nel febbraio del 1969: Bruce Chatwin ha rassegnato da tre anni le dimissioni da Sotheby's e ha appena deciso di abbandonare gli studi di Archeologia. Nonostante l'iniziale entusiasmo e il talento dimostrato in entrambi i campi, si è convinto che «cambiare» sia «l'unica cosa per cui vale la pena di vivere»; per questo scrive una lettera all'editore Tom Maschler in cui abbozza le sue idee per una storia del nomadismo – argomento che sente quanto mai affine. Il titolo è già pronto: L'alternativa nomade. Da questo momento in poi Chatwin si consacrerà al viaggio e alla scrittura, e se il libro che aveva progettato si rivelerà impubblicabile l'alternativa nomade diventerà la stella polare della sua vita. Una vita in perpetuo movimento, che avrà come corollario una corrispondenza smisurata, per la gran parte raccolta in questo libro curato dall'amico Nicholas Shakespeare e arricchito dalle note laconiche, affilate e amorevoli della moglie Elizabeth. Scritte a partire dai sette anni, destinate ai genitori, alla moglie e agli amici (tra i quali Patrick Leigh Fermor e Susan Sontag), battute a macchina sulla carta intestata di Sotheby's, vergate con una Montblanc su fogli pregiati o scribacchiate su una cartolina con la matita spuntata di un hotel, queste lettere svelano su Chatwin molto più di quanto lui fosse disposto a lasciare trapelare dai suoi libri. Ma non compongono soltanto un'autobiografia involontaria: leggendole si ha semmai l'impressione di ascoltare la voce di un narratore naturale, di un cercatore di storie, capace di fare del suo impulso al mutamento e della sua inappagabile avidità di conoscenze un'opera d'arte. DAL TESTO – “Insomma, il mattino dopo alle otto e un quarto, Maurizio e io ci siamo presentati in piazza Carlo! sui gradini della chiesa barocca di Sant'Ignazio, in abiti archeologici ma pur sempre con un garofano all'occhiello. Una vecchia puliva senza entusiasmo la navata centrale e un'altra pregava ad alta voce piena di devozione nella cappella del Santo Sepolcro: una vera tomba scavata nella roccia, dove un Cristo di plastica troneggia sopra i massi un po' infelicemente disseminati di gladioli e gloxinie. A quel punto è comparso un tizio scalcinato, convinto che io fossi l'organista. Quando ho protestato, ha scrollato le spalle e ha detto che ci avrebbe pensato lui a suonare. E perciò ha suonato, su due soli accordi, e su questa cacofonia la sposa è arrivata dentro una grossa berlina Tatra accompagnata dai suoi genitori e dalla madre dello sposo, una solida Hausfrau tedesca in abito grinzoso celeste pallido. La madre della sposa era una bella donna chiaramente furibonda e il padre un mite ometto cecoslovacco che strizzava gli occhi dietro gli occhiai. Maurizio si è piegato in due e ha fatto il baciamano alle signore, con loro visibilissima sorpresa. La sposa indossava quello che con tutta probabilità era l'abito nuziale di sua nonna, mentre le scarpe dello sposo erano più appuntite che mai. E così il grottesco corteo ha attraversato la navata sotto gli strimpellii dell'organo per fermarsi nel recinto dell’altare di marmo rosa, dove il prete era in attesa. La chiesa di Sant'Ignazio è enorme, più o meno come l’abbazia di Bath, con formidabili stucchi bianchi e rosa e angeli e santi che grondano da ogni cornice. Le colonne di marmo grigio ondeggiavano come un mare coperto di petrolio e l’organista ci dava dentro mentre la cerimonia procedeva sommessa. Ho strizzato l'occhio alla madre, che ha strizzato l'occhio a me e mi è parsa un pochino più allegra. Poi finalmente l'organo ha taciuto e il prete ha fatto un breve discorso. Ai due lati della pala d'altare san Pietro esortava e san Paolo confortava, mentre sant'Ignazio volava in cielo in un tramonto roseo; sopra di lui i cherubini sdegnosi facevano il broncio su nuvole di gesso, e per un attimo c'è stata pace. Poi l’ogano ha ricominciato a pestare, e mai navata è stata più lunga.Alle nove e dieci tutti e sette eravamo all'Hotel Miramar in un angolo del bar a brindare alla salute della bella coppia con un vino ungherese atroce che mi ha perforato il fegato. Accanto al palco dell'orchestrina, deserto, c'era un orsacchiotto di peluche. La donna delle pulizie l'ha spolverato sgomberando lo squallido disordine della sera prima. E questo è stato il matrimonio più strano a cui abbia mai partecipato.” L’AUTORE – Bruce Chatwin (Sheffield, Yorkshire 1940-Nizza 1989) fu viaggiatore, esperto d'arte, archeologo e giornalista prima di affermarsi come scrittore. I suoi libri, In Patagonia (1977), Sulla collina nera (1982) Le vie dei canti (1987), Utz (1988), Che ci faccio qui (1989), Anatomia dell'irrequietezza (1996), sono tradotti in 27 paesi. Tutte le opere di Chatwin sono state pubblicate presso Adelphi, da In Patagonia (1982) alla raccolta fotografica Sentieri tortuosi (1998), curata da Roberto Calasso. L'alternativa nomade è apparso per la prima volta nel 2010. INDICE DELL’OPERA – Prefazione, di Elizabeth Chatwin – Introduzione, di Nicholas Shakespeare - 1. A scuola: 1948-1958 - 2. Sotheby's: 1959-1966 - 3. Edimburgo: 1966-1968 - 4. L'alternativa nomade: 1969-1972 - 5. «Sunday Times»: 1972-1974 - 6. Andato in Patagonia: 1974-1976 - 7. Il viceré di Ouidah: 1976-1980 - 8. Sulla collina nera: 1980-1983 - 9. Le Vie dei Canti: 1983-1985 - 10. Cina e India: 1985-1986 - 11. Homer End: 1986-1988 - 12. Oxford e Francia: 1988-1989 – Ringraziamenti - Indice dei nomi, dei luoghi e delle opere
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