Finanza e poteri Stampa E-mail

Gianfranco La Grassa

Finanza e poteri

Manifestolibri, pagg.160, Euro 18,00

 

lagrassa_finanza_e_poteri.jpg  IL LIBRO - Oggi si parla tanto della finanziarizzazione del capitale e del suo strapotere. Magari vedendo in questo processo l’avvicinarsi di una crisi catastrofica. Ma la finanza è solo un fattore fra altri, non isolabile, dello scontro per la supremazia fra i gruppi dominanti. Il capitale finanziario insomma rappresenta i conflitti in atto tra diverse forze e strategie politiche, combattuti con l’arma del denaro. Se vogliamo allora comprendere gli squilibri e le crisi che caratterizzano il capitalismo contemporaneo dovremmo addentrarci in un complesso intreccio tra funzioni finanziarie e politiche e nelle contraddizioni tra la razionalità strategica che prefigura assetti di potere e la razionalità strumentale che mira ai vantaggi immediati dell’economia. Al fondo vi è sempre lo scontro tra gruppi dominanti.

 

  DAL TESTO - "Marx sostenne, nelle Tesi su Feuerbach, che i filosofi avevano sino a quel momento solo interpretato il mondo, mentre si trattava ora di cambiarlo. Althusser affermò che la teoria è una pratica teorica. In sostanza, è necessario non separare mediante un fossato incolmabile teoria e prassi, pensiero e azione. Il primo è sempre collegato alla seconda, anche quando questa sembra mancare. L’azione può essere via via ridotta fin verso lo zero, ma sussisterà sempre una sorta di suo “metabolismo basale”. Non si può vivere senza in qualche modo agire. L’azione è sempre individuale, ma si inserisce all’interno delle relazioni che gli individui hanno fra loro nella vita associata (laddove questa si è stabilita). Nelle società umane, tali relazioni si sono via via complessificate, dando vita a quelle che si possono denominare formazioni sociali (con la loro storia e cultura), in cui si distinguono, proprio in base all’uso del pensiero, diversi raggruppamenti, variamente strutturati seguendo differenti pratiche teoriche caratterizzate da specifici fasci d’osservazione. È quindi sempre possibile pensare l’azione di dati gruppi – partendo dai minori (perfino costituiti, in dati casi e per certi scopi, da singoli individui) e progredendo verso quelli sempre più numerosi – con la consapevolezza che la suddetta azione “collettiva” (composizione di molte individuali) è sempre comunque “impastata” di pensiero, mentre l’azione-azione è invece sempre individuale, apparentemente non-pensata, irriflessa, im-mediata.

  "Il pensiero è dunque stimolato dall’azione (pur quando questa sembra essersi azzerata) e influisce su di essa (anche se si trattasse di in-azione). Non può esservi però azione (o in-azione, con tutte le varie sfumature e gradazioni dall’una all’altra) se non attraversando il complesso di conoscenze, e sistemi di idee, che si sono già storicamente sedimentati. Ogni azione, individuale o “composta”, si apre perciò la strada all’interno di sempre più complesse formazioni culturali, un campo ormai sempre arato e coltivato, in cui germogliano e maturano numerose “piante”: le teorie, appunto, dalle più semplici e “ingenue” alle più riccamente articolate. Le teorie sono in definitiva l’aspetto condensato e “corposo” presentato da insiemi di azioni individuali mosse dai pensieri come loro “guide”; pensieri che si intrecciano e consolidano all’interno di formazioni sociali (e culturali) ormai da sempre variamente strutturate e costituite di molte parti interrelate, essendo resi edotti che la divisione in parti e le relazioni tra queste sono frutto dell’attività del pensiero stesso.

  "A partire da un dato livello di evoluzione e sviluppo delle formazioni sociali (del tutto recentemente comunque, già in pieno capitalismo), vasti insiemi di teorie sono divenuti, come si è detto spesso, “controintuitivi”, cioè non sono in definitiva più corrispondenti alla cosiddetta evidenza dei sensi. Credo di non sbagliare troppo se interpreto il problema non tanto, comunque non semplicemente, come una mancanza di evidenza “sensistica”, bensì quale complicatezza dei sistemi teorici, per valutare e usare i quali occorrono numerose conoscenze specialistiche, che non sono in possesso di chi non segue quel particolare ramo delle stesse; o, ancor più spesso, non ne segue alcuno. La stragrande maggioranza della popolazione, che pur è spesso interessata (e coinvolta) dalle ricadute “pratiche” di quelle conoscenze, non le possiede se non minimamente. Questo fatto ormai evidente, e del tutto irreversibile, non credo intacchi la sostanza dei ragionamenti fatti sopra intorno allo statuto delle teorie."

 

  L'AUTORE - Gianfranco La Grassa ha insegnato Economia politica nelle Università di Pisa e di Venezia. Ha pubblicato numerosi volumi sul marxismo e la teoria del capitalismo, tradotti in diverse lingue. Ha pubblicato per i tipi di Manifestolibri: Gli strateghi del capitale (2005).

 

  INDICE DELL'OPERA - Introduzione - Per una nuova indipendenza - Le tesi di List in sintesi - Una reimpostazione del problema, oggi - Uno schizzo dell’attuale fase storica - Spunti ricostruttivi (non solo) teorici - Verso una analisi della fase attuale - Sul capitale finanaziario (e altro) - Il punto di partenza - Il seguito della “storia” - Alcune rilevanti tesi non marxiste - E adesso: Lenin - Una regressione preleninista - Rapporti di forza tra “interi” (paesi) e centralità statunitense - Verso un nuovo policentrismo - Struttura interna delle formazioni particolari in conflitto - L’“intero” come risultato del conflitto tra le sue “parti” - La finanza nella lotta tra dominanti - La “singolarità” come “novità” che (inter)rompe la “legalità generale” - Finanza e politica (di potenza) - Riassumendo e concludendo