Jean-Pierre Filiu
Perché la Palestina è perduta ma Israele non ha vinto Storia di un conflitto (XIX-XXI secolo)
Einaudi, pagg.456, € 32,00
Il conflitto israelo-palestinese, uno dei nodi irrisolti più duraturi della storia contemporanea, ha generato una produzione bibliografica immensa. Tuttavia, "Perché la Palestina è perduta ma Israele non ha vinto" di Jean-Pierre Filiu si distingue per l'approccio innovativo e la prospettiva inedita che propone. Con un'intensità intellettuale rara, Filiu ci offre una lettura complessa, stratificata e provocatoria di uno dei conflitti più studiati al mondo, mettendo in luce non solo le sue cause immediate e apparenti, ma anche i fattori storici, geopolitici e ideologici più profondi che continuano a plasmarne l'evoluzione.
L'opera si articola attorno a due nuclei centrali: il sionismo e le relazioni tra il mondo arabo e la causa palestinese. L'autore, uno degli storici più noti del Medio Oriente, riesce a distillare un inedito quadro storico che risale alle origini cristiane del sionismo, un aspetto che raramente trova spazio nelle analisi tradizionali. Filiu non si limita a considerare il sionismo come una reazione alle persecuzioni e alla discriminazione ebraica in Europa, ma ne esplora le radici più antiche e complesse, che affondano in un substrato cristiano ed escatologico, talvolta intriso di un'antica forma di antisemitismo. Questo punto di vista è tanto illuminante quanto destabilizzante, poiché offre una chiave di lettura che risulta poco esplorata dai tradizionali studi sulla nascita dello Stato di Israele.
Un aspetto cruciale di questo sguardo rinnovato sul sionismo riguarda l'analisi delle motivazioni e degli interessi che le potenze occidentali, in particolare il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno avuto nel sostenere la creazione di Israele. Filiu suggerisce che dietro la fondazione dello Stato ebraico non ci fosse solo un piano di difesa dei diritti degli ebrei, ma anche un impegno strategico che rispondeva agli interessi geopolitici delle potenze imperiali, con un influsso determinante nell'attuale configurazione del conflitto.
Il secondo grande tema del libro riguarda l'ambiguo e spesso opportunistico rapporto tra il mondo arabo e la causa palestinese. Filiu evidenzia come le potenze arabe abbiano frequentemente utilizzato la Palestina come strumento simbolico per legittimare le proprie posizioni nel panorama geopolitico del Medio Oriente. In particolare, l'autore esplora le numerose contraddizioni tra la retorica della solidarietà palestinese e le azioni concrete dei governi arabi, che hanno spesso abbandonato la causa palestinese quando essa non si inseriva nei loro calcoli strategici. Questo punto di vista, che disvela il cinismo e la manipolazione politica dietro la "solidarietà" araba, offre una visione disincantata ma necessaria della geopolitica del conflitto.
Filiu si distingue anche per la capacità di affrontare la complessità delle varie fazioni palestinesi, analizzando le divisioni interne e le dinamiche conflittuali tra i diversi movimenti di liberazione nazionale. Sebbene la causa palestinese sia stata presentata come un'unica battaglia, l'autore scava nelle differenze ideologiche, nelle rivalità e nei fallimenti tattici che hanno segnato la storia recente del popolo palestinese, svelando come anche questi fattori abbiano contribuito a rendere la situazione ancora più difficile da risolvere.
Il titolo provocatorio del libro non solo sintetizza l'analisi di Filiu, ma apre anche uno spazio di riflessione più ampio. Sebbene Israele abbia ottenuto la sua sovranità territoriale e il riconoscimento internazionale, la sua vittoria non è definitiva, nonostante la forte posizione che occupa nel contesto internazionale. Il popolo palestinese, purtroppo, ha visto sfumare la sua aspirazione a uno Stato sovrano, ma la resistenza palestinese, le sue aspirazioni e le sue lotte non sono mai state completamente annientate, suggerendo che la "vittoria" israeliana è parziale e, in molte rispettive dimensioni, incompleta.
La narrazione di Filiu è supportata da una rigorosa documentazione storica e da un'analisi minuziosa delle fonti, che arricchiscono la lettura e consentono di comprendere la profondità e la ricchezza del conflitto. Tuttavia, ciò che davvero colpisce del suo lavoro è la sua capacità di distillare una grande quantità di materiale in una sintesi chiara e comprensibile, senza sacrificare la complessità del tema trattato.
Il libro non è solo un'analisi storica: è anche un invito alla riflessione sul presente e sul futuro del conflitto. L'autore, pur denunciando la stasi e la drammaticità della situazione, lascia intravedere la possibilità di una soluzione, anche se lontana e difficile. La domanda finale che il libro solleva – se esista ancora uno spiraglio di speranza per la pace – rimane senza risposta definitiva, ma stimola un necessario dibattito tra gli studiosi, i politici e la società civile.
Il volume di Filiu, quindi, aiuta a comprendere le radici storiche, politiche e ideologiche del conflitto israelo-palestinese. La sua capacità di illuminare angoli oscuri della storia, svelando i fili intrecciati che hanno portato alla situazione attuale, lo rende una lettura iinteressante. L'approccio innovativo e la profondità analitica di Filiu confermano la sua autorevolezza come uno degli storici più acuti e competenti nel trattare le dinamiche del Medio Oriente contemporaneo.
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