Francesca Congiu – Barbara Onnis
Fino all'ultimo Stato La battaglia diplomatica tra Cina e Taiwan
Carocci Editore, pagg.243, € 25,00
Francesca Congiu e Barbara Onnis – rispettivamente ricercatrice e docente di Storia e istituzioni dell'Asia presso l'Università degli Studi di Cagliari – affrontano, in questo libro molto documentato (impreziosito dalla Prefazione di Guido Samarani) e pubblicato nella collana "Studi storici" di Carocci editore, un tema di grande attualità: quello relativo alla "battaglia diplomatica" in corso tra Pechino e Taipei.
Per cinquant'anni, dal 1895 al 1945, Taiwan fu "una colonia dell'impero giapponese". In tale periodo, "le comunità locali organizzarono una tenace resistenza armata che, pur se non in maniera continuativa, durò per almeno due decenni. Le prime fasi della resistenza culminarono, nel maggio del 1895, con la fondazione della Repubblica di Formosa, che sopravvisse per circa 140 giorni".
Con la resa incondizionata del Giappone annunciata dall'imperatore Hirohito il 15 agosto 1945, si aprì un "nuovo inizio" per la Cina: le due principali forze politiche del Paese, il Partito nazionalista (GMD) e il Partito comunista cinese (PCC) "si preparavano per un nuovo periodo di lotta, atto a determinare chi avesse la legittimità a governare il paese sotto un'unica bandiera". Scoppiò la guerra civile cinese che durò quattro anni, fino all'ottobre 1949, nel corso della quale i "due schieramenti ricevettero, sia pure in maniera diversa, supporto dall'estero": i comunisti dall'Unione Sovietica, i nazionalisti dagli Stati Uniti.
Si legge nel testo: "Il 1° ottobre 1949, Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica popolare cinese", mentre Chiang Kai-shek poco dopo "abbandonò la Cina continentale con circa 600.000 soldati e 2 milioni di civili e, con il sostegno statunitense, trovò rifugio nell'isola di Taiwan", dove, nel mese di dicembre, "proclamò Taipei capitale provvisoria della Repubblica cinese affermando di rappresentare il solo governo legittimo della Cina".
Fin dall'inizio degli Cinquanta, il governo nazionalista ha attuato "una politica economica sviluppista" che, insieme con il "sistema di infrastrutture piuttosto sviluppato" lasciato dalla dominazione coloniale giapponese, ha portato il Paese, nei decenni successivi, "a essere annoverato tra le cosiddette "quattro tigri asiatiche" (Hong Kong, Singapore, Taiwan e Corea del sud)".
"Dal 1962 al 1986" – aggiungono le Autrici -, il PIL pro capite di Taipei è "passato da 170 a 3.580 dollari, facendo balzare il paese dall'85° posto (al pari dello Zaire e della Repubblica democratica del Congo) al 38° (al pari di Grecia e Malta) nella classifica internazionale dei paesi secondo il PIL pro capite. Negli anni Ottanta, quasi tutte le famiglie disponevano di elettricità, frigoriferi e apparecchi televisivi e i due terzi avevano acqua corrente, telefono e lavatrice. L'aspettativa di vita era aumentata, come pure il livello di alfabetizzazione".
Dal 1971, la Repubblica di Cina versa in una condizione di "quasi Stato", nel senso che, pur essendo dotata di istituzioni politiche democratiche, "non possiede la sovranità "negativa", condizione imprescindibile per essere uno Stato in senso pieno". La RDC "non è classificabile come Stato in quanto manca del riconoscimento internazionale. La sua condizione politica di "quasi Stato" dipende, perciò, dai criteri internazionali di attribuzione del titolo di Stato indipendente e, naturalmente, dalla politica intransigente della Repubblica popolare cinese, fondata sul concetto di "una sola Cina" e di "un solo governo legittimo" rappresentato dai cinesi".
Il volume contiene una ricca appendice contenente "i documenti più importanti che hanno scandito la storia dei rapporti tra le "due Cine" durante e dopo la guerra fredda, con riferimento non solo alle due sponde dello Stretto ma anche alle relazioni da esse intrattenute con gli Stati Uniti d'America, che in questo rapporto hanno costituito, fin dal principio, una variabile di cruciale importanza". |