Giulio Guidorizzi – Silvia Romani
La Sicilia degli dei Una guida mitologica
Raffaello Cortina Editore, pagg.295, € 20,00
In questo libro appassionante e ricco di illustrazioni, Giulio Guidorizzi (professore emerito di Letteratura greca presso l'Università degli Studi di Milano) e Silvia Romani (professore associato di Mitologia, Religioni e Antropologia del mondo classico presso l'Università degli Studi di Milano) vanno alla ricerca dell'eredità greca presente in Sicilia.
Secondo una leggenda, la Sicilia poggia "su tre colonne: una è ormai spezzata e giace sul fondo del mare, la seconda è fortemente lesionata, mentre la terza regge, almeno per ora. Forse non di una colonna di marmo si tratta dopotutto, ma di una tradizione antica che si nutre dei miti e delle leggende: una melodia di sottofondo, la partitura di quello straniamento magico e felice che tanto piaceva ai Greci. È la stranizza di un mezzogiorno d'estate, con i cortili risuonanti di voci e qualche buona storia da raccontare e da ascoltare".
Per i Greci le Eolie erano "il luogo dove aveva avuto sede il padrone dei venti e che fu visitato per la prima volta da Ulisse: sull'acropoli di Lipari è stato trovato un grande pozzo sacrificale, profondo più di sei metri e coperto da una lastra di pietra, in cui gli abitanti gettavano offerte in onore di Eolo". Successivamente esse "furono contese tra Romani e Cartaginesi, saccheggiate, ricostruite, ma tutto sommato prosperarono sotto l'impero di Roma sino alla sua caduta. Lipari, la capitale, continuò ad avere una certa importanza in un mondo impoverito, sinché verso l'VIII secolo una serie di eruzioni vulcaniche finirono per spopolarla. L'acropoli fu poi ricostruita dai Normanni e il castello medievale sorge là dove era l'acropoli. Scavi archeologici hanno ricostruito varie fasi dell'isola, e i reperti fanno del Museo archeologico di Lipari uno dei più importanti di Sicilia".
Davanti alla costa siciliana, vicino a Messina, si trova Cariddi, dove scampò Ulisse. Tragica è la storia di Messina, "di distruzione umana e devastazioni naturali. Durante una delle tante guerre tra Cartaginesi e Greci per il possesso della Sicilia, nel 399 a.C. il generale cartaginese Imilcone conquistò la città e la rase al suolo completamente, al punto che è difficile oggi trovare della città più arcaica. Il tiranno di Siracusa Dionisio provvide poco dopo a ripopolarla, con alcune migliaia di coloni provenienti dalla Grecia".
A Catania c'è "un testimone dei secoli tempestosi" in cui la stessa fu "una bellissima città antica: il cosiddetto castagno dei cento cavalli, un albero immenso, che misura ventidue metri di altezza per altrettanti di circonferenze del tronco". Esso "è probabilmente l'albero più antico d'Europa": "Forse ha "solo" duemila anni, forse invece quattromila. Se così fosse, c'era già quando Katane è stata fondata, quando nel 476 a.C. il tiranno di Siracusa, Gerone, aveva deportato tutti i suoi abitanti". L'albero "si è salvato anche dalla furia dell'Etna e forse ha offerto un riparo ai fratelli pii e ai loro genitori. Era lì anche quando Colapesce si tuffava in mare, cercando di trovare una risposta all'infinito".
La Sicilia è la "terra dei Siculi". Tuttavia, si legge nel testo, "anche loro venivano da fuori". Sbarcarono dall'Italia, dopo la guerra di Troia, "attraversando il mare su fragili zattere". Pare che, in origine, questa popolazione silvana "fosse stanziata nel Lazio, vicino ai colli dove poi sarebbe sorta Alba Longa". Nel loro pantheon, "c'era un dio chiamato Adrano, raffigurato con l'elmo e la lancia; era un dio del fuoco, tanto che i Greci lo assimilavano a Efesto. I suoi santuari sorgevano in vari luoghi, ma verso il 400 a.C. il tiranno Dionisio di Siracusa costruì, vicino al corso del Simeto, alle falde dell'Etna, una città che portava il nome del dio, di cui restano inglobate nella città moderna parti del muraglione di cinta". Ibla era "una dea della fecondità, che diede il suo nome a varie città sicule, non bene identificabili oggi, oltre che alla catena dei Monti Iblei e al famoso miele ibleo che era rinomato ovunque".
In seguito allo sbarco dei Greci, "i Siculi furono progressivamente spinti verso l'entroterra e in parte sottomessi: si formò così una situazione in cui le coste erano greche, mentre il centro dell'isola rimase ai Siculi". Le due popolazioni cominciarono "ad avvicinarsi sin dai tempi antichi e i Siculi assorbirono dai Greci molta della loro superiore civiltà".
"Mai gli abitanti dell'isola – concludono gli Autori -, chiunque essi fossero, vollero andarsene lontano; tutti invece, salvo poche eccezioni, decisero di restare: Sicani, Siculi, Greci e poi Romani, Arabi, Normanni, e finirono per diventare siciliani". |