Éric Sadin
Io tiranno La società digitale e la fine del mondo comune
Luiss University Press, pagg.229, € 20,00
Quella che stiamo vivendo - spiega il filosofo Éric Sadin in questo recente volume tradotto da Francesca Bonomi e pubblicato nella collana "Pensiero libero" della Luiss University Press – è l'epoca dell'"individuo tiranno", una "condizione di civilizzazione inedita, che vede l'abolizione progressiva di qualsiasi base comune e la comparsa di una moltitudine di individui sparsi, convinti di rappresentare l'unica fonte normativa di riferimento e di occupare una posizione preponderante che gli spetta di diritto". Questo ethos pare "propagarsi ineluttabilmente e in modo al contempo diffuso e massiccio".
Sadin, quindi, guida il lettore all'individuazione della genesi di tale fenomeno, ripercorrendo "l'evoluzione dei fenomeni responsabili" e identificando "certi fatti cronologici determinanti, i punti di rottura, gli impegni non rispettati, i momenti di disillusione, l'accumulo di rancori".
Dopo due decenni di utilizzo sempre più massiccio delle tecnologie digitali, si comincia a comprendere "fino a che punto esse hanno, quasi insidiosamente, modificato le nostre mentalità, contribuito all'assunzione di posture inedite, ridefinito il rapporto con la realtà, con gli altri e con molti ambiti che prima determinavano la vita in comune, e questo per via di una dimensione più ampia, forgiatasi a poco a poco, e che a oggi rimane alquanto nell'ombra".
Gli individui sono stati "segnati per sempre – e in modo indelebile – dalla piacevole illusione di poter accedere a una nuova condizione di autosufficienza" offerta dalle "tecnologie personali messe a loro disposizione dal sistema privato. La loro attrattiva risiedeva nel fatto che esse sembravano offrire un doppio vantaggio. Innanzitutto quello di agevolare la vita quotidiana dispensando informazioni in tempo reale, elargendo consigli, suggerendo servizi teoricamente pensati per la singola persona e dando a ognuno la rassicurante sensazione di procedere all'interno di una realtà divenuta più docile e clemente. E in secondo luogo quello di soddisfare i bisogni primordiali di riconoscimento ed espressione di sé, offrendo a chiunque la possibilità di esibire, presso conoscenti o sconosciuti, i momenti di gioia reale o fittizia, o, al contrario, le difficoltà, i dolori, ma anche le opinioni, il malcontento, la rabbia, in particolare nei confronti dei politici e, più in generale, di un certo ordine del mondo, nella convinzione quanto mai illusoria – e vana – di essere più che mai agenti".
L'Autore definisce "sferizzazione della vita" la "condanna a evolvere all'interno di una bolla appesa, tramite una corda privilegiata, a sistemi pensati appositamente per noi", i quali assecondano la "generalizzazione dei modi di vivere".
Ciò ha come "principale conseguenza – che non smetterà di intensificarsi -" la fuoriuscita della vita privata "dall'ambito domestico per estendersi agli spazi cosiddetti "pubblici". Gli individui si trovano così circondati da un alone tutto loro, che li isola da qualsiasi cosa possa risultargli estranea o inappropriata, ed evolvono non più su un piano comune, ma su traiettorie continuamente adattate alla loro identità o al loro "profilo". Forse la futura diffusione dei veicoli cosiddetti "autonomi" sarà la conferma di questa sferizzazione: i passeggeri viaggeranno all'interno del plasma protettore e devoto dell'abitacolo, che li riempirà di attenzioni personalizzate, li condurrà senza intoppi alla meta desiderata e, per di più, suggerirà loro qualche sosta lungo il percorso in luoghi giudicati appropriati alle circostanze del momento. E allora non sarà più una società inevitabilmente fatta di una pluralità di persone chiamate ad accordarsi, compiere azioni di concerto, scendere a patti, ma un ambiente costituito da un brulichio di monadi felici di godere continuamente di ciò che si presume possa fare al caso loro in ogni momento. Una nuova condizione, questa, destinata a diventare naturale o a dare la misura di ogni cosa". |