Umberto Minopoli
Nucleare Ritorno al futuro L'energia a cui l'Italia non può rinunciare
Guerini e Associati, pagg.162, € 18,00
Questo volume di Umberto Minopoli (presidente dell'AIN, Associazione Italiana Nucleare) dovrebbe essere letto da tutti coloro che sono ostili all'utilizzo dell'energia nucleare a scopo civile. Vi troverebbero esposto un punto di vista diverso ma fondato su dati inoppugnabili ed esposto in maniera avvincente e divulgativa.
Attualmente nel mondo sono operative 442 centrali nucleari, mentre altre 54 sono in fase di costruzione. Inoltre, più di "30 Paesi, privi di energia nucleare, hanno dichiarato, all'IAEA, interesse a adottarla".
"Le grandi centrali di oggi – spiega l'Autore – sono diverse da quelle, pur sicure e affidabili, del secolo passato. E comunque il nucleare, ormai, non è fatto più solo di queste: la ricerca, la progettazione e l'ingegneria stanno proponendo impianti nuovi, diversi, piccoli e sicuri, che durano cent'anni, più economici. Questi producono non solo elettricità, ma anche calore per scaldarci, per essere usato dall'industria, per produrre idrogeno, per desalinizzare l'acqua".
Tre incidenti hanno segnato la storia del nucleare energetico, ne hanno "intaccato la reputazione", "suscitato angoscia e quel panico da ecatombe, infondato e insussistente, collegato alla parola «atomico», anche quando riguarda impianti energetici". Bisogna, tuttavia, riconoscere che tale numero è "imparagonabile, per esiguità, rispetto a quelli che hanno funestato la storia di altre tecnologie energetiche". Se, per esempio, l'incidente di Černobyl' (26 aprile 1986) provocò 28 vittime per la radioattività, il disastro della diga di Banqiao in Cina "fece 171.000 morti".
"Se si cumula – spiega l'Autore – il numero continuativo delle ore di funzionamento dei 442 reattori esistenti, si ottengono 18.000 anni di operatività senza incidenti severi. Decisamente, un'affidabilità invidiabile delle centrali nucleari".
Il primo evento incidentale risale al 28 marzo 1979 e "colpì la centrale nucleare di Three Mile Island, a Harrisburg in Pennsylvania". Pur non avendo determinato effetti dannosi a carico della salute e dell'ambiente, quell'incidente suscitò grande clamore a livello mediatico ed "ebbe un impatto enorme sull'opinione pubblica". Da lì ebbe inizio "la protesta antinucleare, che connotò, come un tratto identitario, i nascenti movimenti ecologisti e verdi".
Il nucleare non è certo esente da problemi, che però non devono essere esagerati e vanno esaminati con obiettività. Minopoli affronta questo aspetto nel terzo capitolo del libro, soffermandosi in particolare sulle tre principali obiezioni che emergono continuamente nei dibattiti sul nucleare civile: costi, errori umani, scorie.
Il kwh nucleare è assolutamente competitivo: "ha costi quasi nulli del combustibile, incide per il 5% di quelli complessivi (rispetto al 67% degli impianti fossili), spese stabili di esercizio e lunghissima durata dell'impianto".
Il processo nucleare può essere considerato "pulito, non impattante e sostenibile", perché in nessuna fase del ciclo, "dalla produzione allo smaltimento, la radioattività e le scorie vengono a contatto con le persone o l'ambiente".
La fissione nucleare rappresenta "il modo artificiale, in reattore, di forzare i nuclei di uranio a scindersi, producendo calore che, trasformato in vapore, alimenta una turbina, dalla quale si genera elettricità": essa "è stata la via dell'uso energetico dell'atomo del XX secolo".
Il XXI secolo, invece, vedrà aggiungersi alla fissione il processo opposto, quello della fusione, mediante il quale si genera energia "unendo, tra loro, atomi di idrogeno, l'elemento più leggero di tutti, il primo della tavola atomica e il più diffuso nell'universo". La fusione costituisce "il tentativo di riprodurre, artificialmente, in reattori terrestri il meccanismo (reazioni nucleari di fusione tra nuclei atomici leggeri) con cui le stelle generano calore e radiazione".
Visto che si parla tanto di transizione energetica, è giusto sapere che l'energia nucleare è "la prima fonte tra quelle non emissive di carbonio: fornisce il triplo dell'elettricità che viene dalla fonte solare e il doppio di quella dell'eolico". Perciò, osserva opportunamente Minopoli, "Transitare ecologicamente senza il nucleare è irrealistico".
"Dal 1970 a oggi – si legge ancora nel testo -, i kwh generati per via nucleare hanno evitato l'emissione di 60 miliardi tonnellate di CO₂: due anni di emissioni dell'intero sistema elettrico del mondo".
Nell'epifania del nucleare civile, l'Italia esercitò "un ruolo preminente, tale da farne la terza nazione al mondo dopo USA e Gran Bretagna. Nei fatti, si può dire, il nostro Paese fece da battistrada, anche, dell'ingresso nella seconda generazione del nucleare civile, quello di centrali di più larga potenza e nuove tipologie".
Come "siamo stati i primi ad avere il nucleare, siamo stati anche i primi, e gli unici, a cancellarlo, senza appello, dal nostro mix di fonti di energia, sulla base di scelte emotive e, alla luce di oggi, miopi". L'incidente di Černobyl' fu soltanto un pretesto sfruttato da una classe dirigente ostile al nucleare "per chiudere una lunga partita con il nucleare e metterci sopra una pietra tombale. Partendo dall'emozione suscitata dall'evento, il governo dell'epoca cancellò un piano energetico che – pur mantenendo la dipendenza dagli idrocarburi di importazione all'80% - avrebbe corretto, significativamente, il mix elettrico incrementando la quota del nucleare dal 4,6% del 1986 al 7,4% nel 1995".
Inoltre, non fu il referendum del novembre 1987 a determinare l'uscita dell'Italia dal nucleare, perché quella consultazione, in realtà, rappresentò "la copertura di una decisione già presa dalla politica, addirittura un anno prima del voto".
Uno studio fatto nel 2009 ha stimato il costo della chiusura del nucleare in Italia intorno ai 55 miliardi di euro, "cui va sommato quello del mancato sviluppo, che, sul sistema energetico, ha avuto le conseguenze maggiori, di cui oggi si paga ancor di più lo scotto". |