Rafael de Nogales
Quattro anni sotto la Mezzaluna Prefazione di Antonia Arslan
Guerini e Associati, pagg.332, € 28,00
Il diario di guerra del venezuelano Rafael de Nogales (1877-1937), scrittore e soldato di ventura arruolato nell'esercito ottomano, cristiano non simpatizzante degli armeni, rappresenta uno dei pochi resoconti di fonte diretta del Genocidio Armeno, ma è anche una straordinaria testimonianza sull'Anatolia, la Mesopotamia e la Palestina negli anni della Prima Guerra mondiale. Tradotto e curato da Fabrizio Pesoli, è giunto recentemente in libreria per i tipi delle Edizioni Guerini e Associati, impreziosito dalla prefazione di Antonia Arslan.
Nel 1922, l'Autore trovò rifugio nelle Ande colombiane e lì stese ben otto versioni diverse dell'opera, "prima di licenziare quella definitiva, la nona", ricorda Pesoli. Il libro apparve nell'agosto 1924, "seguito l'anno dopo da una versione abbreviata in tedesco" (composta da 27 capitoli contro i 33 dell'edizione in lingua spagnola), venne entusiasticamente recensito sul "New York Times" del 17 maggio 1925 dalla poetessa Muna Lee e ottenne "una calorosa accoglienza presso il pubblico anglofono".
"In qualità di ufficiale dell'esercito ottomano passato dal rango originario a quello di ispettore generale delle forze turche in Armenia – scrive Nogales -, ebbi modo di entrare in contatto, a differenti livelli di intimità, con la maggior parte dei leader dei Giovani Turchi". Il cameratismo, tuttavia, "subiva una limitazione significativa ma non innaturale" dal fatto di essere l'Autore un cristiano, "e quindi un nemico ereditario secondo certe consuetudini turche".
"Come scoprii più tardi – aggiunge -, quando le esigenze del conflitto mi spostarono da un settore all'altro, vi erano cose che accadevano là dove erano richiesti i miei servizi di soldato e che in quanto cristiano non mi sarebbe stato lecito vedere. Avvenne così, secondo una logica tipica della mentalità orientale, che alcuni capi mi inviassero a rendere quei servizi con il segreto accordo che, a lavoro compiuto, non lasciassi la scena vivo. Questo sottinteso, di sicuro interesse per uno studioso della psicologia orientale, aggiunse una nota piccante alla mia esperienza nell'esercito turco durante i difficili anni del conflitto. Sapere di avere un pugnale sguainato alle spalle e un fucile puntato alla fronte obbliga a tenere tutte le facoltà in allerta e riattizza l'attaccamento alla vita, in caso di cali momentanei. Si tratta, insomma, di una condizione non priva delle sue particolari attrattive".
Nogales fu testimone dell'"indomito coraggio degli ottomani" che "offrì sublimi esempi di quella feroce resistenza per cui essi, da tempo immemore, vanno famosi come una delle più valenti e battagliere nazioni del Vecchio Mondo".
Lungo le rive dell'Eufrate, l'Autore vide "moltitudini di cadaveri di donne e bambini armeni, rosi dai vermi e divenuti pasto per avvoltoi e sciacalli". Tale drammatico spettacolo suscitò in lui profondo stupore, in quanto "era regola pressoché invariabile delle autorità ottomane quella di cancellare meticolosamente ogni prova dei loro crimini, al fine di evitare che lo svolazzo degli avvolti e il frugare dei cani randagi rivelassero dove aveva banchettato la iena con la mezzaluna stellata sulla fronte".
Lo scrittore venezuelano non ha alcun dubbio sul fatto che "le deportazioni e i massacri fossero avvenuti secondo un piano preparato accuratamente" con l'obiettivo "di farla finita innanzitutto con gli armeni, poi con i greci e con gli altri cristiani – sudditi ottomani dell'Impero. Possiamo trarre ampi conferme di ciò dai massacri di Siirt, Cizre e dei distretti vicini, nei quali persero la vita non meno di duecentomila cristiani nestoriani, siro-cattolici, giacobiti ecc., che non avevano alcun legame con gli armeni e che erano sempre stati sudditi fedeli del Sultano. La prova sta anche nelle deportazioni degli armeni di Ankara, quasi tutti cattolici romani, che preferirono la morte all'apostasia e alla conversione all'islam, come fece la maggioranza degli armeni gregoriani ai quali i turchi avevano offerto la stessa alternativa". |