Claudio Visentin - Gianluigi Della Valentina
Storia di Bergamo dalle origini ai giorni nostri
Edizioni Biblioteca dell'Immagine, pagg.285, € 12,00
Questo libro di Claudio Visentin (già direttore, dal 2011 al 2014, del Museo delle storie di Bergamo) e Gianluigi Della Valentina (già docente di Storia contemporanea e Storia economica presso l'Università di Bergamo) ricostruisce la storia di Bergamo dalle origini ai nostri giorni.
Furono i Romani a conferire a Bergamo "il primo vero volto urbano, applicando come di consueto il loro collaudato impianto urbanistico". Le tracce dell'insediamento romano restarono a lungo nascoste "sotto le successive trasformazioni della città" e sono riemerse grazie ai "recenti scavi e ricerche, culminati in una mostra ben costruita" del 2019.
In seguito, nel IV secolo, "fu tracciata la diocesi di Bergamo, di cui San Narno fu verosimilmente il primo vescovo". Nel VI secolo, arrivarono i Longobardi, che "trovarono Bergamo pressoché deserta e gli animali che pascolavano allo stato brado fra gli edifici in rovina".
Nei primi secoli del secondo millennio, Bergamo, rispetto a Milano, Brescia e Cremona, era "una piccola città, abitata da non più di 4-6.000 abitanti" e, fino alla prima età comunale, "si identificava interamente con l'insediamento murato sul colle. Ai suoi piedi lo spazio restava prevalentemente agricolo e naturale, interrotto soltanto da qualche monastero".
Bergamo divenne poi, dal 1428 al 1797, "l'estremo avamposto occidentale del nuovo dominio veneziano. L'ombra proiettata dalle ali del Leone di San Marco si arrestò solamente dopo aver toccato le sponde dell'Adda, sebbene l'appetito fosse forse ancora più forte".
"Nel corso dei trecentosettant'anni di appartenenza ai domini marciani – osservano gli Autori – la cultura locale mescolò "soavità veneziana e vigoria lombarda", come disse il patrizio Francesco da Molino. Proprio in virtù della sua posizione Bergamo continuò a trovarsi esposta a influenze differenti, rielaborate in un'identità propria senza subire passivamente i condizionamenti esterni".
Degna di nota è la figura di Bartolomeo Colleoni, "un geniale e discusso condottiero" che "riuscì a ritagliarsi una sorta di signoria unendo diverse terre, alcune protette da un castello, come Urgnano, Romano, Martinengo". Egli "era nato forse nel 1395 da una famiglia altolocata che contendeva ai Suardi il predominio cittadino e millantava una discendenza da Ercole".
Alla fine di giugno del 1797, la Bergamasca confluì nella Repubblica Cisalpina, cui aveva dato vita il generale Napoleone Bonaparte al termine della vittoriosa Campagna d'Italia (1796-1797). "Il tempo dei francesi e di Napoleone – si legge nel testo – durò meno di un ventennio, in gran parte tormentato d continue guerre". In seguito, il Lombardo-Veneto venne posto dal Congresso di Vienna "sotto il comando di Francesco I", sovrano asburgico.
Mentre il Seicento bergamasco era stato il secolo dei grandi pittori, "nel primo Ottocento a Bergamo si distinsero i musicisti" come Gaetano Donizetti (1797-1848) e il violoncellista Carlo Alfredo Piatti (1822-1901).
Un elevato numero di bergamaschi - circa centottanta – prese parte all'impresa dei Mille di Garibaldi "per sprezzo del pericolo e disparità di forze in campo: nessun'altra città mandò più volontari della "Città dei Mille". Coraggio, spirito d'iniziativa, voglia di fare da sé anche quando le circostanze non sembravano propizie: erano tratti di Garibaldi e dei garibaldini assai graditi ai bergamaschi".
Oggi Bergamo è scelta come meta da un numero sempre maggiore di turisti, che si uniscono "agli escursionisti del fine settimana, provenienti dalle città vicine. Ancora solo alla fine del secolo scorso parlare di turismo a Bergamo sembrava un controsenso: Bergamo era e doveva restare la casa dei Bergamaschi, il luogo dove tornare dopo aver costruito la propria fortuna per le strade del mondo, come i padri, i nonni e più indietro ancora. Poi il cambiamento, rapido e quasi inatteso".
"I bergamaschi – concludono Visentin e Della Valentina – sono come sospesi tra quel che erano e quel che non sono ancora. Oggi più che in ogni altro tempo serviranno determinazione, energia, immaginazione, la capacità di riconoscere e preservare l'essenziale; perché anche quando il futuro sembra sfidare il passato, in realtà lo contiene". |