Michael Schuman
L'impero interrotto La storia del mondo vista dalla Cina
Utet, pagg.430, € 25,00
Quella che Michael Schuman racconta in questo libro è "la storia cinese del mondo", cioè "la storia che ha creato la visione del mondo dei cinesi, e soprattutto la loro percezione del proprio ruolo all'interno di quel mondo".
Secondo l'Autore, "la Cina vuole quello che ha sempre voluto. È stata una superpotenza per quasi tutta la sua storia e vuole esserlo di nuovo".
La Cina – aggiunge Schuman - "è un impero diverso dagli altri: in larga misura, esiste ancora. Nella sua veste di stato nazione, è una versione delle entità politiche cinesi indipendenti che in precedenza si formarono più o meno nella stessa area geografica. Il sistema politico cinese, nella sostanza, si è dimostrato davvero resistente. L'epoca delle dinastie imperiali in Cina è durata assai a lungo, ben 2100 anni. Noi in Occidente tendiamo a considerare la storia cinese una serie di dinastie, una di seguito all'altra, quasi fossero inquilini che si susseguivano nella Città proibita; quando il contratto di affitto di una dinastia scadeva, subentrava un'altra coppia regale; per noi, i nomi degli svariati imperi possono sembrare diversi, da Tang a Song a Ming, ma sono più o meno intercambiabili. Le cose non andarono proprio così. In certi periodi, spesso lunghi, la Cina era divisa in stati avversari o dominata da invasori stranieri. Anche se le diverse dinastie avevano alcuni tratti simili, essendo tutte monarchie verticistiche, non erano affatto identiche: ciascuna aveva caratteristiche proprie, adeguate alla sua epoca, e le incarnazioni successive sviluppavano le istituzioni e le ideologie create dai loro predecessori".
Ciò che maggiormente sorprende della "storia politica della Cina è la frequenza con cui venne ricostituito l'impero. La Cina avrebbe potuto facilmente seguire lo stesso percorso dell'Europa, dove un'area con origini culturali e storiche comuni a un certo punto si divise in paesi in competizione con lingue, governi e obiettivi propri. Lì invece i pezzi venivano sempre rimessi insieme. L'idea di una "Cina" unica, formulata prima dell'epoca di Cristo, reggeva saldamente. Se la Cina non era unita, la sua classe politica ogni volta desiderava che tornasse a esserlo".
Forti sono poi le analogie tra la Cina del XXI secolo e quella delle epoche passate: "La struttura del governo attuale non è poi così diversa da quella delle dinastie, creata per la prima volta duemila anni fa: uno stato centrale, con il potere accentrato nella capitale, che controllava il paese grazie a una burocrazia capillare. Le province, allora come oggi, spesso godevano di un certo livello di autonomia non ufficiale, e gli alti burocrati della capitale, allora come oggi, vedevano i loro propositi vanificati di continuo da funzionari con spirito indipendente delle lontane periferie. Esiste un proverbio cinese più vero oggi di quanto non sia mai stato: «Il cielo è in alto e l'imperatore è lontano»".
Dal 1949 la Cina è una Repubblica popolare provvista di "una costituzione, un procedimento legislativo e un sistema giudiziario". La divisione dei poteri "esiste solo sulla carta, mentre nella pratica" i massimi dirigenti "possono fare quello che desiderano, e quadri di partito, giudici e funzionari pubblici eseguono quanto viene ordinato. Chi sfida lo stato viene trattato con brutalità. Come minimo, il sistema politico cinese del XXI secolo è al limite del totalitarismo. Nel 2018 l'attuale presidente, Xi Jinping, ha fatto abolire dalla costituzione del paese i limiti di tempo alla sua permanenza in carica, e questo significa che se vuole può regnare a vita come un imperatore. E i mandarini imperiali, spesso paranoidi, potevano solo sognare di mettere le mani sulla moderna tecnologia grazie alla quale oggi Xi può monitorare le telefonate, i messaggi, le mail, i movimenti, le abitudini di acquisto e le transazioni finanziarie dei cinesi".
La formidabile crescita economica della Cina l'ha immersa "nel mondo creato dall'Occidente". Nei decenni scorsi, il governo comunista ha aderito "a tutte le istituzioni fondative del sistema economico globale dominato dagli Stati Uniti: il fondo monetario internazionale, la banca mondiale e l'organizzazione mondiale del commercio".
Questo percorso, tuttavia, non farà diventare la Cina "occidentale": "I cinesi non si sono mai sentiti a loro agio a vivere in base a regole e culture di altri popoli. La loro civiltà era al centro di tutto: erano loro a stabilire le condizioni per i rapporti con il resto del mondo, e non il contrario. Le idee, i prodotti e le istituzioni cinesi fluivano verso l'esterno, e il mondo veniva in Cina a cercare la sua ricchezza, i suoi libri, la sua filosofia e le sue meraviglie. La percezione dei cinesi di essere eccezionali, di avere una civiltà superiore e quindi di meritare di stare al vertice della gerarchia mondiale non aveva mai vacillato per quasi tutta la sua lunga storia. Solo quando la Cina era indebolita i cinesi avevano accettato a denti stretti le direttive e le norme di altri. La dinastia Han, troppo debole per combattere, aveva dovuto subire l'infamia di riconoscere la parità con i bestiali Xiongnu in un'Asia bipolare; anche i Song ingoiarono l'orgoglio dinastico con i Qidan e i Nüzhen. Dopo l'invasione mongolica del XIII secolo, i cinesi furono fortemente integrati nell'impero globale più vasto dei gran khan, ma non se ne fecero mai una ragione. Durante quei periodi, come disse più di 2100 anni fa Jia Yi, il lungimirante uomo di stato della dinastia Han, il mondo era "sottosopra". Ogni volta, i cinesi osservavano e aspettavano il loro momento per raddrizzarlo, e appena recuperavano la loro forza consueta cominciavano a riaffermare il proprio ordine mondiale, in cui di nuovo la Cina regnava suprema. Il figlio del cielo emergeva nuovamente, e la sua virtù brillava su tutti nelle quattro direzioni. I tributari venivano a prostrarsi, e le ricchezze della civiltà cinese erano condivise. Com'era sempre stato. Come sempre sarebbe stato".
La storia – conclude Schuman - "ha l'abitudine di ripetersi, e questo vale soprattutto per la Cina. Innumerevoli volte è sembrata sull'orlo del precipizio, con gli eserciti distrutti, nessuna coesione, depredata dei suoi tesori. Governavano i barbari, regnava il caos. Eppure ogni volta i cinesi hanno rimesso insieme i pezzi. La nazione si è ripresa. Con un figlio del cielo emergente e splendente. Con il mondo rimesso in ordine. Può essere negata la storia? I nuovi capitoli aggiunti alla storia del mondo cinese potrebbero benissimo somigliare a quelli precedenti. «L'impero, a lungo diviso, deve unirsi; a lungo unito, deve dividersi»".
La lettura del volume consente di comprendere la Cina di oggi e di scorgere le probabili sembianze che assumerà in futuro. |