Elisabetta Valento
Homor faber Julius Evola fra arte e alchimia
Edizioni Mediterranee, pagg.160, € 24,50
Questo libro della studiosa Elisabetta Valento, che oggi le Edizioni Mediterranee ripropongono in una versione aggiornata, uscì nel 1994 ed è dedicato alla fase artistica e poetica della densa vita di Julius Evola.
Claudia Salaris spiega(va), nell'Introduzione (rimasta invariata), che "questo saggio riesce a dare il senso della ricerca evoliana, passata attraverso fasi concatenate, legate tra loro da una logica interna, in cui l'impegno creativo è un passaggio che, proprio per le motivazioni meta-artistiche che lo sostengono, è dedicato a sfociare al di fuori della dimensione puramente estetica".
L'attività pittorica dell'adolescente Evola ebbe inizio nel 1915, allorché il futuro filosofo frequentava l'Istituto Tecnico. Egli fu attratto, in particolare, dal Futurismo e dalla poetica di Giacomo Balla (che intendeva l'arte "come azione e quindi come volontà e possesso"), ""gran maestro" di una schiera sempre più numerosa di giovani artisti", del quale fu "personalmente amico" e, secondo l'Autrice, anche "allievo". Tra l'altro, fu Balla a presentare Arturo Reghini a Evola.
Al biennio 1917-18 risalgono "le opere da noi conosciute e che rientrano in blocco in quella tendenza da Evola stesso chiamata dell'"idealismo sensoriale" e che considera conclusa nel '18. Tale designazione la troviamo per la prima volta nel cataloghetto della personale tenuta presso Bragaglia nel gennaio 1920".
Evola – che, nel realizzare le proprie opere pittoriche, utilizzò sempre materiali "tradizionali" come il carboncino, gli inchiostri, gli acquarelli, i colori a olio e gli smalti – ravvisava nell'arte una "creazione dello spirito" che si invera mediante "una manipolazione artigianale che usa quale materiale quello usato nelle antiche botteghe, fucine d'arte: i colori".
L'esperienza della guerra – Evola partì per il fronte nel 1917, "assegnato a posizioni montane di prima linea vicino ad Asiago" – ebbe un influsso sulla produzione artistica evoliana, "sia in quella pittorica che in quella poetica". Sono note cinque poesie scritte al fronte e "inserite nella raccolta "poesie dada" pubblicata nel 1969" da Vanni Scheiwiller. Successivamente si registra "la volontà di Evola di sganciarsi dal Futurismo, la cui poetica era sempre più distante dalla sua" accompagnata dal desiderio "di inserirsi nel Dadaismo, ma con una posizione il più possibile autonoma".
Benché l'adesione evoliana al Dadaismo sia stata "totale" e l'ammirazione "fortissima", "forse tendente all'emulazione teorica, che Evola nutre per Tzara", tuttavia – precisa Elisabetta Valento – "il suo inserimento nel movimento dadaista nasce e si nutre di posizioni autonomamente sviluppate e la sua partecipazione si pone come necessariamente isolata, semplicemente considerando le coordinate geografiche, evolvendosi su di un livello teorico con risvolti filosofici preannuncianti l'attività che, coinvolgendo Evola già a partire dagli anni '20-'21, lo condurrà a concludere l'esperienza artistica".
Il volume si conclude con una ricca Appendice curata da Giorgio Calcara (collaboratore della Fondazione Julius Evola), in cui – oltre al saggio intitolato "Dopo un secolo: la consacrazione di Julius Evola nel mondo dell'arte" – si trova un'ampia sezione iconografica con la riproduzione delle opere pittoriche evoliane (incluse quelle reperite negli ultimi anni nel mercato delle aste internazionali e archiviate dal Comitato Scientifico per Evola Artista). |