La Repubblica dei referendum Stampa E-mail

Andrea Morrone

La Repubblica dei referendum
Una storia costituzionale e politica
(1946-2022)


il Mulino, pagg.546, € 39,00

 

morrone referendum  Dal 1970 al 2022 i referendum votati dagli italiani sono stati 73 (compresi i cinque referendum sulla giustizia di qualche settimana fa). Con questa ampia e rigorosa ricerca, Andrea Morrone (docente di Diritto costituzionale presso l'Università di Bologna) inserisce l'istituto referendario nella storia della Repubblica italiana, ricostruendone l'origine, gli sviluppi e le dinamiche.

  "La Costituente – scrive l'Autore – non provvide direttamente alla disciplina dei referendum previsti dalla Costituzione. Le norme costituzionali, infatti, si limitano a stabilire le regole generali delle decisioni popolari dirette (artt. 75, 123, 132, 138 Cost.), rimettendo al legislatore ordinario la regolamentazione di dettaglio".

  Ciò avvenne con l'approvazione della legge n.352 del 25 maggio 1970, divisa in cinque parti: "i primi quattro titoli disciplinano il referendum costituzionale, il referendum abrogativo, i referendum per le modificazioni territoriali delle Regioni e le proposte legislative del popolo; l'ultimo titolo detta regole finali. In tutti i tipi di referendum il legislatore ha diviso il procedimento in due fasi: l'iniziativa, il controllo".

  Il 12-13 maggio 1974, a quattro anni di distanza dall'introduzione della legge n.352 del 1970, gli italiani vennero chiamati alle urne con il referendum sul divorzio, confermando "a larga maggioranza la scelta divorzista: partecipò al voto l'87,7% degli aventi diritto, votò No il 59,3%, mentre i Sì furono il 40,3% dei voti. L'andamento dei risultati elettorali dimostrò che gli italiani espressero sostanzialmente un responso omogeneo su tutto il territorio nazionale, senza che gli elettori fossero stati condizionati da logiche di appartenenza partitica".

  La successiva stagione referendaria vide come principale protagonista il Partito radicale, che assunse "fino in fondo il ruolo di partito dei referendum contro il «blocco storico del regime»".

  "Contro l'iniziativa radicale, ritenuta destabilizzante e qualunquista – spiega Morrone -, decisa fu la reazione del sistema politico. Per arginare la minaccia referendaria in Parlamento si tentò sia di modificare le leggi sottoposte a richiesta referendaria, sia di restringere le maglie della disciplina del referendum abrogativo".

  Negli anni Ottanta, all'epoca del pentapartito, "la storia dell'istituto referendario percorse nuovi sentieri, mostrando una valenza diversa dal passato. Il referendum divenne anche strumento di lotta a disposizione dei partiti politici, tra cui soprattutto quei partiti rimasti, fino ad allora, a esso indifferenti o contrari. Il terreno dello scontro fu anch'esso del tutto nuovo, riguardando dapprima il tessuto delle relazioni socioeconomiche e, poi, i grandi temi della giustizia e della tutela dell'ambiente".

  A seguito della vittoria dei Sì in tutti gli otto referendum del 18-19 aprile 1993, vi fu chi – come Carlo Mezzanotte – fu indotto a "ritenere, sia pure in posizione non da tutti condivisa, che il referendum, specie per effetto dei quesiti elettorali, era diventato metafora del potere costituente".

  Successivamente, l'istituto verrà messo in crisi dall'astensionismo (come è stato anche il caso della recente tornata referendaria).

  In definitiva, "la prassi del referendum ha conosciuto usi diffusivi ma anche abusi ricorrenti, successi importanti e decisivi ma pure tradimenti altrettanto clamorosi, la nascita e la scomparsa di attori e di altri soggetti pubblici, la formazione e la scomposizione di equilibri politici, una buona dose di conservazione e di innovazione. Tutto ciò ha arricchito la storia della Repubblica".