Il trionfo ansioso Stampa E-mail

Donald Sassoon

Il trionfo ansioso
Storia globale del capitalismo
1860-1914


Garzanti, pagg.828, € 30,00

 

sassoon ansioso  Lo storico Donald Sassoon, già docente di Storia europea comparata presso la Queen Mary University of London, propone in questo libro un'analisi del periodo compreso tra la seconda metà dell'Ottocento e la Grande guerra, quando il capitalismo "si affermò e fu universalmente adottato e quando la maggior parte dei suoi oppositori riconobbe che era inevitabile, se non addirittura desiderabile".

  L'Autore mostra "come le classi dirigenti reagirono alla sfida del capitalismo industriale e come il progresso industriale riuscì a realizzarsi mantenendo il dissenso al minimo grazie alla creazione di un senso di comunità nazionale o di uno spirito patriottico, usando lo stato per regolamentare il capitalismo o conquistando nuovi territori".

  Il periodo studiato dall'Autore – 1860-1914 - "segnò il trionfo del capitalismo: un trionfo globale. Nel 1900 la Gran Bretagna non era più l'unica potenza industriale, com'era invece all'inizio dell'Ottocento. La Germania stava recuperando terreno e gli Stati Uniti lo avevano già fatto. Nei decenni precedenti al 1914 nessuno stato capitalistico poteva dirsi «egemone» né militarmente né economicamente. La fine della Prima guerra mondiale vide invece la straordinaria ascesa dell'unica vera superpotenza dell'era moderna: gli Stati Uniti. La loro superiorità fu l'esito non solo di una crescita straordinaria nei decenni prima della guerra, ma anche di uno sviluppo costante nel periodo interbellico".

  Alla fine del XIX secolo, spiega Sassoon, "non si prevedeva per il capitalismo un simile lampante trionfo. Negli anni Ottanta del XIX secolo, in quasi tutti gli stati indipendenti – la maggior parte di quelli europei e dell'America settentrionale, centrale e meridionale, Giappone, Cina e alcuni paesi dell'Asia e dell'Africa (come l'Etiopia) – si riconosceva la necessità di «modernizzare», cioè di abbracciare il capitalismo industriale. Cionondimeno, la sua avanzata provocava una notevole ansia, anche nella prospera Inghilterra. Non soltanto, come ci si potrebbe aspettare, tra gli operai sfruttati e i contadini minacciati, ma anche tra i ceti medi, che temevano possibili rivolte operaie, l'incertezza economica, i rapidi cambiamenti nelle gerarchie sociali, ebrei e irlandesi, colera e vaiolo e, soprattutto, i poveri".

  Secondo l'allievo di Hobsbawm, l'ansia costituisce "una costante delle società capitalistiche. Essa è tuttavia parte del sistema, non è esterna a esso". Per questo, quindi, quello del capitalismo fu un "trionfo ansioso", come indica peraltro il titolo del volume.

  L'inesorabile avanzata del capitalismo industriale "provocava una notevole ansia, anche nella prospera Inghilterra. Non soltanto, come ci si potrebbe aspettare, tra gli operai sfruttati e i contadini minacciati, ma anche tra i ceti medi, che temevano possibili rivolte operaie, l'incertezza economica, i rapidi cambiamenti nelle gerarchie sociali, ebrei e irlandesi, colera e vaiolo e, soprattutto, i poveri".

  "Avevano ragione ad avere paura – osserva l'Autore -. La rivoluzione industriale, che, dopo essere iniziata in Inghilterra, stava investendo tutto l'Occidente, e il concomitante spostamento dei lavoratori dalle campagne alle città, stavano provocando sconvolgimenti inauditi nella struttura sociale. A cambiare non erano soltanto i lavori. Si abbandonava un'esistenza di tranquilla povertà in una comunità stanziale in favore delle incerte condizioni della vita urbana, emigrando talvolta in un altro paese. Di solito, anche se non sempre, ciò significava un miglioramento in termini di alloggio e alimentazione, ma suscitava anche ansie per il futuro".

  Anche i piccoli imprenditori, "pur trovandosi in condizioni migliori rispetto alla maggioranza della popolazione, vivevano turbati da un'ansia costante, in parte perché preoccupati per la concorrenza delle imprese più grandi, in parte perché invidiosi della borghesia salariata, specialmente dei dipendenti del settore pubblico".

  Insomma, "vivere in un sistema capitalistico era fonte di ansie costanti: ansia per i poveri e i disoccupati, che non sapevano se avrebbero ottenuto un lavoro; ansia per chi un lavoro lo aveva ma non sapeva se sarebbe riuscito a tenerlo; ansia per i ricchi, che non sapevano se sarebbero rimasti ricchi; ansia per i capitalisti, che non sapevano se sarebbero usciti vincitori o sconfitti nella sempre più dinamica arena del capitalismo competitivo".