Claudia Weber
Il patto Stalin, Hitler e la storia di un'alleanza mortale 1939-41
Einaudi, pagg.XIV-296, € 28,00
Claudia Weber, docente di Storia dell'Europa contemporanea all'Europa-Universität Viadrina di Francoforte sull'Oder, ricostruisce in questo documentato saggio la storia del patto Ribbentrop-Molotov, spesso ritenuto in sede storiografica "un preludio, un prologo" della Seconda guerra mondiale, concentrandosi in particolare sugli aspetti "che chiariscono la dinamica dell'alleanza tedesco-sovietica quale percorso comune e come risultato della cooperazione fra le politiche nazionalsocialista e stalinista e i loro propugnatori".
Secondo l'Autrice, il "significato storico che il patto Hitler-Stalin riveste per i primi anni della seconda guerra mondiale seguita a essere sottovalutato. Per quanto concerne il Terzo Reich, continua a essere visto come una mossa tattica, che consentì a Hitler la campagna contro la Polonia senza che dovesse modificare di una virgola l'intenzione di annientare l'Unione Sovietica. Dalla prospettiva sovietica era considerato come il tentativo con cui Stalin aveva cercato di ritardare l'assalto ritenuto inevitabile; un'interpretazione fatta circolare con successo dallo stesso Stalin nel 1941. La lettura privilegiata negli anni novanta si concentrava invece sulla spartizione geopolitica dell'Europa orientale pattuita nel Protocollo aggiuntivo segreto. E benché la validità di queste interpretazioni non possa essere messa seriamente in dubbio – ognuna ha la sua giustificazione storica – esse non colgono a sufficienza il significato che l'alleanza tedesco-sovietica riveste per la storia della guerra mondiale e per quelle della violenza e della dittatura nell'Europa nel XX secolo. Tenuto conto di ciò, concepisco la mia rappresentazione della mortale alleanza come una proposta e un'esortazione a ripensare le coordinate tradizionali – che seguivano o la politica bellica e d'occupazione nazionalsocialista o quella stalinista – mediante una storia del patto Hitler-Stalin che ne consideri gli intrecci. Sono convinta che questa metodologia permetta di superare in modo produttivo dal punto di vista euristico le divisioni fra Est e Ovest nel senso di una storia della violenza e di una memoria della guerra mondiale comuni all'Europa intera".
Il Trattato di non aggressione tedesco-sovietico venne stipulato a Mosca il 23 agosto 1941 "per la durata di dieci anni, con un'opzione di rinnovo automatico di altri cinque se nessuna delle due parti lo avesse disdetto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza. Comprendeva sette articoli nei quali i due contraenti si impegnavano alla reciproca rinuncia alla violenza, ad azioni aggressive e a un attacco, da sole o in alleanza con una terza potenza. Fu esclusa anche la possibilità di entrare in un'alleanza o di sostenerla, nel caso fosse diretta contro uno dei due contraenti. Nell'articolo 3 la Germania e l'Unione Sovietica si accordarono di tenere consultazioni per «rimanere in contatto» e «informarsi reciprocamente su questioni di comune interesse». A insistere per l'inclusione di questo articolo fu Stalin in persona e, così facendo, rivelò quanto poco peso desse alle professioni di amicizia e di fiducia nelle quali la propaganda si sarebbe profusa nelle settimane successive. Stalin preferì consultazioni concordate per contratto, anche se entrambe le parti sapevano che non si giocava mai a carte scoperte. Ma proprio questa consapevolezza poteva essere sfruttata per costruire una preziosa e necessaria opzione di uscita".
"Quando, la mattina del 24 agosto, si diffuse la notizia della firma del Trattato – spiega Claudia Weber -, l'Europa fu colta da uno shock. Eppure l'alleanza non arrivò inaspettata e l'avvicinamento fra la Germania e l'Unione Sovietica si poteva osservare da settimane. Il terrore colpì più di tutti il movimento dell'Internazionale comunista, che solo quattro anni prima, al VII Congresso mondiale del Comintern, si era vista propinare ben altra dottrina".
Il Trattato di non aggressione, tuttavia, "non eliminò la diffidenza e il sospetto che tedeschi e sovietici nutrivano gli uni nei confronti degli altri. Da un punto di vista politico Mosca temeva, non a torto, che la Germania mirasse a un armistizio separato con le potenze occidentali: un obiettivo che Hitler, anch'egli a ragione, attribuiva pure a Stalin".
Ciò non impedì alle due potenze – Urss e Germania nazionalsocialista -, nei mesi successivi alla stipula del patto di occuparsi e spartirsi un'ampia porzione del continente europeo. "Al termine delle campagne di conquista nell'Europa orientale, settentrionale e occidentale – osserva l'Autrice -, Hitler aveva ampliato il suo dominio di 800 000 chilometri quadrati, mentre Stalin riuscí a estendere il suo impero verso ovest e sud-est di 422 000 chilometri quadrati. Sull'Europa orientale si erano accordati nel famigerato Protocollo aggiuntivo segreto al Trattato di non aggressione tedesco sovietico, di cui Molotov, nelle conversazioni con Čuev, negò con impeto l'esistenza e che è stato pubblicato solo a seguito della Perestrojka".
"Dal settembre del 1939 al giugno del 1941 – aggiunge Claudia Weber - la storia della seconda guerra mondiale in Europa coincise con quella del patto Hitler-Stalin: a est come a nord e a ovest. Eppure l'importanza centrale che il patto riveste non solo per la Polonia, ma anche per le conquiste di Hitler a nord e a ovest, è stata tematizzata e riconosciuta molto meno di quanto è accaduto per i fatti dell'Europa orientale. La sua storia continua a essere spesso considerata una questione che riguarda gli europei dell'est, senza tenere conto che i cosiddetti Blitzkriege altrimenti non sarebbero stati possibili e che l'alleanza esercitò un considerevole influsso sull'evolversi del regime d'occupazione tedesco. Il Terzo Reich occupò la Francia, gli stati del Benelux e parte della Scandinavia nel periodo in cui il patto rimase in vigore e grazie a esso, mentre l'Unione Sovietica inglobò i paesi baltici, la Bessarabia e la Bucovina settentrionale. L'andamento della guerra, tanto vittorioso per entrambi i dittatori, condusse l'alleanza alla fine – nell'Europa sud-orientale, dove i due programmi da grande potenza si scontrarono – a un decisivo punto di svolta che mise in evidenza le linee di frattura e di conflitto. La parabola discendente del patto Hitler-Stalin iniziò durante la primavera del 1940, nel momento del suo massimo «successo»: la conquista dell'Europa". |