Nietzsche e il senso della vita Stampa E-mail

Robert Reininger

Nietzsche e il senso della vita
Traduzione e prefazione di Julius Evola


Edizioni Mediterranee, pagg.183, € 22,00

 

reininger nietzsche  La prima edizione italiana di quest'opera risale al 1971 e uscì per i tipi di Volpe Editore "circa cinquant'anni dopo la sua comparsa in edizione austro-tedesca". Il volume torna adesso in libreria nella collana "Orizzonti dello spirito" delle Edizioni Mediterranee con l'aggiunta di una Postfazione curata da Giovanni Sessa.

  Secondo Julius Evola, cui si deve la traduzione, tra i numerosi studi su Nietzsche quello del Reininger si segnala per due ragioni. Da un lato, esso pone al centro "il problema del senso dell'esistenza, nelle soluzioni che Nietzsche ha cercato di dargli nel travaglio del suo pensiero, della sua stessa esistenza". Dall'altro, è interessante il "risalto dato al «valore situazionale» che ha una problematica la quale non ha cessato di essere attuale".

  Robert Reininger, formatosi nelle Università di Bonn, Heidelberg e Vienna, insegnò storia della filosofia nella capitale austriaca dal 1903 e divenne presidente della Società Filosofica dell'Università di Vienna nel 1912. Dal 1940 fu membro corrispondente dell'Accademia Prussiana delle Scienze.

  Egli chiarisce sin dalle prime pagine che "si può parlare di una «filosofia» di Nietzsche solo con certe riserve, se per filosofia s'intende una dottrina unitaria, ben fondata e coerente, informata da una volontà scientifica. Lo spirito filosofico che lo compenetrò dimostrò sé stesso in un saper pensare le idee considerate sino alle estreme conseguenze e nel portarle ad una perfezione tipica. Però egli non riuscì mai a mantenere la necessaria distanza di fronte ai suoi sempre mutevoli convincimenti. Ecco perché anche quel che si può chiamare la sua dottrina è rimasto dappertutto in una forma incompiuta: se esso non è, per questo, meno interessante, pure non può venire valutato allo stesso modo dell'opera intellettuale di altri pensatori".

  "Nel profondo – aggiunge l'Autore -, Nietzsche era uno spirito dionisiaco che anelava ad una trasfigurazione apollinea. Però il suo intelletto veggente gli impedì ogni fallace soddisfarsi in illusioni seducenti e la sua volontà fiera e sovrana disdegnò ogni fiacco compromesso con la tragicità della vita. Così avvenne che malgrado la sua vera aspirazione egli fu spinto ad affermare il temibile elemento dionisiaco, sia nella natura che nell'anima, e a negare sempre più l'elemento apollineo. Per tal via egli, che per natura era tutto orientato verso il «razionalismo etico» e l'idealismo, divenne un antidealista, un esaltatore dell'istinto, uno scettico e il più radicale di tutti i naturalisti. Uomo spirituale e volitivo ad un tempo, psicologo con una sottile intuizione da poeta non meno che moralista compenetrato dello «spirito della gravità», cioè del senso della profonda serietà della vita, quanto pochi altri dopo di lui, egli fu chiamato a vivere l'urgenza del problema del senso dell'esistenza in tutti i suoi pericoli e le sue spinose complicazioni, a individuarlo in tutti i suoi aspetti e ad indicare anche la via per una soluzione di esso conforme alla sua natura".

  Rispetto alla morale, Nietzsche distingueva 'signori' e 'schiavi': "signore è chi sa darsi da sé una legge; schiavo è chi resta legato ad una legge che gli è intimamente estranea. Come gli stoici, Nietzsche non ammette mezzi termini in fatto di valore etico. Tuttavia quella distinzione non può avere un carattere assoluto. Anche molti a cui manca la forza per una pura morale individuale sentono il vivo bisogno di orientare la loro vita secondo punti di riferimento ideali, bisogno che suole esprimersi in un naturale e spiccato senso dell'ordine e del diritto, dell'onore e del dovere, della verità e della lealtà, della giustizia e dell'umanità".

  Le tre disposizioni d'animo idonee a "forgiare delle morali" e a "esercitare una influenza tipica sulla formazione etica" sono il timore, l'amore e la fierezza. Mentre il timore è il motivo dominante dell'Antico Testamento, l'amore lo è del Cristianesimo. "L'etica filosofica dei Greci – spiega Reininger - è invece una morale della fierezza: di autoaffermazione di fronte alla tragicità del fato, di distanziamento dalla massa, di autarchia del sapiente". "Non è senza un profondo significato che Zarathustra, insieme all'animale più prudente — la serpe — abbia scelto come simbolo l'animale più fiero, l'aquila: «E se la mia prudenza dovesse un giorno lasciarmi — che la mia fierezza s'involi, insieme ad essa» (Zar., I)".

  Per il filosofo la "fierezza è incompatibile con la paura. È quindi naturale che Nietzsche rigetti tutto ciò che gli sembra esser scaturito dalla paura. Nulla gli è più odioso della viltà, in ogni sua forma; è essa che nelle «nature da schiavi» gli ripugna di più. Fra le male creature della paura Nietzsche fa rientrare la stessa morale del «tu devi» subordinato alla minaccia di una volontà estranea; del pari sarebbe visibile espressione di paura il continuo bisogno di appoggiarsi ad una legge universalmente valida".

  Giovanni Sessa scrive che l'opera di Reininger è degna di "attenzione da parte degli studiosi. Evola ne capì, da filosofo e da promotore culturale, la crucialità non solo, nello specifico, per l'esegesi nietzschiana, ma per le sorti del nostro tempo. È, infatti, a muovere da Nietzsche, letto nei termini indicati da Reininger, che si incontra un filone vitale del pensiero contemporaneo, in grado di dare la risposta di senso alla società post-moderna nella quale siamo calati".