Lidia Pupilli
Intellettuale nel regime L'altra vita di Romolo Murri
Marsilio Editori, pagg.215, € 20,00
Questo volume di Lidia Pupilli (docente nella scuola secondaria, è direttrice scientifica dell'Associazione di Storia Contemporanea) ricostruisce, sulla base di un cospicuo e, in larga parte, nuovo materiale archivistico e documentario, la biografia intellettuale di Romolo Murri concentrandosi sugli anni successivi all'avvento del Regime fascista e seguendo tre direttrici fondamentali: la prolifica produzione giornalistica murriana realizzata dalle colonne del «Resto del Carlino» nel periodo compreso fra il 1927 e il 1942; la pubblicazione di opere dedicate a temi di lungo periodo della riflessione di Murri (rapporti Stato-Chiesa; romanità e universalismo; Cristianesimo, storia e civiltà) in frangenti storici significativi – la Conciliazione del 1929, gli anni immediatamente successivi all'impresa etiopica, generalmente considerati il momento del massimo consenso per il Regime; la guerra e la crisi del 1943 – e, infine, le relazioni e i contatti coltivati con esponenti del mondo culturale, di regime e non, e della politica in rapporto a determinati momenti e aspetti dell'attività intellettuale messa in campo dall'ex sacerdote. Romolo Murri aveva intrapreso la collaborazione con il «Carlino» nell'estate 1919, all'epoca della direzione di Missiroli e con la mediazione dell'ex seguace Quinto Tosatti. "La produzione giornalistica degli anni successivi al 1926", scrive l'Autrice, colloca "il marchigiano fra i tanti artefici della «fabbrica del consenso»: l'immagine complessiva che si ricava dalla lettura degli articoli è proprio quella di un giornalista "funzionario", disposto a tradurre e propagandare le direttive del regime anche laddove in contrasto con la propria personale opinione, o, quantomeno, disposto a fare opera, parziale o totale, di "autocensura", aspetti che vanno messi in relazione con la progressiva irreggimentazione della stampa e riduzione degli spazi di dissenso. Si può addurre l'esempio dell'Asse Roma-Berlino e dell'alleanza con la Germania, cui Murri si dichiarava nelle corrispondenze assolutamente contrario, ma cui dovette pur dedicare degli articoli dai toni entusiastici; o ancora l'esempio della Conciliazione, quando egli decise di astenersi dai commenti ufficiali, salvo poi affidare alcuni rilievi critici, più che bilanciati da lodi e considerazioni positive per lo Stato fascista, a un volume uscito nel 1930". Nel 1938, Murri firmò una "recensione alla nuova edizione dei Protocolli dei savi anziani di Sion, curata da Giovanni Preziosi": "Non ci si interrogava intorno a una questione di autenticità dei Protocolli, se questi rappresentassero o meno il testo reale di conferenze tenute all'inizio del secolo «da un ebreo che sapeva», ma dalla loro lettura si era invitati a ricavare considerazioni sull'essenza dell'ebraismo – odio per i cristiani e per la loro civiltà – e sulla minaccia da esso portata al cuore dell'Occidente". Nell'analisi murriana, "gli ebrei venivano rappresentati come ospiti sgraditi sia ai regimi totalitari, sia alle stesse democrazie insorte contro la loro persecuzione, ciò a dimostrazione del fatto che il cosiddetto "problema ebraico" non era «invenzione dei regimi totalitari»: gli ebrei stavano diventando indesiderabili anche nei paesi ricchi, in quanto ostacolo alla produzione stessa di ricchezza". Fra i numerosi libri di cui fu autore, degno di attenzione è L'idea universale di Roma, "un'opera uscita nel 1937, insignita di un premio nazionale di cultura e aggiudicatasi un non indifferente risultato di vendite, circa 1800 copie «a tutto il 1938». Tale volume era "il frutto di un lavoro pluriennale, sviluppatosi all'inizio degli anni trenta e che ebbe come antefatto l'avvio di una riflessione critica sull'idealismo, intorno alla sua "compatibilità" con il cristianesimo e alla sua capacità di salvaguardare «le premesse essenziali della fede», a partire dalla personalità di Dio e dei singoli". Pupilli ricorda che don "Angelo Scarpellini, religioso che avrebbe preso contattati con Murri giusto in seguito alla pubblicazione de L'idea, mise in relazione (nell'ambito delle Conferenze augustee tenute alla Cattolica) la figura di Augusto con quella di Cristo, in quanto artefice dell'impero romano che era «simbolo della città terrena» e aveva una «singolare analogia con l'universalità". "Una considerazione complessiva sulla fisionomia di Murri intellettuale negli anni del regime - osserva Lidia Pupilli - restituisce i contorni di una figura che, pur portando avanti i propri classici temi di riflessione, si trovò a sperimentare molteplici forme di adattamento, ad esempio, nella spesso deplorata professione giornalistica: primaria fonte di reddito e di sostentamento del suo nucleo familiare e fulcro di un lavoro ventennale e quotidiano che gli consentì di far fronte alle difficoltà esistenziali e materiali connesse alla situazione di uno scomunicato, ormai fuoriuscito dalla politica attiva e che si sarebbe pure trovato a vivere in un contesto di regime concordatario, oltretutto subendo nel 1929 un importante declassamento professionale". |