Storie di vita e di malavita |
Marina Gazzini
IL LIBRO – Il volume affronta un tema non comune nella medievistica: la prigione e i suoi abitanti. Nel carcere medievale i prigionieri – incarcerati prima della sentenza, oppure rimasti "dentro" perché indebitati, socialmente pericolosi, riconosciuti colpevoli di un delitto – non erano abbandonati a loro stessi; delle loro esigenze si facevano carico le famiglie, la Chiesa, i laici devoti, gli stessi pubblici poteri. Nel caso di Milano il sistema carcerario e il rapporto tra carcerati, giustizia e misericordia assume sfumature peculiari. Le prigioni (anche private) sono numerose e disperse nella città: la più grande è un carcere-ospedale, che rinchiude certo, ma lascia intendere che è utile (per motivi economici) aiutare la sopravvivenza del reo e il suo ritorno in società. I milanesi del Quattrocento sono poi consci dei rischi di abbandonare i detenuti (uomini e donne) a una giustizia che, per i suoi costi, tutela solo i più forti. Ecco dunque i Protettori dei carcerati: utili non solo ai deboli rinchiusi in carcere, ma anche al dominus, che li sostiene. Interessato a porre rimedio agli eccessi del sistema, il duca è infatti anche (e forse soprattutto) desideroso di mostrarsi misericordioso, e in quanto tale superiore alla legge. Indagare la condizione dei carcerati si rivela dunque un modo per cogliere non solo le dinamiche di esclusione e di inclusione sociale pertinenti al controllo della devianza, ma anche i meccanismi di relazione tra governanti e governati nel tardo medioevo. DAL TESTO – "È un'intera collettività che ruota attorno al mondo della prigione medievale. Con il carcerato si relazionavano il cittadino che disponeva delle sue ultime volontà o che procedeva a donazioni inter vivos più o meno spontanee, come nel citato caso dell'affarista Tomaso Grassi; il religioso che si specializzava nell'assistenza alla categoria dei prigionieri e dei condannati a morte; il patrizio civilmente impegnato soprattutto se esperto di legge; l'operaio fornitore di servizi; il proprietario immobiliare che vendeva o affittava beni ai carcerati: aiutare la sopravvivenza del reo e il suo ritorno in società diventava un'opportunità, anche economica. L'AUTRICE – Marina Gazzini (Milano, 1965) insegna Storia medievale presso l'Università di Parma. I suoi interessi scientifici si sono rivolti principalmente verso la storia della società, della religiosità e dell'economia medievali. Tra le sue pubblicazioni, le monografie ""Dare et habere". Il mondo di un mercante milanese del Quattrocento", Firenze 2002, e "Confraternite e società cittadina nel medioevo italiano", Bologna 2006; ha inoltre curato "Studi confraternali: orientamenti, problemi, testimonianze", Firenze 2009, e con A. Olivieri, "L'ospedale, il denaro e altre ricchezze. Scritture e pratiche economiche dell'assistenza in Italia nel tardo Medioevo", in «Reti Medievali - Rivista», 17/1 (2016). INDICE DELL'OPERA – Introduzione - Capitolo 1. I carcerati nel medioevo: Milano, Italia (1. Un ritardo storiografico e le sue ragioni - 2. La giustizia attraverso lo specchio della prigione - 3. Il case-study milanese: fonti e metodo) - Capitolo 2. Luoghi e spazi dell'imprigionamento (1. Carceri pubbliche, private, ecclesiastiche - 2. La Malastalla, carcere comunale e ospedale) - Capitolo 3. Profili di carcerati (1. Tra norma e prassi - 2. Non solo uomini, non solo laici: donne e chierici - 3. Prigionia e povertà) - Capitolo 4. «Cura et custodia» dei carcerati (1. La sorveglianza - 2. Aiuti materiali e altre attenzioni umane - 3. Pratiche di culto e assistenza religiosa) - Capitolo 5. Giustizia e misericordia per i carcerati (1. La tutela legale - 2. La misericordia del dominus) - Conclusioni. Fuori dal limbo |