Francesco Lisanti
Storia degli anarchici milanesi (1892-1925)
La Vita Felice, pagg.312, € 18,50
IL LIBRO – Questo volume offre per la prima volta una serie di documenti che possono essere considerati importanti per la storia italiana e non soltanto per quella dell'anarchia. Milano, d'altra parte, in quegli anni è la città dove nascono nuove tendenze e movimenti o, se si desidera, dove si manifestano meglio che altrove le idee politiche. Nel capoluogo lombardo le proteste del maggio 1898, per reprimere le quali Bava Beccaris non esita a utilizzare i cannoni contro la folla, sono legate alla storia del socialismo, al movimento anarchico (Gaetano Bresci uccide Umberto I per vendicare i lavoratori massacrati che chiedevano pane), alle paure che si manifestano nella borghesia industriale. A Milano nascono il futurismo e il fascismo, qui si fa le ossa Mussolini; il «Corriere della sera», che in quel tempo è diventato autorevolissimo oltre a essere la voce della città, detta le linee al governo; il «Popolo d'Italia» è anch'esso milanese e dal 1914, anno della sua fondazione, mostra gli aspetti meno previsti del movimento socialista. Nel 1920 a Milano esce anche il quotidiano anarchico «Umanità Nova», diretto da Errico Malatesta; rivoluzionario e pensatore che nel medesimo anno fu arrestato e recluso nel carcere di San Vittore. E qui è possibile aggiungere una notizia per mostrare i diversi aspetti del movimento. Imprigionato, cominciò con altri detenuti uno sciopero della fame che ne compromise le condizioni fisiche, riducendolo quasi in fin di vita; lo sciopero tuttavia venne sospeso dopo la strage del Diana (che Malatesta non approvò), avvenuta il 23 marzo 1921 nell'omonimo teatro milanese, con 21 morti e 80 feriti, per la quale furono condannati Giuseppe Mariani, Ettore Aguggini, Giuseppe Boldrini e altri 16 anarchici individualisti. Insomma, scrivere una storia dell'anarchia milanese a cavallo tra il XIX e il XX secolo, con documenti che Lisanti ha riscoperto all'Archivio di Stato di Milano, rappresenta un contributo indispensabile per inquadrare e meglio comprendere un'epoca. Allora l'anarchia era già un movimento popolare e soltanto qualche professore isolato ne ricordava l'etimologia greca, ovvero che essa indicava l'assenza di capo e di governo (Aristotele, Politica, V, 3, 1320b); per i militanti, o anche per le persone semplici che vi avevano aderito, essa significava soprattutto il non riconoscimento di leggi o istituzioni poste dallo Stato. In altri termini, come aveva scritto Max Stirner ne L'Unico e la sua proprietà, ogni legge è frutto dell'egoismo di un gruppo egemone e il cosiddetto ordine sociale favorisce soltanto gli interessi di coloro che stanno meglio.
DAL TESTO – "Ogni anarchico era visto come pericoloso solo per il fatto di essere anarchico. Era pericolosa l'ideologia, non l'uomo. Ma il malcontento stava per diventare più grande della sola corrente anarchica. Le drammatiche sconfitte dell'Amba Alagi, di Macallé e infine di Adua portarono molti italiani in piazza a manifestare contro la politica coloniale portata avanti da Crispi, che già dalle incomprensioni del trattato di Uccialli si era dimostrata fallimentare, causando infine numerosi morti fra i soldati italiani." "Il 22 aprile 1897 l'anarchico Pietro Acciarito tentò di accoltellare Umberto I mentre questi si stava recando ad assistere all'ippodromo alle corse dei cavalli. Dalle sue parole si evinse che il motivo del gesto era da ricercare nelle dure repressioni siciliane delle rivolte dei Fasci e nella volontà di civilizzare i popoli dell'Africa con i cannoni. Il re schivò il colpo, e l'attentato fallì. Negli stessi giorni in Parlamento si discuteva su un inasprimento della legge sul domicilio coatto. Con essa si proponeva l'assegnazione ad esso degli incensurati che con atti preparatori avessero manifestato il deliberato proposito di attentare, con vie di fatto, all'ordinamento della famiglia o della proprietà. Si puntava a prevenire il reato attraverso la deportazione. Questa nuova versione avrebbe colpito non solo le singole persone, ma anche la propaganda fatta attraverso i giornali, i volantini e i comizi. Ogni articolo o frase contro l'ordine costituito poteva rientrare nella fattispecie normata."
L'AUTORE – Francesco Lisanti (Milano, 1982), laureato in Esegesi delle fonti storiche medievali del corso di laurea in Scienze storiche e diplomato alla scuola di Archivistica, paleografia e diplomatica dell'Archivio di Stato di Milano. Archivista di professione. Ha collaborato con varie istituzioni ed è tra i soci fondatori dell'Associazione Culturale Askesis, che studia e sviluppa progetti per la valorizzazione degli archivi. Appassionato di storia e storie, fotografia, fumetti e cinema. Per BookTime ha scritto "Apologia di Gaetano Bresci" (2014) ed "Expo 1906" (2015).
INDICE DELL'OPERA – Nota dell'Editore - Storia degli anarchici milanesi - Prima parte. La grande repressione - Seconda parte. Le lotte popolari - Terza parte. Bombe per la mancata rivoluzione - Bibliografia |