Martin Heidegger
Quaderni neri 1931-1938 Riflessioni II-VI
Bompiani, pagg.X-701, € 28,00
IL LIBRO – I "Quaderni neri" presentano una forma che, secondo le sue caratteristiche, risulta oltremodo singolare non solo per Heidegger, bensì in generale per la filosofia del XX secolo. Tra i generi testuali di cui solitamente si fa uso i Quaderni sarebbero anzitutto da paragonare a quello del "diario filosofico". In essi gli eventi del tempo vengono sottoposti a considerazioni critiche e messi continuamente in relazione con la "storia dell'Essere". Il presente testo è il primo dei tre volumi in cui saranno pubblicate le "Riflessioni". Il primo quaderno di questo volume incomincia nell'autunno del 1931, l'ultimo, con le "Riflessioni VI," si conclude nel giugno del 1938. Le "Riflessioni" non corrispondono ad "aforismi" da intendersi come "massime di saggezza". Ciò che è "decisivo non è", "che cosa si rappresenti e che cosa venga riunito a formare una costruzione rappresentativa", "bensì solo come si ponga la domanda e assolutamente il fatto che si domandi dell'essere". Dal "tentativo" di Heidegger di riconoscere la "storia dell'Essere" nei suoi segni quotidiani nasce un manoscritto che, dall'inizio degli anni trenta fino all'inizio degli anni settanta, interpreta anche i due decenni più oscuri della storia tedesca e l'eco che ne seguì. In molti passi di questi diari Heidegger, senza abbandonare per un attimo il discorso dell'essere, si dilunga in considerazioni sulla storia, la guerra, la politica, la cultura, il sistema economico ed educativo del proprio tempo. Un aspetto, questo, che in larga parte ha contribuito a creare interesse e a suscitare scalpore intorno ai "Quaderni". A tale proposito va detto che i temi più scottanti e i passi più scabrosi - quelli relativi all'ebraismo che hanno prepotentemente riportato Heidegger al centro del dibattito filosofico mondiale - compaiono a partire dal secondo volume, dal Band 95, redatto dal 1938. Già in questo primo volume però, la cui stesura si avvia nel 1931, il tema "politico" è prepotentemente messo in gioco da tutto il campo semantico del Volk, il "popolo". L'aggettivo volklich è stato tradotto con "del popolo" e völkisch con "nazionalistico", il sostantivo Volkstum con "costumi popolari", "folklore", Volksgemeinschaft con "comunità nazionale" e Volksgenossen con "compatrioti".
DAL TESTO – "Giungiamo ora nell'epoca dell'"ideologia" che si adegua alla svelta al nazionalsocialismo; oggi particolarmente semplice. Il pericolo è questo: da una parte essa è irrilevante, e appunto per questo per i più è fuorviante, d'altra parte è più importante ma dagli altri viene rifiutata, il che al tempo stesso viene a corrispondere con una negazione di ciò che è spirituale. Il tutto comunque si muove entro forme di rappresentazione borghesi-liberali." "Oggi si può già parlare di un "nazionalsocialismo volgare"; con ciò intendo il mondo, i parametri, le pretese e l'atteggiamento del gazzettiere e del professionista della cultura oggi insediati e apprezzati. Di qui, naturalmente, all'insegna di uno stupido richiamo al Mein Kampf di Hitler, si diffonde nel popolo una ben determinata dottrina della storia e dell'uomo; tale dottrina si può caratterizzare al meglio come materialismo etico; con ciò non si intenda però la richiesta del piacere dei sensi e del pieno godimento come suprema legge dell'esserci; certamente no. La caratterizzazione valga come consapevole presa di distanza dal marxismo e dalla sua concezione della storia economico-materialistica. "Materialismo, nell'espressione sopra citata, significa: che il cosiddetto "carattere", il quale di certo non corrisponde a brutalità e fanatismo, e il quale però vale come l'alfa e l'omega, viene appunto posto come una cosa attorno alla quale ruota tutto il resto. "Carattere" può infatti significare: mentalità da borghesucci; o anche capacità di intervento pronta all'impegno, risoluta e sobriamente concentrata sul suo lavoro e su una conoscenza concreta, può anche voler dire: abilità in tutte le macchinazioni che prendono di mira qualcosa e che nascondono il difetto di capacità e la gravità e radicatezza - a tal punto sono manchevoli - del modo di pensare. In breve: carattere non è un che di semplicemente presente come le pietre e le auto - né esso può venire semplicemente formato in un istituto per l'addestramento rapido - bensì si dispiega tramite la sperimentazione entro la storia che esso in una maniera o nell'altra contribuisce a configurare - ma certamente non da solo [...]"
L'AUTORE – Martin Heidegger (1889-1976) è il più importante pensatore tedesco del Novecento e uno dei filosofi più influenti dell'età contemporanea. Di famiglia cattolica studia teologia a Friburgo. Più tardi abbandona il cattolicesimo e nel '19 diventa assistente di Edmund Husserl, al quale succede nel '28. Le sue opere più importanti sono "Essere e tempo" (1927), "L'origine dell'opera d'arte" (1929), "Lettera sull'umanismo" (1947), "Sentieri erranti" (1950), "Introduzione alla metafisica" (1953), "Saggi e discorsi" (1954), "Che cosa significa pensare?" (1954), "In cammino verso il linguaggio" (1959), "Nietzsche" (1961), "Segnavia" (1967).
INDICE DELL'OPERA – Avvertenza della traduttrice - Quaderni neri 1931-1938 (Riflessioni II-VI) - Cenni X Riflessioni (II) e Istruzioni - Riflessioni e Cenni (III) - Riflessioni (IV) - Riflessioni (V) - Riflessioni (VI) - Postfazione del curatore |