Enzo Ciconte
1992 L'anno che cambiò l'Italia Da Mani Pulite alle stragi di mafia
Interlinea, pagg.144, € 14,00
Enzo Ciconte, riconosciuto tra i massimi studiosi italiani della storia delle mafie, torna a intrecciare analisi storica, interpretazione politica e indagine sociologica nel volume "1992. L'anno che cambiò l'Italia". Il libro rappresenta un contributo prezioso e denso alla comprensione di un anno spartiacque nella storia della Repubblica italiana, in cui convergono dinamiche eversive, collassi istituzionali, mutamenti epocali nel panorama politico, e il riassetto dei poteri criminali.
Il 1992, come suggerisce il titolo, non è semplicemente un riferimento cronologico ma un vero e proprio paradigma interpretativo. Ciconte lo colloca come anno di frattura e di transizione, nel quale si chiude definitivamente la Prima Repubblica e prende forma un nuovo ordine politico-istituzionale ancora in fieri. Il testo si sviluppa seguendo una narrazione coesa ma al contempo stratificata, che pone al centro la simultaneità di eventi di portata eccezionale: la stagione stragista di Cosa nostra con gli attentati di Capaci e via D'Amelio, l'inizio dell'inchiesta di Mani Pulite che travolge la classe dirigente della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, e la crisi della rappresentanza politica culminata con l'elezione di Oscar Luigi Scalfaro alla presidenza della Repubblica in un contesto drammaticamente segnato dalla perdita di fiducia nelle istituzioni.
Il libro non si limita a una cronaca degli eventi, ma ne esamina le connessioni profonde, le linee di continuità sotterranee e le zone grigie tra potere legale e potere criminale, tra mondo dell'imprenditoria settentrionale e criminalità organizzata, tra strutture dello Stato e dinamiche eversive. In tal senso, l'autore pone l'interrogativo – inquietante e ancora irrisolto – sulla necessità di eliminare chi, come Giovanni Falcone, avrebbe potuto far luce su dossier esplosivi, come quello riguardante il rapporto tra mafia e appalti, contenente riferimenti espliciti a esponenti dell'imprenditoria del Nord Italia.
Il rigore storiografico di Ciconte si coniuga con una scrittura accessibile, ma mai semplificata. La scelta delle fonti – che comprende documentazione giudiziaria, atti parlamentari, materiale d'archivio e memorie dirette – si inserisce in un quadro di ricerca che restituisce con efficacia il clima di quegli anni: un'Italia in bilico tra disgregazione e ricomposizione, tra implosione del sistema politico e consolidamento di nuovi assetti di potere. La narrazione è accompagnata da un impianto interpretativo che rifiuta letture univoche e si muove invece in direzione di una ricostruzione critica e articolata dei nessi causali.
Ciconte si distingue per la capacità di problematizzare i fatti, proponendo chiavi di lettura che tengono conto delle diverse scale temporali (il breve, il medio e il lungo periodo), e ponendo attenzione tanto agli snodi macro-politici quanto agli effetti sociali e culturali delle trasformazioni in atto. L'autore non cade mai nella trappola del determinismo o del complottismo, ma suggerisce con forza l'urgenza di interrogare ancora oggi quei processi, alla luce della perdurante resilienza delle strutture mafiose e del loro potere di infiltrazione nei meccanismi economici e istituzionali del Paese.
Uno degli aspetti più rilevanti del volume è la sua capacità di stabilire un ponte tra il 1992 e l'attualità. È un invito a considerare la storia non come sequenza di eventi chiusi, ma come campo di forze in cui persistono nodi irrisolti, complicità rimosse, verità parzialmente occultate. La lettura del 1992 come anno di cesura si fa così strumento per decifrare le dinamiche dell'Italia contemporanea, ancora alle prese con l'ombra lunga di quella stagione.
Il volume si inserisce coerentemente nel percorso intellettuale e scientifico di Ciconte, che da decenni indaga con lucidità e coraggio la storia della criminalità organizzata italiana. A differenza di lavori più tecnici e settoriali, qui l'autore adotta una prospettiva sistemica, in cui la mafia non è solo organizzazione criminale, ma fenomeno sociale e politico radicato nella storia dello Stato italiano. In tal senso, il saggio rappresenta un ideale compendio delle tesi maturate nei suoi precedenti lavori, pur aprendo a nuove piste interpretative e domande di ricerca.
"1992. L'anno che cambiò l'Italia" è un libro che coniuga rigore analitico e tensione civile, offrendo al lettore non solo una narrazione avvincente e documentata, ma anche uno strumento critico per interrogare il passato recente e le sue eredità. Enzo Ciconte propone un'opera che, per la profondità dell'indagine e l'attualità delle domande poste, si impone come lettura utile per comprendere le dinamiche profonde che hanno attraversato – e continuano a segnare – la Repubblica italiana.
Un lavoro, insomma, che non si limita a raccontare che cosa è accaduto nel 1992, ma si interroga sul perché, con l'ambizione, pienamente realizzata, di contribuire alla costruzione di una memoria storica consapevole e critica.
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