Giorgio Starace
La pace difficile Diari di un ambasciatore a Mosca
Mauro Pagliai Editore, pagg.180, € 14,00
Giorgio Starace, figura di spicco della diplomazia italiana, offre con "La pace difficile" un'opera di straordinario valore documentale e riflessivo. Il volume, edito in un contesto geopolitico ancora profondamente scosso dall'aggressione russa all'Ucraina, si presenta non solo come testimonianza diretta di un periodo critico, ma anche come esercizio di lucida analisi su scenari futuri possibili — o auspicabili — per le relazioni internazionali.
L'autore, ambasciatore d'Italia a Mosca dal 2021 al 2023, raccoglie nel suo diario una serie di annotazioni che spaziano dalla cronaca diplomatica quotidiana a riflessioni di ampio respiro sul senso e sulla funzione della diplomazia in epoca di crisi sistemiche. La narrazione, pur nella sua natura diaristica, si distingue per una densità concettuale e una coerenza argomentativa tali da renderla un prezioso contributo agli studi delle delle relazioni internazionali.
Starace racconta con partecipazione ma senza indulgenze emotive il lavoro dell'ambasciatore in una capitale diventata improvvisamente epicentro di una guerra continentale. La narrazione dei fatti si intreccia con descrizioni attente dei contesti politici, culturali e sociali, offrendo al lettore una visione stratificata della Russia post-24 febbraio 2022. Il linguaggio, pur accessibile, non rinuncia alla precisione terminologica, e il ritmo narrativo è scandito da una costante tensione tra l'osservazione dei fatti e la necessità di attribuire loro un senso più ampio.
Il cuore del libro non è solo la descrizione degli eventi, bensì la progressiva maturazione di un pensiero critico sulle possibilità di costruire un percorso di pace credibile e duraturo. L'autore non si limita a rilevare la complessità delle trattative, ma ne indaga le implicazioni etiche, culturali e strategiche, collocando la questione bellica in un più vasto orizzonte di riflessione globale.
Uno dei meriti più evidenti del volume è la capacità di restituire la dimensione profondamente umana dell'agire diplomatico. Starace racconta episodi di quotidiana fatica, momenti di solitudine istituzionale, ma anche istanti di contatto autentico con interlocutori russi ed europei. L'approccio dell'autore è marcatamente empatico, eppure mai ingenuo: la tensione tra necessità tattiche e convinzioni personali è espressa con onestà intellettuale, rendendo il libro particolarmente prezioso anche per coloro che si interrogano sul confine tra realpolitik e idealismo nella gestione delle crisi internazionali.
Il testo si distingue inoltre per l'ampiezza dello sguardo. Pur concentrandosi sull'invasione dell'Ucraina, Starace allarga il campo di analisi ad altre sfide globali: la sostenibilità ambientale, le dinamiche migratorie, le minacce del terrorismo transnazionale e il rapido sviluppo tecnologico (compreso quello spaziale). In questo senso, il libro si configura anche come una riflessione di politica globale, non limitata alla contingenza del conflitto russo-ucraino.
Il nucleo teorico dell'opera si condensa nella proposta, tanto idealistica quanto necessaria, di un ritorno al multilateralismo. Starace insiste sulla necessità di rilanciare le istituzioni internazionali — ONU in primis, ma anche forum regionali e piattaforme intergovernative — per affrontare con strumenti condivisi sfide che non conoscono confini. L'idea di "pace" che emerge è ben lontana da una mera assenza di conflitto armato: essa si configura piuttosto come una condizione dinamica, fondata su cooperazione economica, integrazione culturale e rispetto della legalità internazionale.
Il volume non è, dunque, solo un riferimento al contesto specifico in cui si svolge il racconto, ma assume il valore di un monito universale: il cammino verso un equilibrio globale è impervio, discontinuo e irto di ostacoli, ma al contempo è l'unica via percorribile per garantire un futuro sostenibile e sicuro per l'umanità.
"La pace difficile" è un testo che si distingue per rigore e profondità. La sua forza risiede nella capacità di coniugare l'esperienza personale con una visione sistemica del mondo contemporaneo. Non si tratta semplicemente di un diario di guerra, né di un trattato teorico: è piuttosto una forma ibrida, dove l'osservazione in prima persona si intreccia con un'esigenza di comprensione più ampia e sistemica.
In un momento storico dominato da semplificazioni e polarizzazioni, il libro dell'ambasciatore Starace rappresenta un invito alla responsabilità, al dialogo e all'ascolto delle ragioni dell'altro, anche — e soprattutto — quando sembrano più distanti.
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