All'armi siam leghisti Stampa E-mail

Antonio Rapisarda

All'armi siam leghisti
Come e perché Matteo Salvini ha conquistato la Destra


Aliberti Wingsbert House, pagg.240, € 16,00

 

rapisarda siamleghisti  IL LIBRO – Sono sovranisti e identitari. Con una mano occupano nuovi spazi virtuali agendo sui social media e con l'altra preparano la colla per i manifesti. Tra i simboli il Sole delle Alpi e il Colosseo quadrato. Sullo scaffale conservano Gianfranco Miglio e Julius Evola, mentre rileggono Alain de Benoist e si appassionano ad Alexander Dugin. Il mito delle patrie, il risveglio dell'Europa e la riconquista della proprietà della moneta sono gli elementi centrali di questa nuova "comunità" politica.
  Milano, Tor Sapienza e piazza del Popolo: questi i luoghi. Matteo Salvini ha conquistato questa generazione che lo ha indicato come guida del (vero) partito della Nazione da opporre a Matteo Renzi e a Bruxelles "ladrona". È lui il leader giudicato capace di scardinare e riorganizzare la destra alle soglie della sua implosione. Una nuova forma politica sta prendendo corpo. La stampa mainstream l'ha già etichettata nero-verde, ossia l'incontro di una Lega in evoluzione con i centri sociali non conformi e con la destra sociale. In realtà, c'è molto altro: studiosi, sindacalisti, riviste, associazioni, artisti. E una rete europea in forte crescita e pienamente in sintonia con il popolo degli invisibili. Dall'analisi del fenomeno Matteo Salvini alla guida della Lega, un viaggio nella nuova destra italiana. Un saggio-inchiesta tra padani, CasaPound e outsider emarginati dalle politiche pubbliche.  
  "All'armi siam leghisti" traccia un percorso fra miti e riferimenti, uomini e idee di una comunità politico-culturale improvvisamente investita del ruolo di anti-Renzi. Ma soprattutto è una riflessione che indaga in profondità il fenomeno Salvini, per raccontarne figure, passioni e la linfa culturale che nutre il progetto del leader leghista. Questo libro è un'analisi del presente di una destra in mutazione, ma vuol essere un indizio che ne lascia intravedere le forme future. Con testimonianze, tra gli altri, di Jean-Marie Le Pen, Adolfo Morganti, Philippe Vardon, Ugo Maria Tassinari, Lorenzo Fontana, Paolo Grimoldi, Simone Di Stefano, Claudio Borghi, David Rachline, Gianluca Savoini. E un'analisi sull'euro di Alberto Bagnai.

  DAL TESTO – "Un personaggio, il presidente russo, che è entrato poi prepotentemente nel codice identitario di tutta la generazione nero-verde: uomo forte, fisicamente e politicamente, di un carisma tutto zarista. Se Barack Obama gioca a basket, Vladimir Putin pratica judo, se il presidente americano "nobel per la Pace" minaccia la guerra in Siria, Putin "il guerrafondaio" si adopera per la pace. «Non vorrei dire, sminuendo Putin, che "nel regno dei ciechi il guercio è re" - incalza Savoini -, ma la pochezza di punti di vista dei cosiddetti leader mondiali ed europei, fa risaltare Putin oltre i suoi meriti che comunque ha.
  "Se lo paragoniamo ad Obama, ad Hollande e alla Merkel, Putin ha assunto proprio nel mondo identitario il ruolo di un punto di riferimento. Putin dice chiaramente come stanno le cose e ha una visione del mondo, giusta o sbagliata che sia, che nessuno ha, perlomeno chi è al governo». Nella gestione della transizione dall'era di Eltsin a quella ribattezzata di un "patriottismo coerente", «Putin dice che il Fondo monetario internazionale può levarsi dalle scatole, Putin dice "tu sei un oligarca, puoi fare tutti i soldi che vuoi però se i tuoi soldi creano problemi al popolo russo tu finisci in Siberia", prima c'è l'interesse nazionale». Non è più, secondo i leghisti, l'idea dell'Unione Sovietica spesso ammantata di ipocrisia: «Uno può essere stra-ricco, ma deve seguire una linea geopolitica che faccia l'interesse del popolo russo. Putin piace perché ha parlato di identità, di lotta all'immigrazione e di autodeterminazione dei popoli, quella vera però». Tradizionalista e moderno, ieratico e pragmatico. «Putin incarna un tentativo di mettere assieme due cose che per l'Europa occidentale sono disgiunte e in contraddizione - spiega Adolfo Morganti -: un progetto di sopravvivenza nella post-modernità e un profondo radica mento in un'identità»."

  L'AUTORE – Antonio Rapisarda, classe '80, misterbianchese nato a Catania. Giornalista, si occupa di politica, immaginario e culture giovanili per il quotidiano «Il Tempo». Cresciuto al «Secolo d'Italia», ha lavorato per «Panorama», «Farefuturo», «Il Riformista» e «Futuro Quotidiano». È tra gli animatori del think tank Barbadillo.it. Ha pubblicato un libro "Sessant'anni di un Secolo d'Italia" (2012). Vive e lavora a Roma.

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione, di Pietrangelo Buttafuoco – Introduzione - Il Papa straniero - Bruxelles ladrona - Il contagio francese - I luoghi di una generazione – La rete - Idee, miti, temi e immagini – Il leghista del terzo millennio - Ringraziamenti